EUROPA

Il ritorno di Navalny e la sinistra russa

L’oppositore Alexei Navalny è stato immediatamente arrestato al suo ritorno in Russia, mentre il giorno successivo si sono svolte manifestazioni non autorizzate a suo sostegno in varie città del paese. Come si pongono i movimenti di sinistra attivi nel contesto russo rispetto a questo scenario?

Ilya Budraitskis

storico con base a Mosca, politologo e co-autore del podcast “Diari Politici”

 

L’arresto di Alexei Navalny all’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, avvenuto il 17 gennaio giusto pochi minuti dopo il suo ritorno sul territorio russo, rappresentava non solo un’eventualità possibile, ma forse anche l’unica reazione a disposizione delle autorità del paese. All’inizio di quest’anno, dopo che gli emendamenti costituzionali della scorsa estate hanno spianato la strada per un esercizio illimitato del proprio potere personale, il regime di Putin è entrato chiaramente in una nuova fase: una dittatura “alla luce del sole”, che si regge non tanto sul supporto passivo dal basso ma da una vera e propria azione coercitiva e repressiva dall’alto. In questa nuova configurazione, non c’è alcuno spazio rimasto né per l’opposizione liberale marginalizzata sino a ora né per la presenza sistemica di partiti “a democrazia controllata”, che hanno controbilanciato il monopolio assoluto di Russia Unita creando delle limitate possibilità di espressione del dissenso.

Il tentativo di assassinio di Navalny perpetrato dall’apparato di sicurezza russo lo scorso agosto si inserisce perfettamente in tali equilibri. Dal punto di vista delle autorità, la più grande minaccia posta da Navalny è rappresentata dalla tattica del “voto utile”, vale a dire l’accentramento di ogni voto di protesta a favore del candidato che possiede maggiori possibilità di sconfiggere i nomi presentati da Russia Unita. In una situazione in cui il sostegno al partito di governo è in rapido declino (attualmente non supera il 30%), una simile tattica rischia di incrinare lo scenario previsto dal potere per le elezioni parlamentari di settembre e di minare la possibilità di una rielezione trionfale di Putin a un nuovo mandato.

 

La strategia populista di Navalny, coraggiosa e studiata nei minimi dettagli, è volta a creare una coalizione d’opposizione, in cui un posto importante sia riservato ai rappresentanti di quei partiti “di sistema” (i Comunisti, in particolare) che si rifiutano di sottostare alle regole del gioco putiniano e sono capaci di condurre campagne elettoriali vivaci e partecipate.

 

Un fattore chiave di tale strategia e la retorica del dissidente appena arrestato, per cui la questione della povertà e dell’ineguaglianza sociale ha preso il posto dei valori liberal-democratici. Le inchieste anti-corruzione di alto livello che hanno consentito a Navalny di acquisire una popolarità hanno un impatto emotivo su un pubblico vasto (per esempio, il suo ultimo documentario sul palazzo di Putin, costato 100milioni di rubli, è stato visto oltre 50milioni di volte alla data di venerdì scorso), dal momento che sono diretta espressione dell’estrema stratificazione sociale che interessa la società russa.

 

(dal canale Telegram Mockavch)

 

In un contesto di elezioni che vengono apertamente truccate e in cui la pressione repressiva da parte della polizia raggiunge livelli senza precedenti, l’opposizione elettorale può aver successo solo se è supportata in parallelo da un ampio movimento extraparlamentare di protesta di piazza. E, tra l’altro, è solo un movimento simile che potrà determinare anche il destino di Navalny stesso, visto che potrà evitare una sentenza di incarcerazione a lungo termine solo se nelle prossime settimane centinaia di migliaia di persone scenderanno in strada per chiedere la sua immediata liberazione.

