EUROPA

Non c’è niente da festeggiare, dopo le elezioni di domenica in Grecia

Astensione alle stelle, smobilitazione sociale e un”onda imminente di dure misure di austerità richiedono una riflessione critica dopo la vittoria di Syriza. Un contributo da autonomias.net

Non c’è nulla da festeggiare, davvero. Forse gli attivisti europei di sinistra che sono arrivati ad Atene per sostenere Tsipras sono giustificati a festeggiare, dato che hanno una visione di Syriza esterna se non spesso romantica. Per quanto riguarda i greci, non si può dubitare che ci sono persone di sinistra oneste e ben intenzionate che hanno votato per Syriza o sono ancora (ancora) membri di Syriza. Ma dopo gli sviluppi degli ultimi mesi l’ultima cosa che vogliono fare è festeggiare.

Come possono festeggiare, quando da domani il nuovo governo Syriza deve applicare e gestire l’attuazione di un duro attacco alla natura e alle classi popolari, dopo aver abbandonato la sua capacità di legiferare senza la tutela di Bruxelles e Berlino, ed essendo sotto il costante ricatto finanziario da parte dei creditori?

Pragmatismo di sinistra e la smobilitazione sociale

Il nuovo “argomento di vendita” di Tsipras è la lotta contro la corruzione e l’oligarchia, dal momento che la sua recente adozione del “pragmatismo”, gli impone di non poter più combattere contro l’austerità e la ristrutturazione neoliberale. Così, l’orizzonte della politica di sinistra in Grecia è diventata un “austerità dal volto umano”, una “meno corrotta” e “più giusta” applicazione della barbarie neoliberista.

Purtroppo, nei prossimi mesi, ci accingiamo ad assistere al fatto che la “maturità politica” e il “pragmatismo” di Tsipras si estenderranno a sempre nuovi settori: il pragmatismo impone che non si possa combattere contro coloro che possiedono tutta la ricchezza e i mass media in Grecia, che non sia possibile chiudere la disastrosa miniera d’oro di Skouries, che si debba privatizzare le aziende dell’acqua, dopo tutto, che non si possano permettere occupazioni dei lavoratori come la VIOME che sfidano la proprietà privata, che si debba avere a che fare con la protesta e il dissenso utilizzando le forze di ordine pubblico.

In breve, il pragmatismo di sinistra sta per ottenere tutto ciò che l’arroganza di destra non avrebbe potuto, cioè, sottomettere una popolazione che si batte contro la barbarie neoliberista da 5 anni.

Per tutto il tempo, i movimenti sociali sono stati indotti ad attendere e aspettare che Syriza svolgesse il ruolo che si era autoassegnata: quello del mediatore tra resistenze sociali e il potere politico. Il governo sta guadagnando tempo politico, mentre la smobilitazione del movimento significa che le lotte sono sconfitte una ad una: i lavoratori autogestiti di ERT banditi dalla nuova gestione, il movimento anti-minerario nella calcidica guarda la distruzione della sua terra… chi è Il prossimo? Forse l’autogestita VIOME, che lotta per legittimare la propria attività in condizioni avverse? Forse il movimento dell’acqua di Salonicco, che ha fieramente combattuto e fermato la privatizzazione, solo per vederla di nuovo sul tavolo in base ai termini del nuovo protocollo?

>Il fallimento della frazione di Syriza “Unità Popolare” di mobilitare elettori di sinistra non è una sorpresa: nonostante la retorica anti-memorandum, il nuovo partito ha ripetuto alcune delle pratiche più discutibili di Syriza: è stato costituito in un processo dall’alto verso il basso, esclusivamente su quadri di partito, costruito attorno a personalità fiammeggianti ed egocentriche, proiettando un spinta egemonica verso i movimenti e le altre forze politiche, alla ricerca di seguaci piuttosto che alleati, proiettando il suo programma di ricostruzione nazionale capitalista centrata sullo stato al di fuori dell’euro come il santo graal della politica trasformativa. Non è riuscito a mobilitare gli elettori ex Syriza, la maggior parte dei quali hanno preferito stare a casa piuttosto che andare a votare per Unità Popolare; non è riuscito a convincere neanche la base disincantata più vicina al movimento del partito di Syriza, che in questo momento rimane politicamente senza casa. Ha così permesso a Tsipras di emergere come il vincitore assoluto del gioco elettorale.

L’astensione elettorale e il “male minore”

Qualcuno potrebbe sostenere che avendo Syriza mantenuto la sua percentuale elettorale nelle elezioni di domenica questo sia il segno che la maggior parte della popolazione approva il “pragmatismo” del partito. Due punti devono essere sottolineati qui:

In primo luogo, si tratta di una presa di posizione perfettamente rispettabile quella di votare per Syriza come il male minore neoliberista. Le votazioni per definizione coinvolgono calcoli complessi, ricatto politico e una serie di dilemmi etici che i greci hanno affrontato tre volte in meno di 8 mesi. Coloro che si astengono per ragioni politiche, non possono pretendere una superiorità morale rispetto a quelli che usano il loro voto strumentalmente in questa situazione politica fluida e complessa. Ma non diamo per scontato che tutte le persone che hanno espresso un voto strumentale per Syriza, al fine di evitare il ripristino della odiata Nuova Democrazia staranno in attesa con le braccia incrociate, quando il governo inizierà il suo raid contro le persone e la natura nei prossimi mesi.

