EUROPA

La Cecenia e la guerra contro la comunità LGBT

Si rincorrono notizie di arresti di massa, torture e omicidi di persone LGBT in Cecenia: quali sono le ragioni di questa nuova ondata di repressione e quali gli effetti sull’intera regione?

L’11 gennaio 2019, il giornale russo Novaya Gazeta ha diffuso la notizia di una nuova ondata di arresti nella comunità LGBT cecena. Tre giorni dopo, il Russian LGBT Network ha postato «Nuova ondata di persecuzioni contro le persone LGBT in Cecenia: circa 40 incarcerate, almeno due uccise».

In attesa di ulteriori sviluppi della vicenda, vale la pena esaminare le ragioni dietro la nuova purga ed analizzare il tipo di tendenza che questa tragedia potrebbe portare nella regione Euroasiatica.

 

Premesse

Se si prova a digitare “Cecenia” nella casella di ricerca di Google, i primi suggerimenti che vengono fuori sono “Guerra cecena”, “violenza in Cecenia” e “leader ceceni”. Purtroppo, queste parole inquadrano abbastanza bene questa regione montuosa situata migliaia di kilometri a sud di Mosca.

Dopo un decennio nei ’90 attraversato da due devastanti conflitti fra le forze cecene e l’esercito federale russo, la Cecenia è scomparsa dai titoli dei giornali globali ed è finita sotto il controllo del suo leader Ramzan Kadyrov. Nel decennio successivo, Kadyrov si è trasformato da un ragazzo timido in abbigliamento sportivo in uno spietato dittatore di provincia che gode di un’amicizia particolare con il presidente Vladimir Putin in persona. Kadyrov non ha perso tempo nel trasformare la violenza arbitraria in Cecenia e dintorni in una pratica consolidata.

«Qui non c’è nessun gay!», esclama Ramzan Kadyrov in una intervista all’HBO, aggiungendo che se alcuni venissero rintracciati, il Canada potrebbe accoglierli per «purificare il nostro sangue». 

Immagine via YouTube/NSBC

All’inizio del 2017, gli occhi del mondo si spostarono su Kadyrov, cominciando a definire la Cecenia un focolaio di gravi atrocità contro la comunità LGBT. In quel periodo vennero fuori terrificanti storie di detenzioni di massa, torture e assassinii, seguiti da una fuga di massa della comunità LGBT e da indignazione internazionale. Centinaia di articoli sui giornali, dozzine di dichiarazioni di preoccupazione e due anni dopo, gli arresti di massa, le torture e gli assassinii sono ricominciati.

 

C’è una nuova crisi in Cecenia?

Con il crescente numero di notizie di attacchi che riescono a raggiungere i media, in tanti si domandano se la Cecenia sia nel mezzo di una seconda crisi LGBT. Ma la reporter della Novaya Gazeta Elena Milashina riferisce che la prima crisi non si è mai conclusa.

«Non c’è niente che possa realmente indicare che la crisi del 2017 abbia visto fine», dichiara Milashina. «C’è stata una prima ondata e ci sono state tante persone incarcerate e torturate. Nel corso degli ultimi due anni gli attacchi sono continuati, è solo diminuito il numero di persone che ne erano colpite. Nessuno ha cancellato l’ordine della “pulizia dei gay”».

Un portavoce del Russian LGBT Network ha confermato che gli arresti hanno avuto luogo per tutto il biennio 2017-2018: «Ci sono casi di arresti di persone LGBT in Cecenia risalenti a settembre 2018. Di conseguenza non possiamo dire che gli arresti siano cominciati per una seconda ondata dopo la fine della prima, perché non si sono mai fermati. Ciò che però possiamo confermare è che le autorità cecene hanno avviato di nuovo una campagna di arresti di massa».

 

Perché e cosa sta succedendo?

Stando alle notizie, la seconda ondata di arresti di massa è cominciata perché le autorità cecene hanno incarcerato un uomo che gestiva una pagina social su VK [un social network russo, ndt] per gli LGBT ceceni e quindi aveva molti contatti nella comunità.