Dal mio punto di vista, provare a prendere parte a questo movimento – portando le nostre istanze e il nostro programma – è l’unica prospettiva credibile per la sinistra russa. Oltretutto, è proprio la sinistra che più di ogni altra forza politica in questo momento può costituire l’espressione più coerente di quei sentimenti che stanno spingendo le persone a protestare attivamente: l’ineguaglianza sociale, la degradazione della sfera sociale (con particolare attenzione al sistema sanitario, la cui fragilità è stata messa in luce dalla pandemia), la violenza poliziesca e l’assenza di un insieme di diritti democratici di base (non da ultimo, i diritti del lavoro).

 

Ilya Matveev

ricercatore e professore di politica economica con base a San Pietroburgo e co-autore del podcast “Diari Politici”

In un primo momento, la decisione di Navalny di far ritorno in Russia è sembrata sconcertante. Che cosa si aspettava di ottenere? La decisione da parte dello stato di metterlo dietro le sbarre era già stata presa, insindacabilmente e nonostante la pressione internazionale (a ogni modo, la reputazione della autorità russe, dopo il tentativo di omicidio che ha avuto una grossissima eco all’esterno, non sarebbe potuta peggiorare di molto). In prigione, Navalny avrebbe certo potuto esprimere una superiorità morale, ma non avrebbe più potuto portare avanti la sua principale attività da efficace comunicatore di inchieste anti-corruzione e campagne politiche. La sua decisione di rientrare in Russia appariva quasi irrazionale, una testarda dimostrazione di disprezzo e sfida.

 

Tuttavia, è diventato fin da subito evidente come dietro ci fosse invece un forte elemento di calcolo politico. Non appena Navalny è stato arrestato, infatti, la sua “squadra” ha rilasciato un nuovo video di inchiesta.

 

Si tratta di un documentario unico nel suo genere, vale a dire della prima inchiesta in cui Putin viene attaccato direttamente. Un video chiaramente destinato a raggiungere un pubblico vastissimo. L’intento strategico dell’oppositore e dissidente era dunque quello di provocare una crisi politica immediata e acuta, di cui il proprio arresto e il nuovo video d’inchiesta sarebbero stati i detonatori. Questa crisi avrebbe avuto una dimensione di protesta di strada – con le manifestazioni non autorizzate in molte città russe di sabato 23 gennaio – e un lato più propriamente elettorale.

Il 2021 è infatti un anno di elezioni parlamentari in Russia. Il sistema elettorale del paese è misto: metà del parlamento viene eletta su basi proporzionali, mentre l’altra metà attraverso collegio uninominale. Nonostante le elezioni siano saldamente controllate e i brogli abbiano raggiungo un livello senza precedenti durante il voto per gli emendamenti costituzionali del 2020, le parlamentari potrebbero ancora costituire un problema per il regime.

Le liste partitiche si trovano ad affrontare la questione di una profonda impopolarità di Russia Unita, uno dei partiti di governo, mentre nei collegi uninominali  il regime soffre l’avanzata tattica elettorale del “voto utile” messa in campo da Navalny. La crisi politica ingenerata dall’arresto dell’oppositore e dal suo nuovo video d’inchiesta può avere ripercussioni su entrambi i fronti, andando a diminuire ulteriormente i voti per Russia Unita e promuovendo il voto utile nei collegi uninominali. In breve, il ritorno di Navalny in Russia era una ben calcolata scommessa. Ora la palla da gioco passa ai membri ordinari dell’opposizione.

 

 

Alcune parole più specifiche sul video d’inchiesta: c’è da dire che non presenta molti fatti inediti – la questione del palazzo residenziale di Putin è apparsa per la prima volta nei notiziari nel 2010, e nemmeno il fatto che sia un’accusa diretta al presidente sia chissà quale elemento significativo. Ciò che è invece sorprendente del video è invece la sua capacità di creare una narrazione solida e consistente. In questa storia, la caratteristica più rappresentativa di Putin è data dalla sua assurda e quasi grottesca bramosia per la ricchezza materiale. Secondo Navalny, l’attuale presidente è stato sempre guidato da una tale tensione.