In secondo luogo, e cosa più importante, mentre il sistema politico è progettato per mantenere le apparenze e garantire la continuità del potere, nessuno può negare che l’aspetto più significativo delle elezioni di domenica è stata l’astensione alle stelle al 45% dal 36% di gennaio e dal 29% del 2009. E’ facile calcolare che in un paese di 10 milioni di elettori registrati questo si traduce in più di 4 milioni di persone che non votano, o circa 1 milione e mezzo di persone che hanno perso la loro fede nel sistema politico dall’inizio della crisi. Quest’ultima cifra rappresenta circa il numero di persone che votavano per uno dei due principali partiti politici.

Non dobbiamo affrettarci a reclamare tutte queste persone per le forze di emancipazione sociale e autodeterminazione, come alcuni anarchici avrebbero fatto. Certamente una massa critica di persone si astiene dal voto perché ha una concezione della politica come di un processo collettivo incarnato, non come un farcito rito delle urne – anche se una cosa non preclude necessariamente l’altra. Tuttavia, una vasta gamma di motivi e circostanze può portare a questo disincanto, che possono includere apatia, impotenza, individualismo e rassegnazione.

Mentre al sistema politico non poteva fregare di meno di questa enorme massa di cittadini disincantati – fintanto che rimangono a casa e non votano per partiti di protesta che potrebbero causare disordine, per loro è lo stesso. Infatti, quelli che dovrebbero essere davvero preoccupati per questa parte della popolazione dovrebbero essere i movimenti sociali e i movimenti che ideologicamente si sentono più vicini alla base, vale a dire il movimento libertario e la sinistra extraparlamentare. Come possiamo rompere il muro di apatia e individualismo, ed entrare in collegamento con i desideri e le aspirazioni della popolazione disincantata, coltivare lo spirito collettivo, l’organizzazione sociale e la creatività, la voglia di cambiamento e di emancipazione?

L’inadeguatezza delle pratiche politiche

Purtroppo grossi pezzi dei movimenti libertari e di sinistra sono più preoccupati di preservare la propria identità che di connettersi con le classi disincantate. Facciamo circolare i nostri manifesti indecifrabili, in gran parte per il consumo interno; ci aggrappiamo alla nostra purezza ideologica e alla nostra retorica massimalista; gridiamo i nostri slogan rabbiosi e culliamo le nostre bandiere; ci vantiamo quando abbiamo una manciata di manifestanti in più nella nostra marce o quando i nostri partiti ottengono poche migliaia di voti in più alle elezioni. Mentre, milioni di persone là fuori è affamata di cambiamento sociale, ma probabilmente è rassegnata ad un esistenza individualista, e non abbiamo alcun mezzo di arrivare a loro.

Mentre molti potrebbero interpretare il 45% di astensionismo come un sano rifiuto dell’inutile simulacro che è la democrazia rappresentativa, lo stesso può anche essere interpretato come un fallimento, o piuttosto come una catena di fallimenti: il fallimento di un ordine sociale di incorporare grandi blocchi della popolazione nel mainstream della vita sociale; il fallimento di un sistema politico di offrire vie efficaci di cambiare tale ordine sociale; il fallimento dei movimenti sociali e di sinistra di creare un nuovo immaginario di trasformazione di questo sistema politico.

Un’occasione per riflettere

La politica del “non c’è alternativa”, promosso dal nostro governo di sinistra è sicura di aumentare la rassegnazione e l’apatia; tuttavia una società sotto pressione estrema per tanti anni è sicuramente destinata a esplodere prima o poi. I movimenti sociali in Grecia hanno prodotto risposte ammirevoli verso l’autoemancipazione negli ultimi anni, ma non sono riusciti ad articolare queste risposte in una voce coerente, una proposta per superare l’attuale ordine politico ed economico. Hanno idealizzato parzialità e frammentazione, non hanno affrontato la questione dell’organizzazione politica, e sono stati così indotti a prestarsi al progetto egemonico di Syriza.

La vittoria di Pirro della sinistra nelle ultime elezioni di domenica dovrebbe avviare un processo di riflessione critica, sia in Grecia che in tutta Europa. Abbiamo davanti a noi momenti difficili di resistenza, e i movimenti sociali, per quanto piccoli e insignificanti, costituiscono attualmente l’unica forza antagonista rimasta contro la barbarie capitalista.

Pubblicato su autonomias.net, traduzione in italiano a cura di Dinamopress