OPINIONI

La svolta della Nato e i suoi limiti

Il documento di Madrid mira a estendere l’area geografica di intervento della Nato verso l’Europa dell’Est e verso la Cina, ma le contraddizioni interne potrebbero smorzare l’ambizioso e letale programma

Innanzi tutto, non preoccupatevi per l’ambiente: Il documento NATO 2022 Strategic Concept è (come scritto in calce) “Printed on 100% recycled Paper”, non comporta deforestazione. Magari ci saranno altri effetti collaterali da produzione e uso di armi, smaltimento di cadaveri e macerie, ma che volete che sia.

L’introduzione al documento suona le campane proclamando che il nuovo Strategic Concept  garantirà la tenuta dell’alleanza per il futuro, farà fruttare i sacrifici delle forze armate impiegate e assicurerà libertà e democrazia ai popoli coinvolti, nuovo ordine mondiale per tutti gli altri.

L’aggressione russa all’Ucraina ha stravolto il quadro internazionale e la nuova Nato si propone three core tasks: difesa e deterrenza; prevenzione e gestione delle crisi; sicurezza cooperativa.

A tal fine – e per preservare la pace – servono le armi atomiche: «fin quando le armi atomiche esistono, la Nato resterà un’alleanza nucleare», beninteso con lo scopo di creare un ambiente sicuro per un mondo senza armi nucleari…Garantire la «resilienza nazionale e collettiva» – poteva mancare la “resilienza”? figuriamoci…– è la sintesi dei tre compiti fondamentali succitati, unitamente ai «valori condivisi», l’innovazione tecnologica finalizzata a frenare il cambiamento climatico, a favorire la pace universale, ecc.

Ma veniamo ai propositi chiave

1) difesa collettiva a 360 gradi (ovvero: Atlantico e Pacifico),

2) Il nucleo resta quello transatlantico, con I suoi valori  di libertà individuale, diritti umani e governo della legge,

3) la Nato è il foro consultivo e decisionale sulla base dell’art. 5 della mutua difesa,

4) I tre compiti chiave già richiamati sono complementari, vanno letti in un contesto difensivo e

5) vanno integrati, grazie all’immancabile individual and collective resilience and technological edge, con il buon governo, la lotta ai cambiamenti climatici, le agende Donne, Pace e Sicurezza, con l’aggiunta (evidentemente richiesta dai polacchi e dalla Corte suprema Usa…) della gender equality as a reflection of our values.

Veniamo alla ciccia:

6) «L’area euro-atlantica non sta in pace», la Federazione russa ha scatenato una guerra d’aggressione contro la sicurezza europea, la sovranità e integrità territoriale e ognuno di noi sta sotto attacco. «Le minacce che fronteggiamo sono globali e interconnesse», ovvero Ucraina e Taiwan.

7) Gli attori autoritari testano our resilience e sfruttano la nostra società aperta e la digitalizzazione per carpire informazioni e interferire con i processi democratici, sviluppano campagne di disinformazione e strumentalizzano le immigrazioni utilizzando malvagiamente spazio e cyberspazio. Vogliono minare le nostre norme e istituzioni multilaterali e promuovere modelli autoritari di governance.

8) La Federazione russa è il nemico n. 1: minaccia, sovverte, annette, ecc.  Vuole cambiare l’ordine internazionale, dominare l’Est, il Sud e il Nord del mondo, insidiare la libertà di navigazione anche nel Baltico, Mar Nero e Mediterraneo.

9) La NATO non cerca il confronto (sic!) e non minaccia la Federazione russa, si limita a difendersi ma, diversamente da prima, non vuole più considerare la Russia un partner.

Tre paragrafi (10, 11, 12) sono dedicati al “terrorismo” e ai relativi pericoli di destabilizzazione, anche in seguito ai mutamenti climatici, carestie, epidemie. Non sono mai qualificati, assente l’aggettivo islamic, altrove e altrimenti così ricorrente. Magari sono terroristi curdi…

13) Eccoci al dunque. La Cina, con le sue ambizioni e politiche intrusive, «sfida i nostri interessi, sicurezza e valori». Gli infami usano ogni mezzo politico, economico e militare per accrescere il loro peso nel mondo mediante strategie opache, operazioni cibernetiche e retoriche disinformanti puntando al controllo delle catene di approvvigionamento, delle materie prime strategiche e degli snodi del traffico commerciale, inducono dipendenza in altri paesi e sovvertono le regole dell’ordine internazionale. Soprattutto la loro integrazione con la Federazione russa è una minaccia per noi. Come ha poi riassunto Biden in conferenza stampa, la Russia è una minaccia diretta, la Cina una sfida sistemica (e i cinesi hanno replicato molto incazzati: vi faremo vedere noi..).

