ROMA

Stadio della Roma: the show must go on

La ricostruzione degli atti che hanno portato all’approvazione dello stadio di Tor di Valle ci parla di procedure urbanistiche sottomesse a investitori internazionali, a banche, a fondi immobiliari, a società sull’orlo del fallimento. Nella totale indifferenza alla qualità del vivere urbano

«Adesso vedremo. Alla luce delle notizie che stanno uscendo è fondamentale verificare per bene ogni cosa. Se tutto è rispettato immagino si andrà avanti», ha detto Raggi confermando il clima di incertezza su Tor di Valle.

Proviamo anche noi a ripercorrere questi cinque anni vissuti pericolosamente, continuando a porci le domande alle quali non è mai stata data risposta.

 

Perché si è scelto di costruire lo stadio a Tor di Valle?

Roma si prepara ad accogliere i giochi della XVII olimpiade. L’ippodromo per le gare di trotto di villa Glori deve lasciare spazio alle residenze per gli atleti. Trova la sua nuova sede a ridosso dell’ansa del Tevere a sud dell’EUR. L’ippodromo di Tor di Valle è inaugurato il 26 dicembre 1959.

 

La corsa inaugurale di rilievo internazionale, si conclude con mezza dirittura d’arrivo coperta d’acqua. Il fiume in piena è esondato allagando il terreno.

Roma ha da sempre conosciuto numerose piene. Per limitarne i danni si sono messe in atto dal 1870 una serie di azioni nelle aree a sud del corso del Tevere, come l’ampliamento dell’alveo, la sistemazione del canale di Fiumicino e l’apertura del Drizzagno di Spinaceto. All’interno della città si sono realizzati muraglioni alti 12 metri, con ampie banchine. Queste opere hanno permesso negli ultimi 130 anni un miglior controllo delle piene e una sufficiente sicurezza per la città. Non ancora sufficiente, invece, per le aree più periferiche, per le quali in caso di piene eccezionali, il rischio di esondazione del Tevere, dell’Aniene e del Fosso Galeria è molto alto.

È proprio in una di queste aree che l’imprenditore Gaetano Turilli realizza l’ippodromo a metà degli anni ‘50, con le tribune e il parterre capaci di ospitare 50 mila spettatori. L’architetto spagnolo Julio Lafuente, insieme a Gaetano Rebecchini e allo strutturista Calogero Bedetti, progetta una struttura importante, con un aggetto di venti metri sostenuto da pilastri costituiti da paraboloidi iperbolici.

L’eredità di Turilli diventa oggetto di lunghe controversie che si concludono nei primi anni ’90 con l’assegnazione dell’ippodromo alla famiglia Papalia, che ne resta proprietaria fino al 2013, attraverso la costituzione della società Tor di Valle srl prima e SAIS spa poi.

Il 25 marzo 2010 Luca Parnasi, tramite la società Eurnova sottoscrive un preliminare di acquisto dell’area della Sais a Tor di Valle per 42 milioni di euro. Non si parla ancora della costruzione di uno stadio a Roma. Lì, in aree destinate dal piano regolatore a verde privato e impianti sportivi, intende realizzare, non si sa come, un insediamento residenziale. Il contratto di compravendita viene perfezionato solo due anni dopo.

James Pallotta è da poco divenuto proprietario del 60% delle quote della A.S. Roma, il restante 40% è detenuto da Unicredit. Il progetto dello stadio parte immediatamente, con il conferimento alla Cushman & Wakefield (controllata da una società della famiglia Agnelli) il mandato di advisor esclusivo per l’individuazione di un’area, sul territorio comunale di Roma, dove insediare il nuovo stadio. La scadenza fissata è per giugno 2012. Arrivano cento proposte, fra le quali ne vengono selezionate dieci e sottoposte alla valutazione degli uffici comunali, i quali attestano che quattro di queste soddisfano i requisiti richiesti. Una è l’area di Tor di Valle, offerta da Parnasi che afferra al volo l’occasione d’oro.

