EUROPA

L’Irlanda sceglie di essere dalla parte delle donne: ecco cosa succederà adesso

Nella Repubblica d’Irlanda vince il voto a favore delle donne. Un voto storico che inserisce il piccolo Paese europeo nella battaglia globale per la libertà di scelta. Un’analisi del risultato referendario e degli scenari che si aprono.

1.429.981 irlandesi, il 66,4%, ha votato per la cancellazione dell’ottavo emendamento della Costituzione, quello che vieta formalmente l’aborto e che negli ultimi anni ha costretto alla “partenza” verso l’Inghilterra o altri Paesi europei migliaia di donne, lasciando le meno abbienti a fare i conti con gravidanze non desiderate, frutto di stupri, incesti, errori. Ma quello che è stato chiamato il voto pro-aborto, in una campagna denigratoria e difficile, è stato in realtà il voto a favore della libertà di scelta delle donne, per garantire a tutte accesso ad un’assistenza sanitaria degna di questo nome.

Da Savita Halappanavar, morta di setticemia dopo aver chiesto un’interruzione di gravidanza che le fu negata, diventata l’emblema del referendum e alla quale si chiede di dedicare la nuova legge che verrà emanata, alle tante donne che nel corso degli ultimi 3 anni hanno condiviso le loro storie, marciato, lottato con a fianco mariti, compagni, figli, genitori.

Per questo non è stato il voto delle sole donne. È stato il voto delle donne e degli uomini, giovani e anziani, di città e di campagna. Il voto per le donne, questo è stato. Il voto per una società, quella irlandese, dove negli ultimi anni le donne hanno iniziato ad alzare la voce, a scendere in piazza per i propri diritti, a raccontare le loro storie.

Non è un caso se il ministro della salute, Simon Harris, sia stato uno dei grandi propulsori di questo referendum, insieme al dottor Peter Boylan, Chair of the Institute of Obstetricians and Gynaecologists: due uomini che hanno aiutato il movimento a far sentire la sua voce, a penetrare, a raccontarsi. Con loro le attiviste e gli attivisti di Together 4 Yes, di Rosa, del Repeal The 8th Movement. Ma anche giornaliste, politiche appartenenti a tutti gli schieramenti, personalità provenienti da diversi ambiti. E, soprattutto, le donne comuni che con forza hanno iniziato ad aprirsi, a raccontarsi, a lasciar andare il senso di vergogna e oppressione.

Una maggioranza schiacciante con una sola contea all’opposizione, quel Donegal agli estremi della penisola irlandese, la zona con il maggior numero di disoccupati e di irlandesi costretti a spostarsi per trovare lavoro. Qui, il NO ha vinto per pochi punti percentuali. Per il resto, dalla multiculturale Dublino (dove però nessuno dei migliaia di expat che ci vivono, lavorano e pagano le tasse ha potuto votare) alla più piccola Tipperary, per citarne solo una, il SI ha risuonato forte, lasciando poco spazio ai dubbi fin dai primi exit poll.

Il distretto di Roscommon-Galway, che 3 anni fa si oppose alle unioni dello stesso sesso, stavolta ha scelto diversamente, a dimostrazione di come questo sia stato un voto necessario, voluto, cercato.

Foto di Giuseppe Milo

Cosa succede adesso che l’ottavo emendamento è stato “repealed“?

Il primo passaggio sarà la rimozione dello stesso dalla Costituzione, rimpiazzato dal seguente articolo.

Provision may be made by law for the regulation of termination of pregnancy” ovvero, tradotto semplicemente: “Una legge apposita regola l’interruzione di gravidanza”. Questo vuol dire che l’attuale Protection of Life During Pregnancy Act resterà in vigore fin quando la nuova legge sarà approvata. Dunque, fin quando la legge non sarà emanata, nessuna interruzione di gravidanza sarà possibile in Irlanda.

Affinché possa essere dato effetto alle disposizioni stabilite nel referendum, la legislazione (che già esiste in forma di bozza) deve essere promulgata dall’Oireachtas, il Parlamento irlandese, che deve tener conto della volontà popolare.

Il Ministro della Sanità Simon Harris si è fatto carico di discutere della questione in occasione della riunione di martedì 29 maggio, così da permettere la promulgazione della legge già in autunno ed evitare che altre donne subiscano lo strazio di dover abortire all’estero, di doverlo fare abusivamente in Irlanda o di portare a termine una gravidanza non voluta.

La bozza di legge su cui si discuterà permetterà un’interruzione di gravidanza entro la 12esima settimana e potrà essere eseguita da un medico di base (GP), da un’ostetrica e da una ginecologa, pubblicamente e privatamente. I medici saranno tenuti legalmente a discutere con la paziente le metodologie per l’interruzione di gravidanza e potranno attendere 3 giorni dalla prima visita prima di somministrare una pillola abortiva.

Se la vita della donna è a rischio o se la gravidanza può portare gravi problemi di salute, saranno due medici a stabilire se l’aborto è possibile anche dopo le prime 12 settimane. Oltre la 24esima settimana di gravidanza, non saranno permessi aborti se non nei casi di anomalie fetali fatali. Nessuna donna potrà essere accusata e rischiare il carcere per aver scelto di abortire e nessun medico potrà essere accusato allo stesso modo. Tuttavia, chiunque permetterà l’aborto senza seguire legge potrà affrontare una potenziale pena pari a 14 anni di carcere.

Una volta in Parlamento, ci si aspetta che il fronte del NO agisca compatto per fare in modo che la volontà della popolazione sia invalidata ma, esattamente come successo 3 anni fa con l’introduzione delle unioni legali tra persone dello stesso sesso, il risultato è già scritto.

Nell’attesa della nuova legge, Together for Yes ha già dichiarato di voler spingere per l’accesso all’aborto in paesi come l’Irlanda del Nord, la Polonia, l’Argentina, il Salvador e il Brasile. L’Irlanda del Nord, formalmente parte del Regno Unito, diventa dunque una delle chiavi su cui si gioca il futuro dei diritti delle donne e, su un livello diverso, il futuro di una potenziale Irlanda unita.

Gli attivisti si muoveranno anche per fare in modo di rimuovere l’ingerenza della Chiesa cattolica nei sistemi educativi e sanitari in un Paese che, ancora oggi, tra le altre cose discrimina in base alla religione l’accesso a servizi di base, per esempio l’educazione. Un processo complesso ma su cui la nuova Irlanda punta per stabilire le basi di un futuro migliore e per affrancarsi dai crimini commessi e nascosti nel passato.

Non è vero, come ha scritto qualcuno, che l’Irlanda ha votato per cancellare l’ottavo emendamento solo per staccarsi dal Regno Unito: l’Irlanda ha votato per riconoscere un diritto negato, per dire no alla vergogna. E da oggi l’Irlanda sceglie di farsi portavoce del movimento femminista con forza e coscienza, chiedendo anche a gran voce che la rappresentanza femminile in Parlamento sia garantita e aumenti.

Da oggi l’Irlanda scrive la sua Storia ma anche la Storia a livello globale, riaffermando con forza il ruolo della società civile. Quella reale.

Foto di copertina: Giuseppe Milo