ROMA

L’”emergenza sgomberi” e il vicolo cieco della politica romana

Nella nuova lista pubblicata dalla Prefettura di Roma è contenuto il fallimento delle politiche pubbliche e la messa in scacco della dialettica istituzionale. In nome del ripristino della legalità e della difesa della proprietà privata, si chiudono gli spiragli per una soluzione politica alla crisi sociale della città di Roma

È stata resa nota, oggi (venerdì 19 luglio) la nuova lista degli sgomberi da eseguire nella città di Roma. La lista, che aggiorna quella già stilata in precedenza dalla Prefettura di Roma, specifica tempi e motivi con i quali gli stabili verranno riportati alla “legalità”. Si tratta di occupazioni sia abitative che sociali, tra le altre le occupazioni di Via delle Provincie e Via del Policlinico, Strike, il Nuovo Cinema Palazzo, Acrobax, Lucha y Siesta.

Questo cronoprogramma dovrebbe essere operativo a partire dalla prossima primavera, mentre vi sarebbero altre due occupazioni non contenute nella lista dei 23 da sgomberare immediatamente, quella di Via del Caravaggio e quella di Via Tempesta.

La lista è questa volta però arricchita anche da altri particolari: oltre l’elenco dei procedimenti giudiziari a carico delle occupazioni e in particolare i casi nei quali «la mancata esecuzione del decreto penale di sequestro è stata sanzionata in sede civile con sentenza di condanna al risarcimento del danno», viene presentato il dettaglio dei motivi relativi ai problemi di «salute» e «sicurezza pubblica» prodotti dalle occupazioni. Qui il quadro dipinto dal documento prefettizio è tanto raffazzonato quanto stereotipato: mentre per le occupazioni abitative vengono richiamati soprattutto problemi di inagibilità degli edifici, per quelle sociali si passa dal disturbo della quiete pubblica, allo spaccio, fino al fatto di avere «un ruolo propulsivo all’interno del circuito antagonista».

Ma ancora di più, la nuova lista arriva a pochi giorni di distanza dal blitz con il quale le forze di polizia hanno sgomberato l’occupazione di Cardinal Capranica lo scorso 15 luglio: oltre all’atto di forza della Questura, quello sgombero aveva messo in luce la totale impreparazione del Comune di Roma nel fornire un piano di sistemazione ai nuclei familiari. Le soluzioni adottate – tutte improvvisate, provvisorie ed emergenziali – erano state presentate solo dopo aver verificato che l’unico stabile di proprietà comunale messo a disposizione dal Patrimonio si trovava in una situazione di “inagibilità” (cosa che ha determinato questa mattina stessa, il trasferimento forzato del solerte Barletta, dirigente comunale protagonista di una lotta senza quartiere delle esperienze dell’autogestione romana).

Nonostante dunque gli ultimi accadimenti abbiano dimostrato l’inesistenza di un piano di intervento per gli sgomberati, la linea di rimozione forzata delle occupazioni voluta dal Ministro Salvini si è ora definitivamente imposta: Regione Lazio e Comune di Roma ratificano di fatto un documento pieno di approssimazioni e falsità sullo stato e sulle attività delle occupazioni, nel quale si riconosce come priorità assoluta ed inderogabile per le istituzioni pubbliche la liberazione degli spazi occupati per ragioni abitative o socio-culturali e la loro immediata riconsegna ai proprietari. Nel testo, solo in subordine si precisa che vista l’incapacità degli enti locali e della Regione di offrire risposte adeguate ai bisogni e di sopperire alla storica e strutturale insufficienza del Welfare pubblico, si concedono tempi più dilazionati «per predisporre i necessari interventi assistenziali in favore degli occupanti in condizione di fragilità».

In questo ribaltamento dell’ordine di priorità tra la difesa per mezzo della forza pubblica degli interessi dei proprietari privati e l’attivazione di un piano politico di risoluzione dell’immane crisi sociale che attanaglia la città di Roma, si può trovare il fallimento più completo delle politiche pubbliche e una messa in scacco della dialettica istituzionale. Il Ministro Salvini può finalmente procedere alla messa al bando degli spazi di autorganizzazione sociale e politica della città di Roma mettendo così in un angolo gli altri partner istituzionali spinti ad accettare la necessità degli sgomberi come una realtà incontrovertibile e lasciandosi così campo libero nel gestire le questioni sociali della metropoli romana con la logica politica del ripristino della legalità e dell’ordine pubblico.

Dal canto loro, dopo la grande manifestazione del 22 giugno e lo sgombero di Primavalle di lunedì scorso, le realtà dell’autogestione romana dovranno saper unire alla legittima difesa degli spazi sotto attacco, un piano di mobilitazione politica più ampio: se le occupazioni abitative e gli spazi sociali sono stati in questi anni espressioni dei nuovi bisogni sociali e le forme di Welfare autogestito e di cultura e socialità alternative che li animano sperimentazione di nuovi modi di abitare lo spazio urbano, il precipitare dell’”emergenza sgomberi” deve essere l’occasione per aprire uno spazio di tensione e di immaginazione attorno a un nuovo modello di città, contro quello fondato sulla difesa della rendita immobiliare.

È su questo stesso piano che la torsione autoritaria del progetto salviniano si presenterà presto o tardi per quello che è: una forma feroce di lotta di classe contro i poveri e i subalterni della città. È questo il campo dove testare nuove alleanze.

 

Foto di Daniele Napolitano