OPINIONI

Il mutualismo militante e l’uscita dall’Impero

Mai come in questi giorni di guerra è difficile scherarsi e trovare posizionamenti privi di contraddizioni interne. La giusta contrarietà all’aggressione di Putin e alla politica di lungo corso della Nato rischia di essere fuori fuoco. Apriamo il dibattito

Per quanto ci sia una polarizzazione interna alla Ucraina fra nazionalismo europeista e nazionalismo russo, che dura e cresce da anni, ciò non spiega il punto politico sul conflitto contemporaneo. Non lo spiega perché questo conflitto passerà alla storia per aver sancito la fine del bipolarismo e l’ufficializzazione del multipolarismo.

Lo dice la solidarietà dei paesi limitrofi come Polonia, paesi baltici, Romania, Moldavia. La narrativa dominante e credo anche operativa nella soggettivazione politica di questi popoli è la difesa dei diritti civili e la voglia di democrazia contro il dispotismo autocrate e omofobo di Putin. E questo crea un asse internazionalista fra i movimenti di solidarietà e mutuo aiuto alla resistenza ucraina e attivistə che stanno riempiendo le piazze e subendo una repressione inaudita a Mosca e San Pietroburgo.

I popoli oppressi come l’Ucraina stanno morendo in nome di una idea di democrazia che non è in grado di difenderli, che non è più in grado di prevenire da sola, con la propria ingerenza economica e diplomatica, la minaccia dell’atomica.


Questo credo sia il dato più significativo: c’è un blocco che ha affilato l’arma della repressione e dell’autoritarismo e del populismo suprematista bianco che non ha più paura di affermarsi e mettere in discussione i principi democratici e una cultura basata sui diritti civili.

E questo lo affermo perché non ascolto i vecchi comunisti della sinistra europea, ma i giovani attivisti antifa e anarchici e comunardi che stanno in Ucraina, Polonia, Romania, paesi baltici, Turchia e in Russia [cfr.link in fondo al testo].

Questa avanzata, anche militare da parte del regime di Putin in Ucraina, è un segno della crisi dell’occidente. L’occidente è in decomposizione geopolitica. La Nato è in ritirata geostrategica. Partirei da questa considerazione per capire cosa sta succedendo.

Di fatto l’Europa si sta dimostrando in difesa e impotente di fronte alle azioni criminali di Putin. Sta a guardare inerme il massacro in Ucraina, esprimendo con le sanzioni la propria contrarietà, ma senza sedere ai tavoli negoziali perché di fatto sbeffeggiata da Putin.

L’Europa è immobilizzata, giustamente non interventista e pacifista per il terrore di aprire un conflitto atomico. Terrore che Putin non ha. Sbaglia chi pensa che questa crisi la stia vincendo un Europa più unita politicamente e energicamente autonoma, forte delle sanzioni e della sua inattaccabile morale. L’Europa si sta unendo in questa crisi, si stanno rafforzando i legami interni, ma non sta esprimendo forza, ma come al solito ipocrisia.

L’Europa si sente più unita come si sentono più unite le persone terrorizzate e abbracciate in un bunker sotto le bombe…È una coesione dettata dalla paura non da una visione. La Nato è inerme da un punto di vista diplomatico, perché sa che se c’è qualcuno che può mediare e che ha l’autorevolezza di contare sulla geopolitica mondiale senza combattere, non è più lei. Questo è un altro dato di fatto: Europa e Stati Uniti hanno perso il ruolo di essere gli arbitri dell’equilibrio mondiale.

Non basta più mandare un po’ di marines sotto copertura come hanno fatto con successo in mezzo Sudamerica. Se vogliono sedersi al tavolo devono dimostrare di avere il coraggio di combattere con l’atomica. Per questo non si siedono ma perdono anche il diritto di parola. L’unica che potrebbe avere questo ruolo è forse la Cina.

Per questo motivo credo che la contrapposizione, da nostalgici della guerra fredda, fra Nato e Russia, né con la Nato né con Putin… sia, tutto sommato sempre giusta, ma fuori fuoco.

La verità è che dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione sovietica, la Russia si è trasformata in una finta democrazia liberticida, autoritaria e omofoba e che l’allargamento a est dell’Europa è avvenuto prima di tutto per una sincera voglia delle popolazioni di avere diritti civili e governi democratici. Il soft power o le ingerenze occidentali perché questo avvenisse ci sono state ma sono in secondo piano e all’interno di un quadro geopolitico in cui la Nato ha perso terreno ovunque.

Con questo non voglio difendere la Nato, ovviamente. Anzi la abbiamo quasi sempre criticata duramente, basti pensare alle guerre di esportazione della democrazia in Iraq e in Afghanistan di Bush. Ma rendiamoci anche conto che sono state un fallimento. E credo siano militarmente fallite perché erano già ultimi gesti inconsulti all’interno di un occidente che da più decadi sta perdendo ed è in declino sulla scacchiera globale. Putin sta avanzando, perché sa che la Cina sta avanzando, il mondo arabo sta avanzando e perché sa che l’Occidente è in crisi terminale, rispetto alle sue rendite di posizione.

