ROMA

Notte Bianca: una festa per immaginare un’altra università

Passione, fantasia, incontri e libertà ecco: cosa è stata la Notte Bianca da più di dieci anni a questa parte alla Sapienza

Ho partecipato per la prima volta alla Notte Bianca nel 2005, da quell’anno ho preso parte a dibattiti, tavole rotonde, parlato con artisti, ho ballato, conosciuto persone, riso e amato. Tutto in una lunga sera.

La Notte Bianca, infatti, è nata e si è sviluppata a partire dai movimenti studenteschi in lotta perché l’università rimanesse un luogo aperto di ricerca, contaminazione e crescita; un luogo dove educazione, costruzione di un pensiero critico e socialità si intrecciassero e ricomponessero. Quei movimenti studenteschi, che dal 2005 hanno attraversato con varie ondate di mobilitazione l’università La Sapienza (come molte altre università italiane), hanno tutti posto al centro della loro agenda politica la rivendicazione del “pubblico”: pubblico significava non solo “università pubblica, gratuita e di qualità”, ma anche la rivendicazione di un’università come spazio di incontro, socialità e riconoscimento da aprire alla città.

La Notte Bianca è divenuta una delle pratiche al centro di questi movimenti studenteschi proprio perché poneva al centro la rivendicazione dello spazio pubblico e nello stesso tempo se ne riappropriava per un’intera giornata. Con la Notte Bianca i movimenti studenteschi dimostravano come un’alternativa possibile all’università delle clientele, nascoste dietro un nuovo linguaggio aziendalistico, fosse già possibile. Un’università intesa come luogo di costruzione di sapere critico e non come luogo dove accumulare nient’altro che crediti, oggi venduti singolarmente a 10 euro. Ma anche un’università intesa come luogo di socialità, contro un sistema formativo che istruisce alla competizione fin dalla prima infanzia, e dove la cooperazione viene percepita come disonestà.

Una notte di cui tutt* sono pratoganist* e artefic*. La Notte Bianca non è un tirocinio, non si guadagnano CFU né tanto meno soldi, al contrario si costruiscono momenti collettivi per stare insieme, spazi non finalizzati al profitto o alla competizione individuale. Una follia nella società e nel mondo dell’istruzione contemporaneo.

Una follia osteggiata infatti in tutti i modi dalle istituzioni clientelari-aziendalistiche della Sapienza, dalla questura di Roma e da giornali sensazionalistici come il Messaggero, che la dipingono come un ‘rave illegale’, fino ad arrivare alla strumentalizzazione più becera della morte di Francesco.

Oggi nell’università La Sapienza si attacca in maniera sempre più diretta ogni iniziativa critica che ponga al centro la costruzione concreta di alternative allo stato fatiscente dell’università e della ricerca italiana. Infatti, negli ultimi mesi, l’attuale Rettore ha tolto i fondi già preassegnati per un festival LGBTQIA+ perché considerato non inclusivo, mentre ha evitato di convocare il Senato accademico per prendere parola in tempo sulla decisione di Forza Nuova di convocare una manifestazione contro l’invito a Mimmo Lucano in un dibattito del dottorato di antropologia. Ha poi ben pensato di rilasciare interviste contro il partito degli estremisti di destra solo in seguito all’enorme manifestazione antifascista autorganizzata da studenti e professori.

Io, che ho avuto la fortuna di vedere la prima edizione della Notte Bianca e molte altre, non so descrivere il dolore per la morte tragica di Francesco. Da quel dolore dobbiamo ripartire, non nascondendolo o vergognandoci, ma ponendolo al centro della nostra iniziativa politica per immaginare ancora spazi di incontro, spazi pubblici aperti che non si chiudano più dietro recinzioni.

 

Foto Matteo Abbondanza