Notizie da Zombieland: Election Day

L’Italia è un paradiso fiscale per gli intrighi degli zombi, dove non si pagano pegni né pizzi né tasse per qualsiasi speculazione. Un mondo dove non esiste gravità (i lacrimogeni volano a loro insaputa verso l’alto e rimbalzano verso il basso)…

L’Italia è un paradiso fiscale per gli intrighi degli zombi, dove non si pagano pegni né pizzi né tasse per qualsiasi speculazione. Un mondo dove non esiste gravità (i lacrimogeni volano a loro insaputa verso l’alto e rimbalzano verso il basso), tanto meno serietà e costanza. Così tutti a cambiar posizione sull’election day secondo i propri interessi a breve. Tuttavia vale la pena osservare e resocontare quegli intrighi nella misura in cui producono effetti nel mondo reale della sofferenza, dell’indignazione e delle lotte –occhi pesti, teste spaccate, sequestri di libertà.

L’adozione dell’election day, che unifica quelle regionali di Lazio, Lombardia e Molise al 10 marzo e vi ingoia l’anticipo di quelle nazionali, era una supplica del Pdl, desideroso di rinviare il referto delle tre regioni disastrate e comunque di impedire che i risultati avviassero la frana su scala nazionale. Di conseguenza è una sconfitta secca per Bersani (l’opaco Vendola invece gioisce, perché la mamma ha fatto i gnocchi) e lo ha capito benissimo Zingaretti, parte in causa perché si è giocato il comune di Roma per l’urgente scadenza del Lazio e oggi si ritrova a due voti locali in contemporanea fra loro e presumibilmente con quello nazionale. Vero che Napolitano, accettando senza batter ciglio il rinvio delle consultazioni regionali, subordina l’anticipo del voto generale al varo delle nuova legge elettorale, ma così costringe il Pd ad accettare un compromesso premiale sul proporzionale (sempre che la maggioranza parlamentare glielo regali), vedendo così svanire la possibilità di conquistare il governo, come sarebbe avvenuto con il Porcellum vigente. Sconfitta su tutta la linea con rinascita dell’ipotesi del Monti-bis e vanificazione delle primarie e di una sudata vittoria di Bersani su Renzi. Con doppia figura di perdente per Vendola e ogni altro partecipante di “sinistra” alle primarie. E dire che il famoso “ricatto” del Pdl per accorpare le elezioni era un bluff, dato che nessuno voleva prendersi la responsabilità di scatenare una crisi di governo e di vedere lo spread schizzare più in alto di un lacrimogeno romano. Il cedimento a freddo di Monti e Napolitano è un’opzione evidente per un Monti-bis supportato da un nuovo schieramento di centro, più laicamente ma anche robustamente cattolico della smandrappata cosca di Casini, destinata a confluire insieme al listone civico di Italia futura e magari a schegge del disgregato e disgregabile Pdl post-berlusconiano. Ex-socialisti in testa, ovvio. Un bell’incastro per le ambizioni di Bersani, che vede altri raccogliere i frutti dell’albero scosso. Schiacciato da Napolitano e inchiodato all’agenda Monti, l’usato sicuro rischia adesso di perdere qualche pezzo sedotto dalle grazie centriste di Todi: Fioroni, Gentiloni e, perché no?, Renzi. Il minor tasso di clericalismo esteriore e di democristianeria corrotta del raggruppamento Montezemolo-Riccardi-Bonanni potrebbe esercitare un’attrazione micidiale e rendere ineffettuale un progetto laborista del Pd, inclusi patrimoniale e ritocchi keynesiani anti-ciclici. E intanto Grillo ingrassa su queste miserabili manovre.

A questo punto e in questo generale riassesto o tentativo di rammendo degli equilibri si capiscono cose che hanno a che fare con la realtà –cioè i poveri e il movimento che vuole abolire la povertà. Per esempio, perché il partito-Repubblica si è spaventato e cerchi di sorreggere e condizionare Bersani da sinistra, riscoprendo di colpo i guasti del montismo e il garantismo nei confronti del dissenso –e ci sta benissimo, anzi l’abbiamo costretto a rimangiarsi le oscenità del giorno dopo il 14n. Ci viene anche in mente che la catena di comando della polizia si è spappolata, lasciando mano libera (e che mano pesante) ai rampanti candidati a succedere a Manganelli, Izzo e compagnia appaltante. Segni di sfacelo emergono in vari apparati ministeriali, mentre la crisi e il debito picchiano sempre più duro e la situazione internazionale (prezzo del petrolio compreso) si fa aggrava. E ne vedremo di ogni, per citare la mai abbastanza rimpianta consigliera presidenziale Minetti…