TERRITORI

Negli occhi di Gorino

Chi incita all’odio per i migranti dalle “barricate” di Gorino. Cronaca di una notte di ordinario razzismo nella nebbia del delta del Po.
Milano non è Goro

Sono le dieci, quando appresa la notizia delle barricate anti migranti di Gorino, partiamo da Ferrara. 70 km di nebbia fittissima ci separano dal piccolo centro sul Delta del Po. La strada d’accesso alla frazione del comune di Goro è ancora presidiata da circa quaranta persone. La carreggiata è libera per metà, chi passa deve sottoporsi al controllo degli abitanti. Si accorgono subito che siamo forestieri, ci scrutano, con facce non proprio rassicuranti, per accertarsi che non ci siano migranti insieme a noi. Parcheggiamo e ci avviciniamo al presidio. Fa freddo e la nebbia copre interamente il paesaggio circostante. Gli uomini si stringono in cerchio, bevono grappa e caffè e si fanno forza a vicenda, pronti a bloccare nel caso arrivassero i migranti.

Ci avviciniamo ad un uomo anziano che si ripara sotto una coperta a scacchi per chiedere qualche informazione. «Qui a Gorino in ogni casa non c’è un fucile, ce ne sono due. Abbiamo liberato la carreggiata solo perché hanno minacciato di toglierci le armi». Affermazioni che ci lasciano straniti, ma ci restituiscono l’idea del contesto sociale in cui è nata la protesta. Gorino è un piccolo centro del Polesine, 600 abitanti e un solo bar, basso tasso di scolarizzazione e un alto tasso di abbandono scolastico. Un’economia basata sulle cooperative della pesca che negli ultimi anni ha subito pesantemente il peso della crisi. “Qui abbiamo tantissimi problemi – continua l’uomo – e nessuno ci pensa, ora ci portano pure queste persone”. Chiediamo se c’è stata una mediazione, l’interessamento delle istituzioni: «Qui non abbiamo visto nessuno – risponde – soltanto carabinieri e quello della Lega». Quello della Lega Nord è Nicola Naomo Lodi, uno strano incrocio tra il becero razzismo di Borghezio e l’irriverenza mediatica di Salvini. Non basta la ruspa, il suo metodo va oltre: “a calci in culo!”. Questo strano personaggio, responsabile sicurezza della Lega Nord di Ferrara, sta conducendo una personale battaglia nei confronti dei migranti, con modalità che vanno ben oltre la xenofobia. La caccia ai migranti negli stabili abbandonati in diretta facebook, le manifestazioni contro la comunità africana in zona GAD al grido “parassiti, negri di merda, tornatevene a casa”, il blocco dell’apertura di una struttura d’accoglienza a Gaibanella, sono solo alcuni dei casi più eclatanti di un odio nei confronti dei migranti che si fa crescente.

Anche la sera di Gorino Nicola Lodi si presenta con il megafono per incitare all’odio nei confronti dei migranti. Uno speech intriso di dialetto che esprime concetti chiari e diretti: «Fuori da Gorino. Noi occuperemo quell’albergo e se ci vogliono portare via dovranno farlo con i letti. Sono il primo – promette – che occuperà una stanza».

Quando a mezzanotte arriviamo all’ostello Amore – Natura, la struttura individuata per ospitare i dodici migranti, Nicola Lodi è già andato via ma l’albergo è occupato. C’è un via vai di gente, soprattutto donne. Entrano ed escono dal bar. La macchina del caffè è accesa e lavora ad oltranza. Quello è l’unico bar del paese e quella notte gli abitanti hanno deciso di trascorrerla svegli. Per fortuna Elena, che mi accompagna, ha l’accento veneto. Lascio parlare lei, sicuro che il mio calabrese avrebbe potuto destare qualche sospetto. Beviamo anche noi qualcosa di caldo e i titolari dell’ostello si lasciano andare. «Noi non siamo contro queste persone, ma non possiamo accettare questi metodi, perché ora sono donne e poi chissà quanti continueranno a portarcene». La preoccupazione dei titolari per la requisizione dello stabile è evidente. «Noi viviamo qui e avevamo già delle camere prenotate. Abbiamo impostato la nostra attività sul turismo fluviale e adesso non possiamo più lavorare». L’autoritarismo con cui è stato requisito lo stabile è reale. Un’ordinanza affissa dai Carabinieri alle due del pomeriggio per trasferire i migranti già alle quattro. Modalità straordinarie, che sono frutto del modello di gestione emergenziale dell’accoglienza che l’Italia ha deciso di adottare, ma che non bastano a giustificare le barricate, come negli ultimi giorni si è provato a fare. La gestione emergenziale dell’accoglienza è un modello fallimentare, non tanto perché i cittadini di Gorino si sarebbero potuti arrabbiare, ma perché è un modo disumano di accogliere. In questa logica i migranti vengono trattati come delle merci da essere stoccate, solo che al contrario delle merci non hanno nemmeno la libertà di circolazione. E allora scortate dalla Polizia, nel cuore della notte, se non c’è posto nel magazzino di Gorino le si accantona da qualche altra parte. Pensiamo agli occhi di queste donne, al loro animo già ferito dal viaggio e dalla sofferenza, accolte in Italia da un branco di razzisti con i forconi. Come si saranno sentite? Nessuno ci ha pensato la sera di Gorino.

Prima di andare via, nel bar entra un uomo di mezz’età, fisico robusto, abiti sportivi. Si intromette nella discussione, vuole dire la sua: “Qui ci vorrebbe Hitler, noi queste persone non le vogliamo”. Qualche donna sorride, nessuno dice niente. Ecco allora che anche la retorica del “io non sono razzista ma” si discioglie all’istante e svela la sua maschera più xenofoba. Poche parole che ci restituiscono il senso delle cose e ci fanno capire perché anche il parroco del paese, don Paganella, il giorno dopo, ha difeso in maniera convinta le barricate dei suoi fedeli: “Portateli a casa vostra!”.

Siamo increduli, sappiamo di non poter rispondere in alcun modo. Il cuore si fa pesante e l’aria diventa irrespirabile. Anche i Carabinieri sono andati via e il paese, oramai, è nelle mani di queste persone. È ora di andare. Sulla strada del ritorno nemmeno una parola, non c’è la forza per commentare quello che abbiamo appena visto. Immagini spaventose che ci parlano di un profondo sentimento di intolleranza che si sta diffondendo a macchia d’olio in tutta Italia. Gorino ha fatto scalpore ma, purtroppo, non è un caso isolato.