Prendiamoci la città, Prendiamoci lo sciopero

La tenacia dei movimenti giovanili e studenteschi italiani è fuori discussione, l’articolazione metropolitana dello sciopero aggiunge pezzi al mosaico più difficile da comporre, quello della coalizione sociale.

Gli occhi puntati sulla crisi di governo, ci mancherebbe. Cosa farà Berlusconi? Si voterà col Porcellum? I Progressisti di Bersani saranno autosufficienti? E il nuovo polo moderato spiccherà il volo o la competizione tra Montezemolo e Casini frenerà le ambizioni neo-centriste? Vero, la situazione è molto ingarbugliata.

Intanto l’Fmi non ha ancora sbloccato la nuova tranche di aiuti per Atene, in attesa di sondare quale sarà la reazione dei mercati all’ “haircut” del debito ellenico. Berlino resiste tenacemente all’unione bancaria e pensa di imporre un contratto, con misure di austerity e riforme strutturali (leggi neoliberali), ai paesi con i conti fuori posto e bisognosi del sostegno da parte della Bce. Hollande, invece, crolla nei sondaggi, dopo soli 6 mesi di governo. Sì, la situazione è davvero ingarbugliata, ma una cosa è chiara: l’Eurozona non è salva, la furia devastatrice di banche e corporation non si è placata, l’assalto al welfare è solo all’inizio.

Mentre l’Italia della politica continua a discutere dell’incognita Berlusconi e la sinistra continua a raccontare favole, c’è il paese reale che torna in piazza, al fianco dei metalmeccanici della Fiom. E’ accaduto in tante città, da Nord a Sud. Giornata di sciopero anticipata dall’accordo separato siglato da Federmeccanica, Fim e Uim, il terzo negli ultimi dieci anni, il primo dopo l’articolo 8 dell’ultima legge di stabilità del governo Berlusconi e l’intesa sul patto di produttività. Di deroga in deroga, di accordo separato in accordo separato, il contratto collettivo nazionale è solo un vecchio ricordo e alla disoccupazione di massa si risponde facendo lavorare di più, pochi e mal pagati. Con Marx diremmo: alla ricerca del “plusvalore assoluto”.

La mobilitazione studentesca al fianco della Fiom non è una novità. Ma la novità di oggi, 6 dicembre, soprattutto nella piazza romana (e non solo), è stata la scelta di generalizzare lo sciopero, mettendo al centro del conflitto due elementi decisivi: il picchetto solidale, per imporre lo sciopero nei luoghi della grande distribuzione dove per i precari lo sciopero è impossibile; l’occupazione di stabili vuoti o invenduti, per rivendicare, contro la rendita immobiliare, il diritto all’abitare e alla socialità. Dal blocco della Rinascente alle occupazioni di Testaccio e Ponte di Nona, dagli studenti ai movimenti di lotta per la casa, Roma è stata segnata, per l’intera mattinata, dalla moltiplicazione delle forme di sciopero, in sintonia con lo slogan spagnolo del 14N “Toma la huelga”.

La tenacia dei movimenti giovanili e studenteschi italiani è fuori discussione, l’articolazione metropolitana dello sciopero aggiunge pezzi al mosaico più difficile da comporre, quello della coalizione sociale. Molta strada resta da fare, ma sarebbe già importante, per gli studenti ma non solo, comunicare con lo sciopero generale della Sanità fissato per l’11 dicembre. I 36 miliardi di tagli dal 2010 al 2014, l’offensiva dei privati presentata con “sobrietà” da Monti, fanno della Sanità pubblica luogo fondamentale dello scontro. Gli ambulatori autogestiti sorti in Grecia negli ultimi due anni sono lì a raccontarcelo.

Ma rimane decisivo, oltre all’accumulo delle forze e alla crescita delle connessioni, il piano europeo. Il 14-15 dicembre l’Europa a 27 si incontrerà a Bruxelles per piegare di nuovo la testa di fronte alla prepotenza berlinese. Intanto procede la discussione verso le mobilitazione del prossimo 23 marzo, giornata di mobilitazione europea fissata dai movimenti tutti, da agorà99 a Firenze 10+10. Nel mezzo occorre da subito riprendere a parlare la lingua dell’Europa dei conflitti, la costituente dei movimenti che sola può imporre un cambio di rotta.

pubblicato su Huffingtonn Post Foto Stefano Montesi