Per adesso (14) stiamo tranquilli, limitandoci a salvaguardare i nostri valori e interessi, soprattutto la libertà di navigazione (=non azzardatevi a toccare Taiwan e le isolette sparse nel Pacifico).

Giù le mani dal cyberspazio (15), dove malign actors cercano di degradare le nostre infrastrutture, estrarre informazioni, rubare software soggetto a proprietà intellettuale e sabotare attività militari.

Ci sono poi competitori strategici (16), soprattutto con occhi a mandorla, che investono in tecnologie volte a restringere il nostro accesso nello spazio danneggiando le nostre infrastrutture civili e militari.

Le nuove tecnologie diventano sempre più un campo di battaglia per la competizione globale (17), mentre lo smantellamento dei vecchi arsenali nucleari e chimico-batteriologici e il divieto di proliferazione sono stati disapplicati dai russi, violati apertamente da Iran e Corea del Nord, mentre la Cina si sta riarmando in modo assolutamente non trasparente.

Infine ci sta la rogna del cambiamento climatico (19), di cui interessano soltanto le ricadute sulle basi militari e l’operatività connessa. Il grande sottinteso è che il riscaldamento globale, sciogliendo i ghiacci dell’Artico, conferisce grandi vantaggi alla Russia, per l’estrazione di minerali, petrolio e gas e per l’apertura di una vantaggiosa rotta navigabile settentrionale completamente sotto controllo di Putin e successori.

Si apre a questo punto il capitolo degli interventi per fronteggiare i problemi prima elencati

Alla voce Deterrence and Defence (20-34) si suggerisce un sistema integrato di risposta nucleare, convenzionale e missilistica, sostenuto da adeguate capacità spaziali e cyber, la cui flessibilità (e resilience, ovvio) è garantita dalla disseminazione globale e dal controllo dei mari (premessa, come si vedrà, all’estensione dall’Atlantico agli Oceani indo-cinesi) e del campo informatico, in collaborazione con i privati e punendo i guastafeste, tipo Assange, che violano the principles of responsible use that reflect our democratic values and human rights.

I cyberattacchi sono equiparati alle aggressioni esplicite e ibride da cui tutelarsi con il famoso art. 5 (estensione molto grave!) e a tal fine si prevedono booster adeguati per incrementare the resilience of the space and cyber capabilities, da cui dipende la nostra sicurezza collettiva.

La resilience alle minacce militari e non ritorna ancora a proposito della tutela delle linee di rifornimento, soprattutto energetico, dei sistemi sanitari (=monopolio dei vaccini) e della continuità dei governi (indovinate che vuol dire, chiedetelo a Conte).

Importante, allora, la sinergia con altri attori di rilievo, per es. la Ue. La minaccia nucleare – da parte della Nato e soprattutto degli Usa – è la risorsa estrema e articolata, il cui potere di deterrenza richiede la disseminazione di basi ovunque (a latere viene infatti sviluppato un programma di implementazione dell’esistente, che concerne pure l’Italia). Senza trascurare adeguati investimenti per le misure (difensive, per carità) in campo chimico e biologico e radiologico.

Naturalmente il nostro obiettivo di fondo resta il controllo degli armamenti, il graduale disarmo, la non proliferazione e il dialogo. Dei terroristi (subdoli complici o burattini dei nemici globali, Federazione russa e Repubblica popolare cinese, va da sé e quindi non è messo nero su bianco) faremo terra bruciata.

Alla voce Crisis Prevention and Management (35-39) si esaltano le passate imprese, compreso lo sciagurato fallimento afghano, e si preconizzano interventi tempestivi e coordinati per prevenire le crisi connesse ai cambiamenti climatici, alla discontinuità nell’approvvigionamento di cibo e alle emergenze sanitarie.

L’interoperabilità militare verrà finalizzata anche al contrasto al terrorismo, con particolare riguardo ai partner più vulnerabili, anche fuori dall’area Nato (in our neighbourhood and beyond), garantendone la resilience a ogni malign interference destabilizzante.

A tal fine è auspicabile la collaborazione con le Nazioni Unite, la Ue, l’Osce e l’Unione africana – che così comincia a gravitare nell’area di influenza della Nato.

