PRECARIETÀ

Strike Meeting Atto II – Report workshop gender strike

All’interno della cornice dello Strike Meeting di Febbraio, il tavolo di discussione sul Gender Strike ha visto la partecipazione di moltissime realtà transqueerfemministe da tutta Italia.

Sin dal primo atto dello Strike Meeting l’articolazione della tematica dello “Sciopero dei e dai Generi” ha avuto la capacità di innervare, tagliando in maniera trasversale, l’intero processo di costruzione e di avvicinamento alla data dello Sciopero Sociale del #14N. Il Jobs Act è, infatti, come ci siamo dette più volte, in aperta ed immediata continuità con tutte quelle riforme che negli ultimi anni hanno sancito il passaggio alla precarietà come condizione esistenziale.

La discussione fatta all’interno del tavolo sul Gender Strike si è articolata a partire da alcuni punti fondamentali: l’analisi delle modalità di cattura delle forme di vita, contemporaneamente stigmatizzate e messe a valore h24, individua l’agire di un dispositivo di inclusione/esclusione messo in atto da questo doppio movimento. Lavorare sul disvelamento di questi meccanismi è un passaggio necessario per rompere la condizione di ricatto che produce e, nel cui quadro, si danno sfruttamento e fragilità di contrattazione. Gli ormai sempre più pervasivi meccanismi di sfruttamento e non-riconoscimento delle capacità informali ed extra curriculari (relazionali, affettive, comunicative) non riguardano più in maniera esclusiva un segmento del mercato del lavoro (tradizionalmente ad alta occupazione femminile) ma applicano il paradigma del lavoro femminilizzato a tutti i settori del lavoro, attraverso la progressiva specificazione e differenziazione delle strategie di sfruttamento. Molto concretamente, il salario come misura della riproduzione della forza lavoro è saltato. Il riflesso sulle nostre esistenze dell’estensione dello sfruttamento alla vita e alle 24 ore sta nella compressione salariale e nel dilagare del lavoro gratuito, non riconosciuto attraverso forme di reddito diretto e indiretto.

L’intenzione di esplorare forme nuove e adeguate di autorganizzazione del lavoro precario, unita alla generalizzazione ed alla contemporanea progressiva specificazione dei dispositivi di sfruttamento, ci impone un interrogativo: a quali soggettività ci rivolgiamo nel tentativo di trasformare in pratica politica il ragionamento fatto fin qui? Abbiamo dunque individuato nello strumento dell’inchiesta una base necessaria da cui ripartire. Da qui l’esigenza e la volontà di costruire assieme un “copione” di inchiesta a partire dalle nostre condizioni soggettive di precarie e precari. Abbiamo ritenuto perciò utile approfittare dello Strike Meeting per iniziare ad “auto-inchiestarci”. Alcun@ compagn@ hanno messo a disposizione le loro esperienze lavorative e di vita al fine di produrre una video-inchiesta che, speriamo, possa rappresentare una prima sperimentazione da ripetere e riprodurre.

L’inchiesta deve porsi l’obiettivo ambizioso di indagare un contesto profondamente mutato e di aprirsi alla contraddittorietà delle forme di vita metropolitana colpite dalla crisi, mettendo a tema sia l’espressione genuina del piano desiderante delle soggettività precarie, che le forme di sfruttamento connesse alle esistenze. L’esperienza fatta dalle compagne di Perugia, che hanno utilizzato la vetrina di grandi eventi come Eurochocolate, fornisce un’indicazione utile da cui prendere spunto collettivamente.

Altra tematica affrontata è quella del dissolversi del modello di welfare familistico. Questa tendenza si accompagna alla fine delle tradizionali forme di contratto. A fronte della trasformazione delle forme di vita e del mercato del lavoro, non corrisponde quindi alcun tipo di bilanciamento in termini di trasformazione del welfare e di adeguamento del sistema degli ammortizzatori sociali. Laddove la difesa della “famiglia tradizionale” continua a informare, su un piano sempre più simbolico che sostanziale, l’accesso ai servizi e ai sussidi pubblici, ci sembra fondamentale scardinare dalle basi la retorica ipocrita che ancora eleva la famiglia eterosessuale e inquadrata nella cornice del matrimonio ad unica e sola forma istituzionalizzata di affettività “meritevole”.

La critica del welfare familistico italiano, il mancato adeguamento dello stato sociale alle trasformazioni radicali della società e il suo progressivo smantellamento, definiscono l’altro asse strategico del Gender Strike e del processo dello Sciopero Sociale. Le lotte per il Diritto alla Salute, portate avanti a partire dalla questione dell’accesso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza e del contrasto all’obiezione di coscienza, hanno individuato un terreno fertile su cui agire per riaprire il conflitto sul welfare a partire dal superamento del sistema familistico e per incrociare le lotte delle donne e degli operatori sanitari su battaglie comuni.

È poi a partire dalla sperimentazione di forme di neo-mutualismo come le Consultorie – Queersultorie, quotidianamente messe in campo, con pratiche e modalità differenti, nei vari nodi territoriali, che ci si misura con nuovi prototipi organizzativi. Il terreno di sperimentazione sulle forme di biosindacalismo deve avere la capacità di assumere la complessità di analisi definita all’interno dello Strike Meeting, producendo avanzamenti, contaminazioni, pratiche, nella direzione di articolare la presenza sui territori anche oltre la forma-sportello. Che tipo di integrazione fra esperimenti e strumenti si può produrre? Come superare la divisione fra ambiti? In questo senso, ci si è lasciate con l’idea di rivederci in forma assembleare per approfondire il discorso su Consultorie – Queersultorie, federazione di esperienze di neo-mutualismo e attivazione di una campagna sulla rivendicazione di politiche di welfare all’altezza delle nostre esigenze e dei nostri desideri.

Si è infine discussa l’importanza di incrociare il percorso NoExpoPride, che si darà appuntamenti organizzativi specifici, tappe e campagne di avvicinamento. Questo percorso si pone l’obiettivo di rovesciare la fasulla interpretazione della natura e del ruolo della donna che Expo sta costruendo. L’avvilente e artificiosa “naturalità” dell’immagine femminile, come madre, nutrice e generatrice di vita, sarà parte integrante della macchina retorica dell’Expo delle multinazionali, dei brevetti e della cementificazione, che con la natura, il pianeta e l’accesso all’alimentazione ha ben poco a che fare. Le soggettività queer saranno sgradite, o meglio rimosse, attraverso l’integrazione all’interno dei padiglioni di aree (di recinzione) gay friendly ad alto target. L’indicazione delle diverse realtà è di partecipare al percorso che si darà come prossima tappa l’appuntamento di Domenica 15 marzo a Roma.