Anche per Unicredit è una buona notizia. Vede balenare la possibilità che attraverso l’operazione stadio il gruppo Parnasi, possa rientrare della sua ingente esposizione nei confronti dell’istituto bancario. La pressione di Unicredit sull’operazione diventa determinante.

 

Quali sono le caratteristiche che hanno fatto preferire un’area alluvionale, con grandi problemi di accessibilità a tutte le altre 99?

In data 30 dicembre 2012 viene firmato l’accordo fra la società Neep Roma Holding di Pallotta e la società Eurnova di Parnasi per la realizzazione del progetto del nuovo stadio in località Tor di Valle. La scelta è definitiva, l’area sarà quella. Tutte le criticità che presenta vengono ignorate dall’amministrazione comunale guidata da Alemanno e dalla successiva quando è diventato sindaco Marino.

Nell’aprile del 2012 Parnasi e Papalia stabiliscono con un contratto che il trasferimento della proprietà dei terreni dell’ippodromo avverrà il 31 dicembre del 2013 e solo a condizione che il Comune con una variante renda la zona edificabile. Sei mesi dopo il contratto è annullato. Eurnova e Sais concordano l’immediato trasferimento alla prima dei terreni di cui è proprietaria la società di Papalia. Si stabilisce il pagamento di una cifra dilazionata nel tempo: 42 milioni di euro se ci sarà la stipula della convenzione urbanistica con le istituzioni per la costruzione dello stadio, solo la metà qualora la convenzione non veda la luce. Nel contratto non è inserita nessuna fideiussione, nessuna garanzia per il pagamento di quanto pattuito. Il valore del terreno dopo l’approvazione delle cubature si aggirerà intorno ai 200 milioni.

Il giorno dopo l’accordo, il 26 giugno del 2013, la Sais deposita una proposta di concordato fallimentare al tribunale civile. La vendita del terreno diventa il fulcro del concordato preventivo che la Sais propone al giudice fallimentare. Il concordato viene respinto valutando che da quella vendita non sarebbero arrivati i soldi necessari a estinguere i debiti con i creditori. Undici mesi dopo c’è il fallimento della società. Gaetano e Umberto Papalia vengono indagati per bancarotta fraudolenta.

 

Perché uno stadio di calcio deve essere costruito all’interno di un quartiere per uffici e circondato da centri commerciali?

Il progetto parte a maggio 2014, quando Eurnova presenta lo studio di fattibilità. La proposta, prevede lo stadio da 50 mila posti, la sede della Roma AS, un centro tecnico per gli allenamenti, una zona commerciale e una zona direzionale per un totale di 976.000 mc. La parte sportiva rappresenta solo il 14% della cubatura prevista, il resto è «quel tanto in più» necessario a rendere l’operazione economicamente sostenibile. Cubature enormi necessarie per compensare i costi che sosterranno i privati per le infrastrutture e le opere di pubblica utilità che il Comune ha posto come condizione per conferire l’interesse pubblico all’operazione. Realizzare i collegamenti infrastrutturali per consentire l’accesso alle aree e la messa in sicurezza idraulica ha un costo di 195 milioni, le opere richieste per soddisfare gli standard arrivano a 124 milioni ai quali bisogna aggiungere 44 milioni per le sistemazioni del parco fluviale e del pontile.

Gli elaborati del progetto definitivo vengono consegnati al Comune e da questo trasmessi alla Regione Lazio nell’estate 2015. Il faldone contenente 800 elaborati ha un titolo: «Rigenerazione urbana Tor di Valle – Stadio della Roma».  Come spesso ci è capitato di vedere quando compare la parola rigenerazione dobbiamo aver paura, perché qualcosa di imprevisto sta succedendo. Il Comune e la Regione chiedono che il progetto sia revisionato in alcuni punti. Siamo alla vigilia di nuove elezioni quando la nuova versione viene presentata.

