ITALIA

Nell’emergenza sanitaria, un grave attacco al diritto di sciopero

La Commissione di garanzia ha aperto un procedimento di infrazione per la convocazione dello sciopero generale dello scorso 25 marzo promosso per difendere le condizioni di sicurezza dei lavoratori. Un precedente pericoloso che rischia di aprire la strada ad una limitazione dei diritti dei lavoratori

La battaglia per difendere i diritti dei lavoratori nel contesto dell’emergenza Covid-19, rischia ora di investire anche lo stesso diritto allo sciopero. Con un ampio documento, la Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sul diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali ha infatti aperto ieri (27 marzo) un procedimento di infrazione nei confronti del sindacato Usb per aver proclamato lo sciopero generale del 25 marzo scorso. Al centro del documento, l’invito al minuto di astensione simbolica che il sindacato aveva rivolto ai lavoratori e alle lavoratrici occupati nei servizi essenziali quali sanità, soccorso alla popolazione, vigili del fuoco, vigili urbani, igiene urbana e cooperative di assistenza.

Secondo il Garante «in un contesto di conclamata emergenza sanitaria di natura epidemiologica», l’indizione dello sciopero «contribuisce a generare un diffuso senso di insicurezza e a produrre incalcolabili danni alla collettività, determinando un non accettabile aggravio alle Istituzioni e/o aziende», rischiando, inoltre, «di vanificare le azioni di contenimento di cui ai recenti provvedimenti governativi».

Le accusa mosse dal Garante sono, oltreché estremamente gravi, anche infondate. Non solo perché le forme di protesta erano state proposte proprio per non far venire meno la continuità del servizio nei settori fondamentali e, in generale, per non violare le norme disposte per il distanziamento sociale, ma soprattutto perché ribalta l’ordine delle cause che hanno portato alla mobilitazione sindacale.

Secondo Usb «il garante Giuseppe Santoro Passarelli non ha capito che il nostro sciopero è stato proclamato e si è tenuto esattamente perché era già in essere “un diffuso senso di insicurezza”, generato però proprio dai provvedimenti governativi citati nella delibera».

«La ragione per cui USB ha proclamato lo sciopero», continua il sindacato «è stata infatti proprio la scelta del governo – ricattato da Confindustria e spalleggiato dai sindacati complici – di non chiudere con immediatezza ogni sito produttivo e ogni azienda o ufficio non utili a garantire la sicurezza dei cittadini e il funzionamento del sistema sanitario».

In un comunicato in cui si esprime la solidarietà a Usb, le Camere del Lavoro Autonomo e Precario ribadiscono che «non è stato certo 1 minuto di sciopero tra le 13:30 alle 14:30 a favorire – come la Commissione scrive – un clima di insicurezza per il Paese tutto, per le strutture sanitarie e i pazienti in particolare. No. L’attenzione va spostata sui dati, impietosi: quasi 7.000, a oggi, medici e infermieri contagiati; oltre 40 medici deceduti. Ciò per motivi ben precisi: l’assenza di mascherine adeguate, la mancata distribuzione per tempo dei Dispositivi Individuali di Protezione».

Ma le motivazioni con le quali si avvia l’apertura del procedimento contro Usb rischiano soprattutto di essere la premessa di una pericolosa deriva in tema di limitazione al diritto di sciopero in Italia. Vi è più di un sospetto che questa tentazione, che già da lungo tempo anima i sogni di coloro che vorrebbero ulteriormente irrigimentare le forme del conflitto nei luoghi di lavoro, trovi nel momento dell’emergenza un’occasione propizia e si proietti verso il periodo in cui, contenuta l’emergenza sanitaria, esploderanno ancor di più le contraddizioni sociali innescate dalla recessione economica e dalla crisi occupazionale.