Si arriva così al terzo obiettivo, la Cooperative Security (41-49). Questo è il momento per suonare pifferi e trombe sul successo storico dell’allargamento della Nato, della politica dell’open door sintesi dei nostri fondamentali valori e degli interessi strategici della pace e stabilità euro-atlantica, su cui nessun estraneo (cioè Putin) deve osar metter bocca (no third party has a say in this process).

Dopo una breve storia di questa espansione verso l’est europeo (Ucraina esplicitamente menzionata), i Balcani e la Georgia dopo la caduta del Muro e l’elogio delle giuste aspirazioni all’indipendenza e sovranità di questi paesi, di cui occorre help strengthen their resilience against malign interference, si rileva (43) che l’Ue è una partner essenziale e unica della Nato», condividendo i medesimi valori e agendo in modo complementare per la pace e sicurezza internazionale e dei comuni interessi sul piano di military mobility, resilience, the impact of climate change on security, emerging and disruptive technologies, human security, the Women, Peace and Security agenda, as well as countering cyber and hybrid threats, rispetto anche alla sfida cinese. Ovviamente mettendo più soldi nelle spese militari (almeno il 2% dl bilancio) e omogeneizzando i sistemi d’arma.

Il punto 45 specifica le aree nuove di importanza strategica, dove occorre incoraggiare la solita resilience against malign third-party interference and coercion: i Balcani occidentali, il Mar Nero, il Medio Oriente, il Nordafrica e il Sahel, tenendo ben conto delle conseguenze del cambiamento climatico, che si cercherà, sì, di contrastare riducendo le emissioni di gas serra e investendo nella transizione verde, ma soprattutto ensuring  military effectiveness and a credible deterrence and defence posture, cioè spedendo armi e istruttori. Ma il terreno decisivo per la sicurezza Nato è l’area indo-pacifica, dove bisogna appoggiarsi sui vecchi partner e procurarsene di nuovi – isolando, insomma, la malefica Cina e bloccando i progetti connessi alla Via della Seta.

Chiudiamo con un breve commento al documento qui sommariamente esposto e che, beninteso, va inserito nelle vicende ucraine e nel massiccio sostegno militare e finanziario di Usa, Nato e Ue all’Ucraina nella guerra per procura contro la Russia ­ –  che pure è responsabile dell’invasione e, per la stoltezza del suo gruppo dirigente, ha favorito oggettivamente l’allargamento della Nato.

Il documento Nato è molto pericoloso nei suoi propositi e naturalmente alla luce di quello che stanno combinando in Ucraina. Tuttavia la forza e la compattezza dell’organizzazione sono modeste, come dimostra la relativa fiacchezza della presa di posizione anticinese del documento rispetto alle dichiarazioni orali di Biden e Stoltenberg.

Inoltre si stanno indebolendo tutti i principali protagonisti: Biden si avvia verso una disfatta elettorale di mid-term, Johnson gioca al rialzo per dilazionare la propria caduta, Macron è in gravi difficoltà interne e su posizioni di dissenso rispetto a Sleepy Joe e Bo-Jo, il gruppo dirigente europeo non è certo allineato con l’oltranzismo baltico-polacco, i supplichevoli governi di Svezia e Finlandia sono tenuti ancora sulla corda da  Erdoğan, che si è ricordato di dover far approvare al suo Parlamento la promessa di lasciar entrare quei paesi nella Nato (mica è un’autocrazia come l’Italia di Draghi, dove alle Camere è impedito di discutere la politica estera).

Non è detto che la “Ombre rosse” turca abbia più successo di quella italiana a Parigi, mentre il vergognoso via libera ottenuto dalla Nato non garantisce affatto che l’invasione del Rojava fili liscia, non solo per la prevedibile resistenza curda e la riluttanza dei coinvolti Iraq e Siria, ma soprattutto perché è un’occasione troppo ghiotta per la Russia di intromettersi nei piani della Nato e subentrare agli Usa nel ruolo di arbitro in MO.

Neppure a Israele sta bene un’egemonia turca nella regione e nel “grande gioco” asiatico i curdi non sono forse del tutto isolati.

Come mostra la foto, Draghi non è stato proprio il protagonista dell’accoppiata G7 e Nato ed è dovuto tornare precipitosamente a Roma per risolvere il pasticcio delle sue incaute conversazioni con Grillo e tamponare una crisi di governo forse soltanto rinviata all’autunno.

Quando, peraltro, la situazione ucraina si sarà ingarbugliata e l’evidenza del fallimento delle sanzioni e della pesantezza delle ricadute economiche per l’Occidente sarà ancora più netta.

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