Durante l’amministrazione Marino il comitato Salviamo Tor di Valle, insieme ai consiglieri del M5S, ha condotto una dura battaglia contro la localizzazione del progetto e la cubatura prevista. «Se vinciamo ritiriamo la delibera sulla pubblica utilità e lo stadio della Roma si farà da un’altra parte» – dichiara Raggi in campagna elettorale. La sua elezione e la nomina dell’assessore Berdini, che si è sempre dichiarato contrario alla scelta di Tor di Valle, sembrano aprire una possibilità di stop al progetto. L’iter però non viene fermato e il Comune trasmette gli elaborati definitivi alla Regione Lazio, accompagnati da una nota in cui si evidenziano ancora carenze e controindicazioni.

Il 3 novembre 2016 si apre la Conferenza dei Servizi in Regione che dovrebbe dare il parere definitivo per l’approvazione del progetto.

Il clima è burrascoso, l’assessore Berdini viene costretto alle dimissioni. Il progetto presentato non può avere il parere favorevole del Comune, il quale però tiene aperta la possibilità di concordare modifiche per rendere la proposta accettabile.

È a questo punto che compare l’avvocato Luca Lanzalone, incaricato di trovare una soluzione per portare avanti il progetto. Ci riesce. Il 24 febbraio 2017 viene annunciato che lo Stadio a Tor di Valle si farà, ma con un drastico taglio delle cubature. #UnoStadioFattoBene annuncia la sindaca, parlando della forte riduzione delle cubature. Senza nominare l’altrettanto drastico taglio delle opere pubbliche. Viene eliminato il ponte di collegamento con la Roma-Fiumicino, il prolungamento della metro B, alcuni interventi sulla Roma-Lido e la nuova stazione di Tor di Valle.

Il nuovo progetto, come quello che l’ha preceduto, richiede una variante al PRG che prevede un’edificazione di 112 mila metri quadri, mentre adesso se ne faranno 212 mila. La soluzione approvata dalla giunta Marino arrivava a 354 mila metri quadri.

Tutte i progetti partono dalla demolizione delle tribune del vecchio ippodromo. Per impedirlo l’allora Soprintendente Margherita Eichberg propone di apporre un vincolo, sollecitata dagli eredi di Lafuente e dall’associazione Do.Co.Mo.MO, che ha come obiettivo la documentazione, la conservazione e la valorizzazione degli edifici del Novecento. La conferenza dei Soprintendenti del Lazio, fra i quali c’è Prosperetti, decide la l’archiviazione del procedimento di vincolo. Le tribune possono essere abbattute. La stampa ne pubblica le foto mettendo in rilievo il degrado in cui versano.

 

Come si è potuto approvare un progetto quando si è capito che molti dei problemi rilevati erano senza soluzione?

Arriviamo al 5 dicembre 2017. Si apre la seduta della conferenza dei servizi per approvare il progetto definitivo. Sono presenti 50 membri in rappresentanza delle amministrazioni (Roma capitale, Regione Lazio, Città metropolitana, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dei trasporti, Ministero dell’ambiente, Anas…), 4 rappresentanti della A.S. Roma e 12 rappresentanti della società Eurnova. Fra questi i tre collaboratori di Parnasi arrestati insieme a lui.

Partecipano anche in qualità di uditori 14 rappresentanti dei comitati e delle associazioni che hanno seguito e si sono battuti contro il progetto in quell’area.

La discussione ruota tutta intorno alle questioni legate all’accessibilità. La zona è racchiusa dal Tevere su tre lati, aver eliminato il ponte di Traiano comporta che l’unico accesso per le auto private avvenga dal lato della via Ostiense. Spettatori e utenti del centro commerciale, insieme a chi si riverserà negli edifici terziari, si troveranno a provenire da quell’unica via di accesso. Così come sarà quella unica disponibile e obbligata, in caso di emergenza, per allontanarsi o per far affluire i mezzi di soccorso.

