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La psiche interrotta

Che cosa hanno in comune due discipline come parapsicologia e psicoanalisi, nate entrambe a cavallo tra Otto e Novecento eppure lontanissime tra loro? La capacità di creare forme a distanza cioè la loro teleplastia, attraverso la quale secondo Silvia Vizzardelli – che dedica a questo concetto il suo ultimo saggio – è possibile articolare un’idea diversa di causalità psichica

Il bellissimo saggio, da pochi giorni nelle librerie, di Silvia Vizzardelli, Teleplastia. Saggio sulla psiche interrotta (Orthotes, 2021), prende l’abbrivio da una constatazione: a cavallo tra Otto- e Novecento nascono e si affermano simultaneamente due nuove discipline, diversissime ma accomunate da un medesimo morfema (psico): la parapsicologia e la psicoanalisi.

Lo sforzo di Freud di installare saldamente la nascente psicoanalisi, al fianco delle scienze ortodosse e a prudente distanza dalla cosiddetta ricerca psichica su occultismo, telecinesi, telepatia, ecc., non ha permesso finora di cogliere il terreno comune e le affinità teoriche tra questi due mondi.

Vizzardelli ci mostra, nel suo saggio, questo terreno e riesce a circoscriverlo in una delle imprese più originali e rischiose della ricerca filosofica applicata allo psichismo degli ultimi anni. A puntellare con grande efficacia i suoi argomenti, l’autrice riprende termini e concetti del vocabolario neuro-biologico (innervazione, irrorazione, metabolismo, anestesie, intorpidimento sensoriale, poiesi, ecc.) in modo inaudito, fecondo e convincente anche per un neuroscienziato.

Di quali argomenti si tratta? In corrispondenza di molteplici binomi costruiti dalla riflessione classica logocentrica: conscio/inconscio, psichico/somatico, parlante/linguaggio, pensiero/prassi, immaginazione/immagini, organico/inorganico, vita/morte, parola orale/parola scritta, ma anche analista/analizzante e psicoanalisi/parapsicologia, possiamo rintracciare un livello di solida co-implicazione basata tuttavia sul non-rapporto, sulla separatezza, sul legame a-causale e sull’ azione a distanza di trascinamento reciproco.

Alcune pagine illuminanti, a metà circa del saggio, sono dedicate al commento del pensiero di Marshall McLuhan, a partire dalla citazione di una frase di Robert Browning: «La portata dell’uomo deve andare oltre la sua presa», a significare la perdita di padronanza che l’uomo sperimenta sul proprio dire e agire e contemporaneamente l’opportunità che tale perdita comporta.

Seguendo il pensiero di Freud (di cui commenta con grande lucidità ed efficacia alcuni dei saggi meno noti e più problematici) e di Lacan (al cui pensiero dedica la seconda parte del saggio), Vizzardelli procede decostruendo i binomi del pensiero classico, senza ricondurli tuttavia a unità ma, con Spinoza e Derrida, trasponendo le opposizioni in differenze: la lettura di Al di là del principio di piacere (1920) di Freud alla luce di La vie la mort di Deridda (ciclo di lezioni tenute tra il 1975-76) inaugura una interpretazione nuova della pulsione di morte che condanna al paradosso quello strano vivente che è l’uomo, con conseguenze verosimilmente durature nel pensiero dei prossimi anni.

La cifra del libro è senza dubbio il concetto di discontinuità: il pensiero scrive sempre più di una partitura, lascia tracce su più fogli, in assenza di corrispondenze punto a punto tra le sue scritture, tuttavia simultaneamente, tesse legami necessari. Da qui, il tentativo di superare il nesso causale e deterministico delle serie a vantaggio di quello emergentista e libero del parallelismo.

L’azione a distanza dell’entanglement, fenomeno quantistico di relazione e corrispondenza persistenti tra particelle ormai separate, viene evocata più volte per render conto di tale strano annodamento senza contatto che caratterizza la relazione a-causale e senza rapporto tra, per esempio, attività cosciente e inconscia. Non è certo la prima volta che un concetto della fisica quantistica viene utilizzato per descrivere le stranezze della vita mentale e qualcuno potrebbe quindi essere sorpreso di non trovare alcuna traccia nel saggio di Vizzardelli di riferimenti alla idea della sincronicità che Jung sviluppò nel suo testo La sincronicità come principio dei nessi acausali (1952). Come noto, Jung riprese il tema della sincronicità (principio di parallelismo senza nesso causale tra un certo evento psichico e un certo accadimento esterno sincrono) direttamente dalla teoria atomica di Wolfgang Ernst Pauli, che gli procurò il premio Nobel nel 1945. A partire dal 1932, Pauli fu dapprima paziente e poi amico di Jung, come testimoniato da un ricco epistolario tra i due. Nonostante le vaghe risonanze con l’idea di relazione senza-rapporto sviluppata in Teleplastia, Jung punta con la sua idea di sincronicità alla ricomposizione delle discontinuità del mondo, evidenziando nessi causali occulti anche dove essi non appaiono; il saggio di Vizzardelli, al contrario, smonta la causa a vantaggio di un pensiero selvaggio della discontinuità, dell’intervallo insaturabile.