Era mosso dal desiderio di beni materiali quando lavorava come agente del Kgb in Germania, lo era durante la sua esperienza nell’amministrazione di Anatoly Sobchak a San Pietroburgo negli anni ‘90 e nel momento in cui si è trasferito a mosca ed è arrivato a capo della nazione, e ancora è mosso da un tale desiderio dopo aver costruito un palazzo da 1,5 miliardi di dollari con l’araldo dei Romanov post all’entrata.

 

Per quanto mi riguarda, questa non è una descrizione credibile e accurata delle motivazioni che guidano le azioni di Putin e nemmeno il regime che è stato capaci di stabilire in Russia può essere ridotto a una simile caricatura.

 

Ciò detto, le decisioni prese da Putin negli ultimi anni (come il suo ritorno alla presidenza nel 2012 e la decisione di estendere il proprio mandato nel 2020) rendono inevitabile che si produca un’immagine della sua vita e della sua carriere politica di questo stampo. Per un tale uni-dimensionale resoconto della sua figura, il presidente non ha che da prendersela con se stesso.

 

 

Kirill Medvedev

attivista del Movimento Socialista Russo, musicista del gruppo Arkady Kots Band e redattore di Zanovo-Media

 

Col suo ritorno, Navalny ha segnato un passo in avanti verso un nuovo modo di intendere la politica in Russia e verso una nuova stagione di politicizzazione della società. Precedentemente, infatti, vigeva una rigida e sufficientemente chiara “divisione del lavoro” nelle proteste: gli attivisti si prendevano i propri rischi motivati da un certo impulso civico mentre i politici promuovevano i propri interessi, il più delle volte di natura egoistica. Navalny ha rimescolato le carte, mostrando che le figure politiche possono e anzi debbono essere audaci nelle azioni e allo stesso tempo efficaci nella comunicazione tecnologica. Non è un caso che nel suo nuovo video continui a descrivere Putin non come un politico, bensì come un funzionario corrotto che, dopo aver acquisito una grande quantità di potere per mezzo di oscuri accordi, insiste nell’agire coi vecchi metodi di un disonesto ufficiale post-sovietico che ha legami con le forze di sicurezza del paese.

 

Tuttavia, quanto più Navalny enfatizza i temi della corruzione e degli ostentati eccessi degli ufficiali di alto rango, tanto più i limiti della sua impostazione retorica divengono evidenti in un contesto come quello russo, stremato dalle ineguaglianze e permeato da contraddizioni di classe.

 

Ora la situazione sempre essere la seguente: Navalny ci mostra i palazzi del potere, gioca col fuoco del risentimento di classe, mentre allo stesso tempo (assieme ai suoi compagni-in-armi) prefigura una completa libertà di fare affari nella “Bella Russia del Futuro”. Dicono che il problema non sono i palazzi e le gigantesche fortune di per sé, ma da dove vengono.

 

Putin nel 2012 (da commons.wikimedia.org)

 

Ma, ovviamente, con gli ulteriori sviluppi di una linea così populista diverrà sempre meno chiaro e facile separare i corrotti “amici di Putin” da coloro che Navalny chiama “onesti uomini d’affari”, le cui fortune però sono altrettanto grandi e similmente generate attraverso gli schemi di profitto illegale sviluppatesi duranti gli anni ‘90 e 2000 e attraverso l’iper-sfruttamento di lavoratori e lavoratrici. Un tale scenario dischiude delle grosse opportunità per le politiche e i politici di sinistra che, con una combinazione ugualmente efficace di coraggio e razionalità, potrebbero produrre un’ondata di discontento molto più potente e un programma di cambiamenti di gran lunga più coerente di quelli che vediamo ora generati dall’eclettico populismo di Navalny.

 

Articolo originariamente pubblicato sul sito di analisti politica Lefteast

Traduzione dall’inglese di Francesco Brusa per DINAMOpress

Immagine di copertina da commons.wikimedia.org