ITALIA

Paura e delirio in Italia

Cosa si sente nell’aria del Brancaccio? Cosa si sente al Nazareno? Cosa si sente nelle trattative fra palazzo Chigi e Bruxelles sulla legge di stabilità? Panico. Inconfondibile sentore di paura. Brividi da delirio. Presagi di collasso. Fear and loathing

Le tendenze ormai irreversibili sono il declino elettorale del Pd, non compensato da recuperi tangibili alla sua sinistra, la tenuta se non la crescita del M5s, la crescita decisa della coalizione di destra, senza che ancora sia chiaro se l’egemonia in termini di consensi spetterà a Berlusconi o a Salvini. La sciagurata legge imposta da Renzi con la fiducia per danneggiare nella parte maggioritaria il M5s che rifiuta le coalizioni, finisce per premiare il centro-destra che le forma spregiudicatamente e per penalizzare il Pd che le vorrebbe, ma non ci riesce. Si conferma lo schieramento tripolare, ma non paritario: infatti in testa veleggia verso il 40% il c-d, mentre il Pd finisce al terzo posto e non andrebbe in testa neppure se stringesse un’improbabile alleanza con Mds e Si. Il disastro perfetto, con la perdita di molti collegi e infinite recriminazioni future. D’altra parte, il disaccordo elettorale esprime una profonda rottura nei programmi; non perché Bersani e & abbiano una linea di sinistra, ma perché Renzi fa a gara con Alfano nel rinunciare anche a una modesta piattaforma di centro riformista. Il tocco grottesco scaturisce dal fatto che, a loro volta, alla sinistra di Mds-Si-Possibile si delinea un altro schieramento più a sinistra, che ne disperde gli scarsi voti, e ancora più a sinistra un’altra formazione o forse due (sempre che raccolgano sufficienti firme per presentarsi). Astensione plausibile ben oltre il 40%. Sicilia e Ostia insegnano. Aggiungiamo un dato di cui non ce ne può fregare di meno, ma che conta (eccome!): l’intero ceto politico di sinistra (renziano e brancaccino) perderà, fra seggi, partecipate e rimborsi elettorali, un sacco di soldi e influenza. Per come sta messo il rapporto fra materiale e ideale, una catastrofe.

Il panico del giorno dopo, quando apparirà chiara l’irrilevanza di tutta la sinistra (dal Pd al Partito del Popolo), la persistenza dell’equivoco M5s e il galoppante successo della destra (con una componente leghista quasi dominante e schifose frange fasciste), sarà solo pari al collasso dell’intera macchina politica, che forse non riuscirà a fabbricare una maggioranza e neppure quella Grosse Koalition che sognavano  Renzi e Berlusconi, proprio per l’eccessiva disparità di forze fra le due componenti. Del resto, anche in Germania sembrano vacillare le formule di coalizione e si profilano nuove elezioni e instabilità strutturale. L’Italia seguirà con un percorso ancor più instabile.

Sotto le increspature della superficie politica e delle risse si accumula un potenziale deflagrante di marasma economico, perché nel 2018 vengono al pettine tutti i nodi del deficit strutturale, delle sofferenze bancarie inesigibili e del pressing europeo, che al massimo sarà spostato sul governo piuttosto fantomatico che uscirà delle nuove elezioni. La Commissione Ue afferma, infatti, che il progetto di legge di bilancio 2018 dell’Italia «può risultare in una deviazione significativa dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di bilancio di medio termine», stante il non rispetto della regola di riduzione del debito. Nel caso dell’Italia, in sintesi, «la persistenza dell’alto debito pubblico è una ragione di preoccupazione», mancando a tal fine di abbattimento circa 3,5 miliardi, pari allo 0,2% del Pil. Il che vuol dire, in misura ancora non quantificabile, una dura manovra aggiuntiva subito dopo il voto – prassi di ordinaria “non interferenza” (ovvero presa per il culo degli elettori), ma che nel caso specifico si inserirebbe in una fase delicatissima di ricerca di una maggioranza e magari di uno scioglimento anticipato delle Camere per ingovernabilità. Immaginatevi cosa vuol dire con lo spread che schizza ai livelli del 2013, una disoccupazione giovanile esplosiva e l’inaridirsi dei magri rivoli di “ripresina”.

Il panico è ancora contenuto e occultato dal trionfalismo dei pentastellati e delle destre, che si sentono vincenti, mentre a sinistra è sublimato in una ridda di vendette reciproche e trasversali. Sarebbe invece del tutto razionale cominciare a preoccuparsi per l’imminenza di un collasso combinato del sistema politico ed economico, per logoramento delle strutture portanti nazionali ancor prima che per un sussulto di crisi internazionale, peraltro abbastanza previsto.

Il “laboratorio italiano” anticipa alla grande gli esiti dell’agonia della democrazia rappresentativa e del suo pilastro di ”sinistra”, ma non fornisce finora indicazioni utili per la fuoriuscita da essa. È verosimile che un laboratorio non sia il luogo adatto per guarire.