Noi dovremmo essere contenti che la Nato è debole e che questo Occidente sia in decomposizione, perché non c’è mai piaciuta la Nato e questo tipo di Occidente. Ma dovremmo essere altrettanto arrabbiati che Putin sia un dittatore ammazza intellettuali e omosessuali e massacratore di genti in Siria, Cecenia e Ucraina.

Però, se così stanno le cose, dovremmo essere anche molto consapevoli che c’è da riempire un vuoto e un disastro molto consistente. Non c’è bisogno di attaccare la Nato o di riabilitare la Nato… ci pensano già Salvini, Trump, Bannon e la Brexit… c’è bisogno e l’urgenza di avere delle idee molto alla svelta su cosa viene dopo e al posto della Nato e dell’Occidente.

Perché se queste idee non ci vengono alla svelta e perdiamo tempo ad abbaiare bavosi contro la Nato c’è sempre più il rischio che nel frattempo Putin o qualche nazionalista al posto suo ci levi anche quei pochi diritti civili e principi democratici che ancora abbiamo il privilegio di praticare.


A ben vedere gli unici progetti alternativi e cresciuti nelle pieghe della globalizzaizone e della crisi dell’occidente in quanto impero, sono stati l’Ezln e il confederalismo Kurdo. Sono gli unici esperimenti con cui si è cercato di creare contro-egemonia anche militare da una prospettiva indigena (non occidentale) e allo stesso tempo sviluppare ulteriormente la cultura dei diritti civili, del femminismo, del interdipendeza fra umani e risorse naturali e della democrazia diretta.

C’è bisogno al più presto di un progetto politico europeo che si affermi sullo stesso piano: come baluardo democratico, dei diritti civili ma che sia anche in grado di essere molto radicale su ecologia, reddito e post-colonialismo.

Se l’Europa non sarà radicalmente green e radicalmente ospitale nelle politiche migratorie non riuscirà a difendere i diritti democratici e civili, e sarà politicamente spazzata via dai nazionalismi. Uso la parola radicale volutamente, perché soffro della contropposizione che si è venuta a creare negli ultimi anni fra diritti civili e diritti sociali. Penso che questa contrapposizione sia falsa e un prodotto del washing liberal.

Se prendiamo sul serio, in modo appunto radicale, l’antipatriarcato, l’ecologia e la decolonizzazione arriviamo ben presto a parlare di reddito, scuola, salute, salario minimo, diritto alla casa e costi della bolletta del gas.


La rappresentanza partitica europea è in evidente ritardo nel cogliere questa agenda, ad eccezione della classe politica cresciuta nelle fila di Podemos in Spagna, nelle esperienze municipaliste come Barcelona en Comun e ora Možemo in Zagabria, o parte della discussione in atto nei Verdi Europei. Come dicevo all’inizio di questo intervento gli unici a custodire l’agenda anticapitalistica, antipatriarcale, decoloniale ed ecologista sono i movimenti sociali.

Quegli stessi movimenti sociali che stanno portando aiuti umanitari ai profughə prima sirianə, afganə, sub saharianə, ora ucrainə, e anarchicə e antifascistə ucrainə che stanno sparando contro Putin e attivistə russə che si stanno facendo arrestare nelle strade di Mosca e San Pietroburgo. È questa alleanza che i media e i partiti europei dovrebbero ascoltare e da cui dovrebbero imparare per impostare una visione di Europa in un mondo multipolare.


Infine c’è una questione geopolitica mondiale. Abbiamo iniziato questo intervento col sancire la fine del bipolarismo e la ufficializzazione del multipolarismo. Abbiamo poi detto che l’Europa ha un futuro se riesce a rifondarsi su un’idea radicalmente post-coloniale ed ecologica.


E abbiamo detto che se non vogliamo soccombere sotto le minacce nazionaliste russe dobbiamo dare una visione alternativa a ciò che prenderà il posto del vuoto che sta lasciando la Nato. Per fare questo c’è da guardare all’Africa e al Sud America in un modo del tutto nuovo. A cominciare da ciò che sta succedendo in Cile e all’alleanza fra prospettiva indigena, giustizia sociale e ecologia del nuovo presidente Boric, dalle sorti post-Bolsonaro del Brasile, e dall’enorme energia che sta esprimendo la nuova generazione di Africanə.

Collegamenti utili

Operation Solidarity

War in Ukraine: Ten lessons from Syria

Infohelp

Host a Sister

War and Anarchists: Anti-Authoritarian Perspectives in Ukraine

Cultural Workers Against War

Ukrainian Artists Speak Out as Invasion Intensifies

Lettere aperte dalla Russia

La posizione dell’Ezln

Gli altri interventi usciti su DINAMOpress

Critica e diserzione di Francesco Raparelli

Il nuovo scontro di civiltà di Ida Dominijanni

Di cosa parliamo quando parliamo di politica? di Augusto Illuminati

Nella crepa del mondo di Francesco Raparelli

Tutte le immagini dal canale Telegram Б.А.-дискуссия

Immagine di copertina da Wikipedia