EUROPA

Marsiglia, Stato di illegalità

Dal 21 al 24 novembre, il Collettivo Mineurs Isolés Etrangers ha occupato la chiesa Saint-Férrol per far valere universalmente i diritti alla protezione, alla scolarizzazione, alla sanità e al sostegno nelle pratiche di regolarizzazione

Il 21 Novembre, all’indomani della “giornata dei diritti del minore”, un gruppo di circa cinquanta ragazzi di origine sub-sahariana ha occupato, con il sostegno di collettivi e associazioni, la chiesa di Saint-Ferréol a Marsiglia. L’occupazione della chiesa ha avuto un valore fortemente simbolico: uscendo dall’invisibilità forzata che li vedeva costretti da mesi a dormire nella stazione di Saint-Charles, i giovani si sono installati nel pieno centro del turismo marsigliese, portando uno stridente contrasto nell’atmosfera di consumo natalizio presso i mercatini all’aperto.

La presa di Saint Férreol veniva così costruita sulla necessità di ottenere una risposta da parte del “Conseil Départemental”: sebbene l’istituzione fosse responsabile della protezione di tutti i minori non accompagnati (MNA) senza alcuna distinzione di provenienza, di fatto, però, gli unici minori in strada presenti a Marsiglia, come in altri Dipartimenti francesi, sono di origine straniera. L’occupazione non pretendeva esclusivamente l’ampliamento dei diritti, ma rivendicava in primo luogo l’applicazione della legge stessa nella sua pretesa “universalità”: protezione immediata , diritto alla scolarizzazione, diritto ad un assistenza sanitaria e/o psicologica, così come ad essere affiancati in tutte le tappe finalizzate alla regolarizzazione dei documenti una volta raggiunto il diciottesimo anno di età.

Dopo quattro giorni di occupazione, non esenti da tensioni e compromessi, un risultato è stato ottenuto: un alloggio temporaneo con una capacità di accoglienza per 65 persone e un’accoglienza “educativa” di giorno.

La presenza dei minori stranieri in Europa non è un fenomeno circoscritto agli ultimi anni, ma è andato ad accentuarsi all’inizio degli anni ’90, soprattutto in Italia, successivamente al declino della situazione politica, economica e sociale dei Paesi satelliti all’Unione Sovietica. D’altra parte, negli ultimi anni, il numero dei minori non accompagnati presenti in Europa è aumentato in maniera esponenziale. Sebbene le Convenzioni Internazionali ed Europee siano volte a tutelare e proteggere i minori senza alcuna distinzione di provenienza, di fatto questa categoria rappresenta per gli stati un soggetto «anomalo» ( Petti G., 2008 ). Sembra evidente come la plurale soggettività del “minore straniero” incarni una doppia subordinazione: una nei confronti dell’adulto e, l’altra, nei confronti dello Stato in quanto non cittadino. La giovinezza come l’estraneità vengono considerate dai governi europei duplici condizioni di dipendenza. Da una parte, assistiamo a una teorica volontà di tutela e di protezione, dall’altra a un empirica forma legittimata di esclusione.

L’esigenza di ribadire condizioni essenziali di accesso alla casa, alla salute, alla scolarizzazione non solo è legittima, ma rappresenta la condizione di possibilità materiale per ogni discorso politico.

Tuttavia, l’occupazione della chiesa Saint Ferréol ha mostrato che appellarsi al rispetto della legge da parte delle istituzioni considerate “competenti” deve essere visto nella prospettiva di una critica dell’accoglienza stessa.

La condizione formale e materiale dei minori costituisce, del resto, un punto di vista privilegiato per guardare ai rapporti tra disciplina e accoglienza. Da un lato, essa si presenta come oggetto di una tutela “universale”. Dall’altro, sembra essere il punto in cui uno screening totalmente arbitrario ripartisce i futuri maggiorenni tra coloro considerati “idonei” e coloro “non conformi” a ottenere un permesso. Da questo punto di vista, i giovani migranti che affollano le strade di Marsiglia costituiscono un gruppo che viene volutamente condannato all’esclusione, rendendogli materialmente impossibile la costruzione di autonomia personale. La lotta dei minori riguarda insomma la produzione di una “futura espulsione” a partire dall’emarginazione materiale anche laddove dovrebbe esserci tutela giuridica.

La legge ha un ruolo centrale nel legittimare sia la pratica (imprecisa e discrezionale) della “valutazione dell’età”, sia la perdita di ogni garanzia di soggiorno per tutti i ragazzi non richiedenti asilo una volta raggiunta la maggiore età.

I metodi di valutazione dell’età, come il passaggio dalla minore alla maggiore età, rappresentano forme di “inclusione differenziale” che trovano il proprio habitat all’interno delle forme giurisprudenziali europee. Tali circostanze rappresentano pratiche volte a estendere il controllo frontaliero effettuato dalle Agenzie Europee a un controllo dei singoli corpi dei migranti. Il corpo diventa così lo strumento delle autorità competenti nel determinare l’accesso o il diniego del migrante nel suolo europeo.

Le garanzie di soggiorno in un Paese devono essere svincolate da tutti quei dispositivi di controllo e filtraggio messi in campo dalle istituzioni. Ogni forma investigativa e poliziesca sul corpo dei migranti deve essere fermamente considerata illegittima.

Lo Stato non solo si trova in una condizione di illegalità, non rispettando le sue stesse leggi, ma spinge i giovani e i meno giovani in una condizione di illegalità forzata. Se da un lato lo Stato si fa promotore di norme legali, dall’altra crea esso stesso una popolazione esclusa e criminalizzata che confluisce nel mercato informale. Gli attori coinvolti nel legittimare questa dinamica non si arrestano, però, all’apparato statale. L’esempio dell’occupazione della chiesa di Saint Férreol ne è la dimostrazione: polizia, istituzioni ecclesiastiche, funzionari pubblici, ecc. permettono e sono complici dell’esercizio di esclusione e violenza portato avanti dallo Stato. Collettivi ed associazioni svincolate da tali dinamiche rappresentano l’unica possibilità per smascherare e contrastare una simile realtà.

È tempo di ribadire che o l’accesso ai diritti è esteso a tutti, o lo Stato di diritto non ha più alcun senso di esistere.