DIRITTI

Relocation: la lettera di 61 rifugiati che chiedono dignità e rispetto

Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta alle istituzioni competenti da alcuni rifugiati che hanno aderito al programma europeo di “Relocation”, ma sono ancora bloccati in Italia da diversi mesi. Senza informazioni e in pessime condizioni di accoglienza.

Un gruppo di 61 eritrei che si trovano a Roma da diversi mesi han scritto questa lettera alla Prefettura, al Ministero dell’Interno e al sindaco di Roma Capitale. Hanno tutti aderito al programma “Relocation” della UE e sono in attesa di essere trasferiti in un altro Stato europeo. Come la maggior parte delle persone che partecipano a questo programma, sono costretti a vivere questa lunga attesa nella più totale assenza di informazioni riguardo i tempi e il possibile paese in cui verranno trasferiti. Ingabbiati in una procedura senza regolamenti, senza garanzie, senza trasparenza. La loro esistenza è sospesa, nella speranza di un trasferimento che forse non avverrà mai. Trascorrono le giornate in centri sovraffollati ai margini della città (il Cara di Castelnuovo di Porto e la tendopoli di via Ramazzini rappresentano gli esempi più eclatanti) e spesso in assenza delle condizioni minime di accoglienza, come nel caso di questi richiedenti asilo eritrei. Lungi dall’essere un sistema garante dei diritti, la “Relocation” funziona su un meccanismo fortemente discriminatorio in partenza, che mira a includere selettivamente e ad escludere in maniera arbitraria. Un programma non solo mal funzionante e mai applicato completamente, ma strutturalmente violento e basato su principi razziali. Un programma che, come il resto delle politiche europee che verranno discusse e ratificate domani (Consiglio d’Europa straordinario sull’immigrazione a Malta), continua a non tenere conto delle situazioni effettive, vissute dai migranti, dai transitanti, dai richiedenti asilo, dalle persone espulse su criteri discrezionali discutibili e a negar loro diritti, peraltro universalmente riconosciuti.

Alla cortese attenzione

– del Ministero degli Interni

– della Prefettura di Roma, nella persona del prefetto.

– Al Sindaco di Roma Capitale

Siamo 61 richiedenti asilo eritrei. Abbiamo affrontato un lungo viaggio per arrivare in Europa, abbiamo rischiato la vita più volte. Siamo stremati. Il nostro unico desiderio è ricominciare una vita e raggiungere i nostri parenti.

Siamo in attesa di essere ricollocati nel programma di accoglienza previsto dall’Unione Europea.

Vorremmo ringraziarvi per l’accoglienza offerta dal vostro Paese, e raccontarvi il nostro percorso, breve ma tortuoso, di questi primi mesi in Italia.

Siamo arrivati nel luglio 2016. Una volta arrivati a Roma siamo stati più volte trasferiti. Prima siamo stati accolti dalla Croce Rossa nel centro di Tiburtino III. Successivamente siamo stati ospitati dal centro gestito dalla Caritas in via Casilina, dove abbiamo aderito al programma di “relocation”. Lì abbiamo svolto le interviste, e rilasciato le impronte digitali.

Infine dopo 3 mesi, il gruppo è stato nuovamente trasferito. Al momento una parte è ospite del centro di Via Domanico e l’altra del centro di Via Passolombardo.

Vorremmo quindi porre alla vostra gentile attenzione le criticità della nostra condizione.

– In questi sei mesi di permanenza a Roma, fatta eccezione di alloggio e cibo, continuiamo a vivere in condizioni di disagio, senza ricevere un’assistenza legale adeguata al nostro caso. Ovvero qualcuno che ci aggiornasse sullo svolgimento del programma di relocation a cui abbiamo aderito tutti.

– Il centro che ci ospita è un centro di seconda accoglienza, ovvero per persone che hanno già un permesso di soggiorno. Per questo ci sentiamo dimenticati e non supportati dall’Unione Europea e dalle istituzioni Italiane nel nostro percorso di ricollocamento.

Vi chiediamo di prestare attenzione al nostro caso per permetterci di svolgere il programma di “relocation” nei tempi adeguati e nei luoghi previsti.

Chiediamo di essere trasferiti al più presto in un centro adatto alle nostre esigenze, un centro designato dal governo italiano al nostro caso, dove possiamo, innanzitutto ricevere un trattamento migliore e soprattutto essere seguiti ed avere aggiornamenti sul nostro iter amministrativo.

Vi ringraziamo in anticipo per l’attenzione e di capire la nostra urgenza di risposte.

I rifugiati eritrei di via Passolombardo e via Domanico.

Roma, 1 Febbraio 2017