ROMA

Recupero produttivo dell’agro romano

Con un bando il Comune di Roma intende assegnare ad aziende multifunzionali parti del territorio dell’agro romano. Una di queste fa parte della Valle dell’Aniene, area naturale protetta, che da anni è curata da associazioni che ne hanno consentito l’utilizzo pubblico ai cittadini e alle cittadine di quel territorio. La privatizzazione di quello spazio per la messa a profitto deve essere fermata

Recupero è la parola usata per nascondere il processo di appropriazione e messa a valore dello spazio urbano e renderlo tutto disponibile alla rendita. Per questo quando leggiamo recupero produttivo dell’agro romano ci preoccupiamo, temendo che anche nell’agro romano stiano arrivando i capitali finanziari pronti ad appropriarsi della ricchezza del territorio, lasciando gli abitanti sempre più poveri.

A ottobre dello scorso anno è stato presentato con il titolo “Recupero produttivo dell’agro romano” il bando per l’assegnazione di alcuni terreni agricoli di proprietà dell’amministrazione comunale Capitolina, con l’obiettivo di incentivarne la coltivazione e promuovere lo sviluppo di aziende “multifunzionali”. L’idea è quella di fornire al territorio produzioni agroalimentari di qualità a filiera corta, utilizzando terreni «abbandonati e degradati».

Fin qui tutto bene. Eppure quando vengono indicati i lotti messi in gara si resta sorpresi. Fra i quattro, diventati tre a seguito dello stralcio del terreno di Tor Bella Monaca che si è scoperto non avere destinazione agricola, ci sono quasi 15 ettari della Valle dell’Aniene. Si tratta di un’area naturale protetta che tutto è tranne che “abbandonata e degradata” e non necessita di alcuna azione di “recupero”.

La riserva naturale Valle dell’Aniene è un’area naturale protetta della Regione Lazio che si estende per 650 ettari seguendo il corso urbano del fiume Aniene fino alla confluenza con il Tevere, dove si trova il Parco delle Valli. L’Associazione Insieme per l’Aniene APS gestisce per conto dell’Ente Roma Natura la Casa del Parco, realizzata nell’ex-Casale Scarpa, per farne il centro visite della riserva e laboratorio ambientale. In tutti questi anni, insieme ad altre associazioni e cittadini, ha contribuito alla realizzazione e alla manutenzione di sentieri ambientali e ciclopedonali, all’educazione ambientale e alla tutela e promozione dell’area fluviale e del territorio. Sono stati messi in atto interventi di messa a dimora di specie arboree, sono stati creati progetti di orticoltura sociale in ambito urbano, sono state svolte per le scuole visite guidate e corsi di educazione ambientale.

L’area ricade proprio nella Valle dell’Aniene e viene descritta nella scheda allegata al bando di gara così: «l’area in parte è già utilizzata per la conduzione di orti urbani. All’interno dell’area è presente la sede della Riserva Naturale Valle dell’Aniene. e due fabbricati da recuperare. Ci sono terreni adiacenti al perimetro dell’area da indagare per verificarne la titolarità al fine di aumentare la superficie aziendale. Al momento del sopralluogo i terreni presentavano una copertura erbacea naturale, luogo molto vissuto dagli abitanti del quartiere per trascorrere il tempo libero con attività all’area aperta (jogging, passeggiate, orto, ecc.)»  Si riconosce il valore di questo ambiente ecologico coperto da boschetti e attraversato dal fiume Aniene anche nelle norme del Piano Territoriale Paesistico Regionale, che ne individua i vincoli dei beni paesaggistici, naturali e archeologici.

Appare incomprensibile la decisione di affidare a privati l’area, decisione che oltretutto è stata presa senza alcuna consultazione con le realtà del territorio che da venti anni ne hanno avuto cura e senza coinvolgere i cittadini del IV municipio che quel parco frequentano liberamente. E proprio loro si sono ribellati alla decisione dell’amministrazione di mettere a profitto quel bene comune, organizzando da subito assemblee e incontri con l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Roma, per chiedere di annullare il bando. Per il momento non ci sono state risposte e il 25 gennaio scadrà il termine per presentare le domande per l’assegnazione dei terreni.

È da maggio del 1997 che un immobile del Comune di Roma situato proprio in quell’area ospita il CSA La Torre, spazio sociale di riferimento per il quartiere di Casal De’ Pazzi, fra Ponte Mammolo, Talenti e Montesacro. Le attività che lì si svolgono sono aperte al territorio.

È possibile, praticare sport accessibile a tutte e tutti, come strumento di benessere e coesione sociale, ascoltare concerti o altre iniziative artistiche, seguire corsi di fotografia, usufruire dell’aula studio e tanto altro. Dal 1997 è attivo un progetto di orticoltura biologica inclusiva gestito da ragazzi e ragazze disabili e non, mentre il progetto Botaniteca mette a disposizione del quartiere un giardino botanico sociale e tante iniziative che lo animano.

Il bando prescrive di presentare «progetti che mirano alla promozione del biologico, ad attività agricole multifunzionali e a quelle che prevedono lo sviluppo di energie rinnovabili». Tutto ciò che già avviene in quei terreni! Leggendo però l’elenco dei documenti richiesti per la partecipazione alla gara, come «gli obiettivi strategici della nuova azienda rapportati al mercato di riferimento» o «il programma dettagliato degli investimenti per lo sviluppo aziendale, concernenti sia la produzione agricola e/o zootecnica che l’adeguamento degli edifici esistenti, i risultati economico-finanziari attesi e la valutazione del rendimento e della sostenibilità degli investimenti stessi» si capisce come un bene comune sta per essere privatizzato e utilizzato per trarne valore economico. Infatti non è mai specificato che le attività di valore sociale richieste dovranno essere fornite gratuitamente o a prezzi sostenibili. La formazione agricola della cittadinanza, gli orti sociali o il centro ricreativo estivo serviranno per la “sostenibilità economica” dell’azienda assegnataria?

Negli anni alle scarse azioni pubbliche si è sostituita la presenza di gruppi informali, comitati e associazioni per garantire la cura del territorio, costruendo reali azioni di recupero dando vita a momenti di aggregazione e solidarietà sociale. Adesso si vuole neutralizzare l’autonomia gestionale e lavorativa dell’associazionismo e dell’attivismo che hanno garantito tutto questo, a favore del “recupero produttivo” ignorando la ricchezza prodotta finora.

Domenica 14 gennaio si è tenuta un’assemblea pubblica alla quale hanno partecipato oltre cinquecento cittadini e cittadine. La petizione online che chiede di stralciare l’area dal bando ha raccolto più di 2000 firme in poco più di 48 ore. Le associazioni, i comitati, gli spazi sociali e la cittadinanza hanno costituito la Rete per la tutela della riserva dell’Aniene con l’obiettivo di denunciare quello che sta accadendo e per portare avanti la lotta per la tutela e la salvaguardia dell’area.

Immagine di copertina da Flickr