PRECARIETÀ

Le lotte nel mondo dell’università e della ricerca

Report del workshop sull’università dallo Strike Meeting atto II . Il workshop della mattinata di sabato 14 febbraio, tenutosi a Villa Mirafiori e dedicato all’università, ha visto la partecipazione di diverse figure del mondo della formazione.

La discussione, alla quale erano presenti diverse figure del mondo dell’università, tra cui studenti, dottorandi, ricercatori e alcuni professori di ruolo, è iniziata ponendo alcuni elementi di analisi riguardante la situazione che nei vari atenei italiani si è venuta a creare in questi primi anni di applicazione della riforma Gelmini.

Sin da subito, è stato evidente come nei vari interventi ci fosse una convergenza di vedute riguardo ad alcune tematiche, che negli anni post-riforma, sono state alla base delle retoriche che i vari governi di questo paese hanno utilizzato nei confronti dell’università e come, a partire da ciò, fosse necessario immaginare la definizione di meccanismi di disvelamento delle contraddizioni che vivono le diverse figure subalterne che animano la realtà universitaria.

A partire da questi elementi condivisi, è emersa quindi la necessità di definire alcuni ambiti di intervento specifici, nei quali costruire campagne comuni in grado di ricomporre l’intero tessuto sociale del mondo dell’università.

La prima tematica che è stata individuata in questo senso è stata quella del lavoro gratuito, che dopo l’approvazione della riforma Gelmini è diventato a tutti gli effetti elemento costitutivo dell’università italiana, sia per gli studenti che per le varie figure che compongono il mondo della ricerca.

In questo senso, si è espressa la volontà di far emergere come all’interno dei vari atenei, il normale funzionamento sia garantito da varie forme di sfruttamento, da un lato tramite l’obbligatorietà dei tirocini formativi che impongono agli studenti decine di ore di lavoro gratuito a vantaggio di aziende private (spesso le stesse sedute nei cda dell’università di appartenenza) e dall’altro dall’enorme mole di lavoro non retribuito svolta dai ricercatori costretti a 350 ore di docenza nell’arco di 12 mesi, oltre che a dover svolgere compiti di segreteria per il professore di turno, che nulla hanno a che vedere con le caratteristiche che la loro professione dovrebbe avere.

Nella costruzione di questa campagna sono stati individuati come passaggi fondamentali, in un primo tempo, i momenti comunicativi proposti dagli studenti milanesi contro Expo, quest’ultimo vero e proprio paradigma del lavoro gratuito in questa fase politica e, in un secondo momento, le mobilitazioni dei ricercatori che si articoleranno in una settimana di astensione dai propri ruoli extracurricolari (“una settimana senza di noi“).

Successivamente, la discussione ha provato ad analizzare le tematiche del merito e della valutazione. Questi due elementi, che per anni sono stati presentati, nelle varie retoriche governative, come unici possibili meccanismi capaci di abbattere le gerarchie baronali degli atenei e di garantire a tutti gli studenti pari opportunità, hanno dimostrato non solo di essere assolutamente inadeguati nei loro intenti, ma soprattutto di costituire un’efficace arma, del pensiero neoliberista in salsa italica, per giustificare l’esclusione sociale e il definanziamento dell’università e della ricerca pubblica e riproponendo, quindi, quella divisione tra università di serie A e serie B che già i movimenti studenteschi, del primo decennio degli anni duemila, aveva aspramente contrastato.

In questo senso è apparso, però, evidente come una mera opposizione frontale ai dispositivi valutativi potrebbe da sola non essere sufficiente a screditare questi modelli di gestione delle risorse destinate alla formazione.

E’ stata quindi espressa la necessità di provare a entrare nei meccanismi della valutazione provando a ribaltarli dal proprio interno, ridefinendo parametri valutativi realmente democratici, orizzontali e distanti da qualsiasi finalità di esclusione.

Contestualmente a questa opera di reimmaginazione di parametri valutativi scevri da implicazioni economiche e di profitto, ma che rispondano unicamente a criteri di validazione scientifica e di promozione della ricerca e del pensiero critico, si è sottolineata, durante la discussione, la necessità di mettere in atto pratiche di sabotaggio, a breve termine e a diversi livelli, dei vari dispositivi di valutazione presenti nei vari organi istituzionali, riguardanti l’università.Si è passati, quindi, a ragionare sulla creazione di una campagna che, da un lato generalizzi una pratica di invalidazione programmata dei questionari di valutazione dei corso di studi, somministrati dall’ANVUR, col fine di comprometterne la significatività statistica e dall’altro costruisca modelli riproducibili atti ad inflazionare gli indici bibliometrici, con i quali i vari baroni pongono sotto ricatto le diverse figure precarie che cercano di entrare ne mondo accademico.

Quanto detto fino ad ora necessita di un’immediata attivazione per questo invitiamo tutte le figure che compongono il mondo della formazione e della ricerca ad attraversare le giornate di mobilitazione proposte il giorno del workshop:

4 Marzo azioni dalle università contro Expo

28 Marzo azioni alle agenzie interinali nell’ambito della campagna no Expo