MONDO

Il dialogo in Venezuela si interrompe a causa del blocco di Trump

Maduro ha annunciato che non invierà la delegazione all’incontro alle Barbados. Washington ha inasprito le sanzioni e messo il Venezuela in una condizione di embargo totale simile a quella di Siria, Cuba, Iran e Corea del Nord. Il governo di Nicolás Maduro ha risposto richiamando i propri negoziatori nel processo di dialogo avviato con l’opposizione.

Mercoledì sera il governo venezuelano ha annunciato che non parteciperà al nuovo ciclo di dialoghi alle Barbadosin programma per giovedì e venerdì [8 e 9 agosto 2019 – ndt]. La decisione è stata presa direttamente dalpresidente Maduro, che ha scelto di “non inviare la delegazione venezuelana a causa della grave e brutale aggressione perpetrata (…) dall’amministrazione Trump contro il Venezuela, che include il blocco illegale delle nostre attività economiche e finanziarie”.

La decisione è stata presa dopo la chiusura di ogni margine di trattativada parte degli Stati Uniti con il decreto presidenziale firmato da Trump e con le dichiarazioni di John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale, che ha attaccato i processi di dialogo in corso. L’amministrazione Trump è stata molto chiara: non è il momento di parlare o aprire corridoi economici, è tempo di dare l’assalto finale.

 

In seguito a tutto questo, le opzioni del governo si sono ridotte. Una delle richiesteper raggiungere un accordo, forse la più importante, è che gli Stati Uniti revochino il blocco economico.La risposta di Washington è stata l’opposto: intensificazione fino a far finire il Venezuela nella lista di quei pochi paesi che si trovano in una situazione di congelamento totale come Siria, Cuba, Iran e Corea del Nord.

Europa e Stati Uniti: due velocità.

La svolta involutiva ha dato il via livelli più alti di incertezza e posizioni più tese.In realtà,la risposta dell’Unione Europea suggerivaprudenza nei confronti della decisione unilaterale degli Stati Uniti e sottolineava il proprio impegno per il dialogo.L’International Contact Group,costituito e guidato dalla UE con la partecipazione di governi sudamericani, ha scritto: “Un’uscita negoziata continua ancora ad esserel’unica via percorribile per superare questa crisi multidimensionale”.

I timori per le conseguenze dell’embargo sono legati ad un nodo centrale: il decreto presidenziale minaccia le aziende e i governi che intrattengono rapporti commerciali con il Venezuela.La narrazione statunitense è chiara: il governo deve cadere, e con esso anche l’economia e la popolazione, se fosse necessario per il raggiungimento dell’obiettivo.

 

Questa differenza di velocità tra gli Stati Uniti e la UE non riguarda solo il Venezuela.Un altro caso emblematico è quello dell’Iran, dove l’amministrazione Trump ha deciso di ritirarsi dall’accordo sul nucleare.

 

Lì l’Europa è rimasta in una zona grigia, senza una risposta esaustiva alla richiesta del governo iraniano di mediare per porre fine al blocco economico e alla ghigliottina delle sanzioni contro le sue compagnie, molte delle quali hanno lasciato il paese.Il risultato è in sotto gli occhi di tutti: un blocco e un’escalation militare.

Nel caso venezuelano ci troviamoin una zona vitale per la geopolitica americana: è disposta la UE a indurire le proprie posizioni per costringere gli Stati Uniti a non mettere il paese inuna situazione diisolamento? Fa parte dei suoi piani all’interno del quadro del rapporto asimmetrico con gli Stati Uniti? Sono queste le domande in gioco per ogni blocco di potere.

Gli scenari dopo la rottura del dialogo

La decisione del governo di Maduroè stata quindi quella di rendere pubblicoquello che si era già verificato: la rottura dei dialoghi.Gli Stati Uniti lo hanno provocato, il Venezuela lo ha manifestato. Per quanto riguarda l’opposizione venezuelana alle Barbados, la domanda è sempre stata la stessa: quale forza reale e quale proposta hanno da offrire in un possibile accordo?La risposta è sempre stata che questa forza era statunitense e la sua carta più forte in gioco era quella di fermare parti dell’attacco economico e finanziario. Raddoppiare la posta ha significato rompere.

Gli scenari sono variabili. Tuttavia, due carte in mano agli americani sembrano chiare:non rinunceranno alla loro decisione di rovesciare Maduro e, all’interno dell’amministrazione Trump così come nei meandri del deep state americano, hanno la capacità di agire su fenomeni volti ad accelerare le i tempi prima di puntare sulla cosiddetta “pazienza strategica”.

A questo dobbiamo aggiungere la variabile delle tempistiche elettorali interne degli Stati Uniti e il modo in cui Trump cerca di capitalizzare parte di un elettorato proprio attraverso queste misure.

Non esistevano ipotesi certe su possibili accordi alle Barbados. In parte era dovuto alla richiesta del governo norvegese di mantenere la prudenza e grande discrezione. Quello che avevano dichiarato i portavoce americani, come John Bolton (parte di quel settore che cerca di forzare le manovre e bruciare il paese in corso d’opera) era che si dovesse giungere alle elezioni presidenziali senza Maduro al governo. Quella posizione non ha mai rappresentato un possibile dialogo ma piuttosto una minaccia.

 

La rottura delle Barbados spinta dagli Stati Uniti significa ritornare alle altre forme di attacco. Trump ha già annunciato che sta preparando “altri strumenti”, il governo di Iván Duque in Colombia ha nuovamente auspicato una rapida uscita di scena diMaduro e sotto, nei bassifondi del paese, sono presenti minacce latenti di una violenza mercenaria.

 

Come sottolineato da diverse analisi, gli embarghi da soli non sono sufficienti a causare la caduta dei governi ma, quando ci riescono, è perché sono combinati con altre forme di attacco. Il governo ha affermato di “essere pronto a rivedere i meccanismi di questo processo (di dialogo) affinché la sua prosecuzione sia davvero efficace”.

I dialoghi interrotti spalancano le porte agli scenari più incerti. Una negoziazione sotto un blocco totale è una negoziazione? Il chavismo si mobiliterà questo sabato per esprimere il proprio disaccordo e la sua volontà di dare battaglia.

 

L’autore è giornalista e sociologo franco-argentino, vive e scrive da Caracas per diversi media internazionali. Articolo pubblicato su Pagina12.

Traduzione a cura di Michele Fazioli per DINAMOpress