A qualcuno dei proponenti viene un’idea geniale! Allargare la pista ciclopedonale esistente sull’argine del Tevere. Il tecnico fa notare che un conto è utilizzare quel percorso come pista ciclabile, altra cosa è farci passare mezzi di trasporto. «Bisogna sempre calcolare che gli argini sono stati realizzati nel 1970 e vanno fatte delle verifiche prima di autorizzarli come vie di fuga». Ci sono anche le difficoltà geologiche e idrauliche per modificare gli argini e la prescrizione che lo vieta da parte del Ministero dei beni ambientali.

Non va meglio per quello che riguarda il trasporto pubblico, che altro non è che la disastrata ferrovia Roma-Lido. L’accordo prevede che il 50% degli utenti possa arrivare con il trasporto pubblico. Il treno dovrebbe portare 25 mila passeggeri allo Stadio, occorre quindi prevedere 45 milioni per acquistare i treni e realizzare la sottostazione necessaria e il tronco dei binari.

La Conferenza dei Servizi approva il progetto con mille prescrizioni, raccomandazioni, modifiche e integrazioni da inserire nella progettazione esecutiva. Alcune delle quali sembrano impossibili da realizzare. Il ponte di Traiano rimane in sospeso dopo l’ipotesi prospettata, e dimenticata, dai Ministri Lotti e Delrio di finanziarlo con fondi pubblici all’epoca di #Famostostadio lanciato da Spalletti.

In una intercettazione riportata dalla stampa un collaboratore di Parnasi parla delle criticità per la mobilità. Viene invitato a tenersele per sé. Gli uffici che hanno espresso il parere favorevole nel corso della Conferenza dei Servizi hanno fatto altrettanto?

 

The show must go on

All’indomani dell’intervento della magistratura e della conseguente confusione per quanto riguarda il futuro dell’impianto si sono fatti avanti i soccorritori.

«Lo Stadio della Roma? Io sono d’accordo con Berdini, va bene farlo ma senza utilizzare milioni di metri cubi. Io sono tifoso della Roma, lo farei subito, col cuore e con la mano destra, anche gratis». Ha dichiarato Massimiliano Fuksas.

Massimo Ferrarese propone che sia affidata la realizzazione dell’opera alla società Invimit, di cui è presidente. Parliamo della società a capitale pubblico (Ministero dell’Economia) che gestisce risparmio privato «Stiamo valorizzando centinaia di immobili pubblici in Italia per metterli a reddito», ha dichiarato.  Recentemente ha valorizzato Palazzo Nardini. Il comune dovrebbe acquisire i terreni di Eurnova, Invimit svilupperebbe il progetto e stabilirebbe le modalità di gestione. Un’operazione fra enti pubblici, con profitti per entrambi.

Si parla anche della possibilità che la Buildit, società guidata dalla famiglia Pizzarotti rilevi la quota di Eurnova e subentri nello sviluppo e nella costruzione dell’impianto.

Altra ipotesi è che sia lo stesso presidente Pallotta a farsi carico dell’intero progetto, magari con il sostegno di Goldman Sachs.

 

La cosa certa è che non ci si può fermare.

Anche se è quello che chiedono i Comitati e il Coordinamento delle associazioni che hanno inviato una diffida all’Amministrazione comunale perché annulli la procedura di approvazione della variante urbanistica. Nella lettera richiamano i punti che hanno guidato fin dall’inizio la loro opposizione al progetto. Pongono di nuovo le domande alle quali nessuno ha mai risposto.

La storia che abbiamo ricostruito racconta ancora e sempre di una città diventata territorio di scorribanda di investitori internazionali, di banche e fondi di investimento, di società sull’orlo del fallimento, di sviluppatori di iniziative finanziarie.

Ci parla di procedure urbanistiche sottomesse alla finanza globale, all’accordo pubblico-privato, costruito tutto a scapito del primo.

Non è la corruzione che ha consentito tutto questo, ma la totale indifferenza della governance alla qualità del vivere urbano e la totale sottomissione alle regole del capitale.