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Storica vittoria della sinistra in Cile, Boric è presidente

Il trionfo di Gabriel Boric di domenica segna un punto importante nella storia del Cile. Ancora una volta, in continuità con l’estallido social e dopo la Costituente, il popolo cileno ha deciso di continuare a scrivere la propria storia

Non si ricorda un altro momento della recente storia cilena in cui ci sia stata così tanta allegria dopo un’elezione presidenziale. Domenica scorsa, migliaia di persone sono scese nelle piazze principali delle città del paese per festeggiare questo trionfo che appartiene al popolo. La cosa certa è che il popolo cileno è più abituato alle sconfitte che alle vittorie, e questa in particolare è stata significativa per molti motivi.

Domenica infatti è stata una giornata storica per quel che c’era in gioco, per i risultati e anche per il modo in cui è stata vissuta. Mentre la destra nascondeva il trasporto pubblico per non permettere alle persone delle zone più umili di andare a votare, centinaia di automobilisti hanno offerto il loro aiuto in modo spontaneo e solidale, per portare soprattutto i vicini di casa più anziani ai seggi. 

Il trionfo di Gabriel Boric di domenica segna un punto importante nella storia di un Cile molto scosso a livello politico. La crisi del sistema dei partiti si è convertita in un importante cambio generazionale nelle cariche del potere dello Stato.

La vittoria di Boric fa parte di questo fenomeno, dato che ha iniziato la sua carriera politica come dirigente studentesco durante le proteste per l’educazione gratuita e di qualità del 2011, per poi essere eletto deputato qualche anno dopo insieme ad altri dirigenti studenteschi di quel periodo, come Giorgio Jackson (Revolución Democrática), Camila Vallejo (PC) e Karol Cariola (PC), che l’hanno accompagnato durante tutta la campagna e che molto probabilmente faranno parte del suo governo. 

Potrebbe quasi sembrare contraddittorio il fatto che, dopo una profonda crisi politica in cui la delegittimazione delle diverse istituzioni dello stato si è acuita con il passare del tempo, il popolo sia andato a votare come non era mai successo prima nella storia di questo paese.

La gioventù e le donne sono stati senza dubbio tra i protagonisti indiscussi, dato che hanno risposto massicciamente alla chiamata, stravolgendo l’elezione a favore del candidato di sinistra.

Da questo punto di viosta, è stato importantissimo il ruolo di tutte le numerose organizzazioni territoriali, femministe, ambientaliste e delle singole persone che non militano in nessuna organizzazione, che si sono sentite chiamate a votare contro la minaccia pinochettista, pur di non retrocedere e di continuare un progetto politico fatto di tante lotte, che si uniscono per costruire un paese più equo e con più giustizia sociale. L’esempio più significativo di tutto questo è stato il viaggio che ha fatto Izkia Siches, presidentessa del comitato elettorale di Boric, che ha percorso tutto il paese per parlare con gli elettori, allattando in braccio sua figlia. 

Come in altri paesi della regione, il potere in Cile è sempre stato ripartito tra due fazioni, entrambe neoliberiste, che non solo hanno eluso le richieste popolari, ma che hanno anche escluso il popolo dal potere decisionale. È per questo che domenica abbiamo assistito a un nuovo fenomeno, perché la recente esperienza elettorale cilena ha dato un nuovo significato al valore del voto.

È dal plebiscito per scrivere la nuova Costituzione dell’ottobre dell’anno scorso che la sinistra e il progressismo stanno trionfando nelle urne. Sembra che l’importanza del voto sia tornata a essere un punto centrale nella società cilena, soprattutto per le nuove generazioni che lo stanno incorporando nella loro cultura politica.

In un paese in cui il potere si è concentrato nelle mani di poche persone per così tanto tempo, ha fatto irruzione nella scena politica la nuova coalizione di governo Apruebo Dignidad, occupando gli spazi di potere della vecchia politica e dei vecchi politici del centro sinistra. La capitalizzazione politica non è da meno, il comitato di Boric ha guidato la campagna contro il candidato della dittatura militare.

In una campagna elettorale estremamente sporca, basata sulla paura e sul terrore come principali argomenti, con i grandi mezzi di comunicazione contro, con un pieno di notizie false, Boric e il suo comitato sono riusciti a unificare un settore molto ampio che non aveva votato per loro al primo turno. Con un 1.8 milioni di voti al primo turno e 4.6 milioni al ballottaggio, Boric ha conquistato più del 250% di voti in poco meno di un mese, con 1 milione di voti in più rispetto all’estrema destra. 

Nonostante tutto, è chiaro che questo grandissimo trionfo è uno scenario più apparente che reale. Gran parte dell’elettorato che ha votato per il candidato del Frente Amplio, non l’ha fatto per lui in quanto personaggio politico o per il suo programma, ma per frenare il candidato pinochettista.

Quello di domenica, per un ampio settore ideologico, prima di tutto è stato un voto antifascista. Questa situazione mette in risalto un problema reale: la futura governabilità dipenderà dal ruolo di Gabriel Boric come dirigente quando dovrà mobilitare la diversità dei settori, tanto quelli che hanno votato per lui come quelli che non l’hanno fatto. Boric lo sa e l’ha ricordato nel discorso che ha pronunciato dopo che sono usciti i risultati che l’hanno proclamato futuro presidente della nazione. 

La correlazione di forze nello scenario politico è complessa perché c’è un parlamento profondamente diviso, una destra forte al Senato, una convenzione costituente colpita dai monopoli della comunicazione e la già conosciutissima intransigenza dei settori imprenditoriali.

A tutto questo si somma il difficile compito della riattivazione economica post pandemia, ed è per questi motivi che il nuovo governo dovrà affrontare una grandissima sfida quando, una volta entrato in carica nel prossimo mese di marzo, dovrà cercare di plasmare i cambiamenti proposti durante la campagna. Contemporaneamente, dovrà anche fare i conti con un popolo in attesa di trasformazioni sociali profonde, disposto a guidare e difendere i processi, prendendo l’iniziativa di organizzarsi e agire. 

In questo senso, è importante ricordare che tanto la scrittura popolare di una nuova Costituzione, come l’elezione presidenziale di Gabriel Boric sono state il prodotto della grande mobilitazione di massa del 2019, il cosiddetto estallido social. La frase “Chile despertó” è molto più che un semplice slogan.

Le stesse persone che oggi reclamano per la libertà senza condizioni dei prigionieri politici della rivolta, tutti coloro che sono scesi a manifestare da ottobre 2019, che appoggiano la causa del popolo Mapuche e che vogliono un Cile più equo dove i diritti umani vengano rispettati, così come coloro che volontariamente sono andati nei quartieri a bussare alle porte e parlare con i vicini per vincere contro l’estrema destra, non permetteranno né al nuovo governo di Boric né alla nuova costituzione né a nessuno di defraudarli, perché una delle vittorie più grandi dell’ estallido è aver reso cosciente il popolo del proprio potere.

Immagine di copertina: Boric festeggia la vittoria, foto via twitter

L’articolo sarà pubblicato anche su lamericalatina.net