MONDO

La resistenza popolare nel barrio “23 de Enero” di Caracas

Vita quotidiana in una roccaforte chavista in Venezuela. La comune, insieme al collettivo Alexis Vive, ha istituito organismi di autogoverno e indirizzato il proprio sviluppo sul piano economico e sociale.

Caracas è diverse città contemporaneamente. A volte ci danno le spalle, a volte spaventano. La parte est è il fulcro delle notizie su Juan Guaidó e l’opposizione, la parte ovest è il territorio delle maggioranze chaviste, del Palazzo di Miraflores e dei centri del potere. Questa divisione è anche sociale e nominale: nella parte est, la gente vive sui colli, mentre in quella ovest vive in collina. Una di queste colline è quella della parrocchia “23 de Enero” [“23 Gennaio”, in memoria del colpo di stato del 1958 che mise fine alla dittatura militare di Marcos Pérez Jiménez – ndt], dove esiste una rete di resistenza popolare fin da prima dell’ascesa di Hugo Chávez e dove sono attivi diversi collettivi, nome con cui vengono chiamate alcune forme di organizzazione del chavismo.

Sulla parola collettivo si sono condensati i miti che la destra utilizza per demonizzare la rivoluzione. Sarebbero delle bande criminali dedite a svolgere il lavoro sporco per le forze di sicurezza dello Stato, come impedire le manifestazioni dell’opposizione. Marco Rubio, senatore repubblicano americano, ha detto che gli stati Uniti dovrebbero inserirle nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Uno dei collettivi attivi nella comune 23 de Enero è quello delle Forze Patriottiche Alexis Vive. La presenza dell’organizzazione è chiara fin dall’ingresso del quartiere, dove troviamo scolpito su un alto arco: Benvenuti, Comune Socialista El Panal 2021.

 

Entrando troviamo la panetteria comunale, la vita quotidiana di un quartiere popolare di Caracas con bambini e bambine in uniforme scolastica, chioschi, murales, motociclette, musica, passeggiate alla ricerca dell’ombra per evitare il sole dei Caraibi.

 

«I collettivi sono organizzazioni sociali di base che lavorano nella costruzione politica, sociale, comunitaria e produttiva»”, dice Robert Longa, rappresentante del collettivo Alexis. È seduto a radio Arsenal, la radio che hanno costruito, proprio di fronte al campo sportivo comunale. Calcola che siano quasi trenta i collettivi che operano dentro 23 de Enero.

«Siamo un movimento comunardo radicale, crediamo che dobbiamo fonderci con le masse, è una questione di avanguardismo collettivo, e questa avanguardia collettiva è la comune: siamo parte del soggetto insurgente del quartiere». Alexis González fu assassinato all’inizio della rivoluzione, in uno dei numerosi tentativi di colpo di stato da parte della destra. Nel territorio comunale vivono 13mila persone e la comune, insieme alle Forze Patriottiche Alexis Vive, ha istituito organismi di autogoverno e ha indirizzato il proprio sviluppo sul piano economico e sociale: uno zuccherificio, un panificio, un impianto tessile, un centro di raccolta, un fabbro, una valuta propria, una scuola di danza e di sport e una piscina per bambini nei fine settimana.

Alexis, come altri collettivi, si trova sotto il fuoco degli attacchi mediatici e politici della destra. «Vedono i collettivi nei quartieri come sacche di resistenza e baluardi, come i comitati di difesa della rivoluzione a Cuba. Siamo il punto di attacco mediatico per cercare di far implodere le arterie delle nostre comunità. Il 27 febbraio del 1989 siamo scesi dalle colline, l’11 aprile 2002 siamo scesi ancora, svolgendo un ruolo chiave per la presa del potere, e ho capito che vedono i collettivi come la pietra miliare per la costruzione dell’esplosione sociale che cercano».

 

La zona del 23 de Enero, in cui si trovano le Forze Patriottiche e la Comune Panal 2021, è tranquilla. L’organizzazione riesce a costruire risposte a problemi come l’insicurezza e affronta la lotta quotidiana generata dalla situazione economica.

 

Il quadro nei settori popolari di Caracas è complesso, ancora di più nelle città lontane dalla capitale, a causa del blocco economico e finanziario dichiarato dagli Stati Uniti e anche per errori propri: «Vanno aggiunti gli errori interni e pensiamo che i panni sporchi della rivoluzione debbano lavarsi in casa. I cambiamenti si fanno dentro la rivoluzione, fuori da essa non c’è nulla», dice Longa.

Durante la nostra visita si è svolta un’attività pratica: la consegna di strumenti produttivi da parte del Ministero dei Poteri Popolari delle Comuni. Sono venute le comunità dell’ovest di Caracas, la gente discuteva della situazione economica, delle difficoltà e delle necessità della produzione, dei prezzi, degli incontri tra Stati Uniti e Russia e di quello che potrebbe succedere in un quadro così instabile in cui l’organizzazione popolare ricopre un ruolo centrale nell’architettura del chavismo da costruire e difendere.

«Abbiamo sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, che prima o poi avremmo visto il volto dell’impero», dice Robert. «Da loro possiamo aspettarci di tutto: organizzano operazioni mirate che vanno dall’omicidio fino all’arresto del presidente, cercano di generare attriti nella Forza Armata Nazionale Bolivariana per ottenere una frattura che ci porti verso una guerra civile, unendo contractors americani e paramilitari colombiani per generare scenari come quello in Siria».

 

La situazione politica in Venezuela offre pochi momenti di calma apparente. Eppure qui, come in gran parte della zona ovest di Caracas, all’ascesa di Guaidó non hanno mai fatto seguito mobilitazioni di sostegno. Il chavismo ha radici profonde, identitarie, culturali ed organizzative.

 

«La dimostrazione che il chavismo esiste sono le basi popolari e la resistenza che abbiamo espresso in questo momento. C’è una chavismo consolidato, convinto che la strategia indicata da Chavez sia la linea giusta: le comuni, il potere del popolo, indipendentemente dagli errori dei dirigenti che fanno solo il gioco di indebolire la rivoluzione. Fa parte delle contraddizioni del processo», dichiara Longa.

I tempi possono subire una nuova accelerata da un momento all’altro. Lo sanno bene le Forze Patriottiche Alexis Vive che, come tante altre forme di organizzazione popolare, sono diventate l’obiettivo dichiarato della strategia che non cerca solo di rovesciare Maduro, ma di riformare la società, il che significa cancellare il substrato chavista che ha imparato a vivere la politica da protagonista. Longa è una delle migliaia di persone convinte che non ci riusciranno: «Il Venezuela è un paese con retaggio da liberatore e sangue di despoti».

Articolo pubblicato su pagina12, in foto ingresso del quartiere “23 de Enero”, uno dei bastioni del chavismo nella capitale venezuelana

Traduzione di Michele Fazioli per dinamopress