DIRITTI

Salvini, il reato di tortura e l’arroganza dei forti

Matteo Salvini si è espresso contro l’introduzione del reato di tortura nel codice penale. Mettendo, di fatto, le forze dell’ordine al di sopra della legge stessa.

Qualche giorno fa il leader della Lega Nord Matteo Salvini ha preso parte alla protesta del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap) contro l’introduzione del reato di tortura, davanti a Palazzo Chigi. «Secondo me questa legge è una legge sbagliata e pericolosa» – dice Salvini nel suo intervento – «Se devono prendere per il collo un delinquente e questo si sbuccia il ginocchio o si rompe una gamba sono cazzi suoi, ci pensava prima di fare il delinquente».

Il Disegno di legge è in Parlamento da due anni ormai, e il suo iter non è ancora arrivato a conclusione. Complice la recente condanna subita dall’Italia dalla Corte di Strasburgo per i pestaggi della scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001, però, la situazione potrebbe presto sbloccarsi, e il reato di tortura potrebbe essere inserito entro qualche mese nel codice penale italiano. Il Ddl prevede la reclusione da quattro a dieci anni nei confronti di chi commetta o anche istighi sofferenze fisiche o psichiche a un’altra persona. Aggravanti sono l’essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, il provocare lesioni, e la morte involontaria o volontaria del soggetto offeso. In quest’ultimo caso, il reato può essere punito anche con l’ergastolo.

Come si evince dal testo, in realtà, il reato di tortura non è stato pensato solo ed esclusivamente per le forze dell’ordine, ma per chiunque dovesse praticarlo (ovviamente). L’alzata di scudi da parte del Sap quindi, è stata quanto mai inopportuna e ingiustificata, anzi il fatto che una larga parte delle forze dell’ordine protesti per l’introduzione di un reato che proibisca di fare delle sevizie ad altri lascia molto da pensare riguardo alle modalità d’agire che hanno in mente mentre sono in servizio. La forza pubblica, in Italia, gode di un’immunità pressoché totale: dal celerino che picchia selvaggiamente e con gusto gente durante i cortei, alle guardie che arrivano a uccidere di botte il primo malcapitato che gli passa per le mani, nessuno è mai stato punito.

Ogni volta si giustificano questi fatti con la retorica delle “mele marce”: come ha detto anche Salvini nel suo intervento, «Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti». Il problema è che “quel qualcuno che ha sbagliato” è stato sistematicamente coperto, giustificato e vergognosamente spalleggiato dalla totalità delle forze dell’ordine che, ostentando cameratismo, omertà e arroganza, hanno sempre coperto gli stupri, le botte e gli assassinii dei colleghi.

Casi come quelli della scuola Diaz, di Federico Aldrovandi, di Stefano Cucchi, si ripetono ciclicamente a intervalli di poco tempo l’uno dall’altro. Persone torturate psicologicamente e fisicamente che, in molti casi, sono morte a seguito di queste sevizie dopo atroci sofferenze. Nel caso della scuola Diaz, gli agenti e i medici condannati hanno avuto delle pene molto lievi – oltre che a dei considerevoli avanzamenti di carriera – proprio perché, vista la mancanza nel nostro ordinamento del reato di tortura, i capi d’accusa contestati (lesioni personali, andato in prescrizione) erano davvero irrisori rispetto a ciò che era successo davvero.

Matteo Salvini, andando alla manifestazione del Sap – sindacato che non si è mai fatto scrupoli di difendere a spada tratta gli assassini di Federico Aldrovandi, nonostante la loro evidente colpevolezza – non ha detto solo delle cose gravi e irresponsabili, ma ha praticamente legittimato di fatto una sospensione della legalità in determinate situazioni. Dire che il reato di tortura non deve essere introdotto nel nostro ordinamento penale è già irragionevole di per sé (equivale a dire che la legge che punisce l’assassinio deve essere eliminata dal codice); dire poi che «non farebbe fare alla polizia il proprio lavoro», è voler mettere le forze dell’ordine al di sopra della legge stessa.

Matteo Salvini è il perfetto prodotto di un’epoca storica dove la politica è ormai fatta a colpi di proclami razzisti, messaggi d’odio e incitazione alla guerra tra poveri. L’arroganza di chi detiene il potere, politico da una parte e di coercizione fisica dall’altra, è riassunta tutto nel suo intervento alla manifestazione del Sap davanti Palazzo Chigi. Il disprezzo e il menefreghismo per le torture subite dai ragazzi che si trovavano alla Diaz e per la morte di persone come Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Aldo Bianzino, Niki Aprile Gatti, Carlo Giuliani, viene vomitato dalla bocca di Salvini senza vergogna e ritegno. La sua campagna elettorale, ormai palesemente improntata al fomento e alla diffusione dell’odio, non si ferma di fronte a nulla: neanche di fronte a quelle vite spezzate, umiliate e, in molti casi, definitivamente rovinate che sono state prese dalle forze di polizia. E che, per Salvini e molti dei suoi colleghi e sostenitori, valgono meno di zero.