ROMA

«Non siamo tornatə a casa»: gli equipaggi di terra verso nuove rotte

A Roma gli equipaggi di terra si rimettono in cammino: dallo sciopero generale alla Palestina globale, la sfida è dare continuità e forma a una mobilitazione che cresce e si rinnova

L’atmosfera a ESC, atelier autogestito nel quartiere San Lorenzo di Roma, era quella delle grandi occasioni. Ieri, 6 novembre, più di duecentocinquanta persone hanno partecipato all’assemblea degli equipaggi di terra in mobilitazione contro il genocidio in Palestina e l’economia di guerra. Per oltre due ore, un dialogo intenso ha intrecciato esperienze, percorsi e generazioni diverse. Nessuna cerimoniosità, nessuna posa: un desiderio diffuso di capire come proseguire, intensificare, far crescere – in estensione e intensità – le mobilitazioni.

Darsi del noi

La composizione radicalmente eterogenea è stata la cifra dominante: militantə di lungo corso accanto a persone alla loro prima esperienza politica. Una dimensione larga e plurale – anche dal punto di vista dei luoghi di provenienza – segno di un processo capace di attivare bisogni e desideri che superano le appartenenze consolidate. L’immagine del “vento fresco”, – in una giornata che segna il timido arrivo dell’autunno – restituisce bene l’energia che ha attraversato la sala.

La parte centrale dell’incontro è stata dedicata ai gruppi di lavoro, densi e affollati. Mani che si alzano, voci che si rincorrono, il tempo che fugge via. Tra i nodi centrali, nel gruppo dedicato, quello dello sciopero generale del 28 novembre. L’ambizione è chiara: fare di quella giornata non una semplice data rituale, ma una messa in scena della convergenza, evocata negli ultimi anni e finalmente esplosa negli scioperi di fine settembre e inizio ottobre. La legge di bilancio e l’economia di guerra – al centro delle scelte macroeconomiche del governo – hanno fatto da cornice della discussione. La sensazione diffusa è che ci sia uno spazio di mobilitazione potenzialmente amplissimo – non solo per contestare le politiche del governo, ma per provare a cambiare il segno del dibattito pubblico e l’azione dell’esecutivo.

Palestina globale e nuove rotte

Un secondo gruppo ha lavorato sulla dimensione globale della Palestina, sulla necessità di rilanciare le iniziative e le connessioni internazionali. La flotilla, di mare e di terra, è tornata come immaginario e come metodo: rimettersi in cammino, intrecciare percorsi e saperi, costruire solidarietà larga e plurale. Non un tema tra gli altri, ma un orizzonte politico che interroga la totalità delle relazioni globali: il nesso tra militarismo, sfruttamento e disuguaglianze.

È emerso il desiderio di immaginare nuove forme di presa di parola coordinata con le mille piazze che, in tutto il mondo, continuano a scendere in strada per la Palestina; di continuare a inventare forme di attivismo solidale capaci di connettere pratiche e territori tra loro distanti.

Un terzo gruppo ha affrontato gli aspetti più organizzativi: come si costruisce un “noi” attraversabile e poroso. La forza degli equipaggi – di mare e di terra – sta proprio nell’aver mostrato che, nell’attuale congiuntura, organizzarsi non è solo astrattamente necessario ma concretamente possibile. Si tratta ora di sperimentare e consolidare strumenti di comunicazione e forme di coordinamento allo stesso tempo aperte ed efficaci. Il desiderio è quello di mantenere il carattere «acefalo» degli equipaggi, sviluppare un’organizzazione allo stesso tempo potente e senza vertici, fatta di snodi orizzontali e diffusi, e infrastrutture leggere.

Un nome che evoca disponibilità

Lə attivistə si sono interrogatə anche sull’adeguatezza del nome “equipaggi”. Il consenso è stato unanime: evoca, come ricordato da C., la «messa a disposizione», che è la cifra politica di questo movimento. Alla fine delle discussioni, i cartelloni appesi alle pareti erano densi di parole, proposte, progetti. Tracce di un orizzonte che si allarga, con una temporalità doppia: nel breve periodo, l’urgenza di costruire lo sciopero del 28 novembre e la giornata transnazionale di mobilitazione per la Palestina del 29; nel lungo periodo, la volontà di immaginare nuove forme di solidarietà radicale. Il prossimo appuntamento è fissato per mercoledì 12 novembre alle 18, sempre a ESC. C’è da scommettere che sarà un’altra tappa di un viaggio che non promette di essere né breve, né noioso.

L’immagine di copertina è di Esc-Atelier Autogestito

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