Milashina, che ha lavorato come giornalista sulla crisi LGBT in Cecenia, dice che la cosa peggiore è che dopo la prima ondata di arresti di massa nel 2017 molte persone «non hanno preso seriamente la situazione» e «non hanno preso precauzioni di sicurezza».

Alcuni di quelli che sono riusciti a scappare dichiarano che questa volta pare ci siano più casi di omicidio e un numero maggiore di donne coinvolte.

Avere una conferma dei fatti è difficile. Come dice Milashina, «la Cecenia è una regione chiusa, è come la Corea del Nord». Le autorità cecene sono note per aver vessato, torturato ed ucciso altri gruppi nella popolazione, come persone falsamente accusate di terrorismo. In questi casi, le famiglie delle vittime aiutano i giornalisti e i lavoratori della società civile verificano e provano a far luce sui fatti. Nel caso della comunità LGBT, l’omofoba società cecena resta silente.

La polizia cecena gode di carta bianca e dell’assenza di controllo sul suo operato da parte delle più alte autorità. Questo significa che quando una persona LGBT viene arrestata, gli scenari di quello che accadrà in seguito possono variare in base alla possibilità che questa persona possa pagare una tangente o se la sua famiglia ha contatti con il governo. Alcune persone vengono torturate e poi rilasciate; altre vengono rilasciate alle loro famiglie e in seguito le autorità obbligano le famiglie stesse ad ucciderle; in altri casi alcune persone riescono a fuggire dalla Cecenia dopo il rilascio. Le vittime di sesso femminile hanno maggiori possibilità di essere assassinate, dice Milashina, perché la vita delle donne vale di meno in Cecenia. Le famiglie, complici in questi crimini, restano in silenzio.

Un portavoce del Russian LGBT Network dichiara che non tutte le vittime arrestate al momento sono ancora state rilasciate e che gli arresti continuano. Il Network sta lavorando per trasferire le persone, ma continua a ricevere molte richieste di trasferimento. Due anni fa (nel 2017) gli arresti di massa sono iniziati a gennaio, mentre le prime richieste di trasferimento sono arrivate ad aprile, quindi il Network si aspetta che arrivino ulteriori richieste.

 

Cosa può fermare le aggressioni?

Mentre il lavoro sui trasferimenti procede, non ci si può non chiedere perché, nonostante l’indignazione mondiale, gli arresti non solo non si siano fermati ma anzi si siano intensificati. Molti incolpano la mancanza dell’obbligo di rendere conto delle proprie azioni da parte della Cecenia, in relazione alle autorità federali in Russia, ma prima ancora incolpano la comunità globale.

Il problema con la richiesta di spiegazioni è che molte persone che hanno subito esperienze traumatiche non desiderano testimoniare pubblicamente contro i loro torturatori. Maxim Lupunov, un uomo di etnia russa, continua a ricevere minacce dopo aver reso pubblica la sua esperienza durata 12 giorni nel 2017. Le vittime cecene sono spaventate ed essere additati come “pervertiti” in una società profondamente omofoba non è neanche lontanamente preoccupante come il vedere la propria famiglia eliminata dalla polizia.

Gruppi della società civile russa e giornalisti hanno richiesto che la Commissione Federale Investigativa Russa investigasse su questi crimini e il LGBT Network al momento sta preparando un’altra istanza con nuovi nomi.

«Stiamo per presentare una nuova istanza alla Commissione Investigativa citando i nomi delle persone della cui morte siamo stati informati e di cui abbiamo potuto verificare il caso», dichiara un portavoce del LGBT Network. «Abbiamo già presentato questo tipo di istanze in precedenza. La nostra richiesta è che venga esaminata dalla Commissione Investigativa Federale, non dalla polizia cecena. Ma di solito, come nel caso di Maxim Lupunov, è la polizia cecena ad investigare sulle atrocità commesse dalla polizia cecena».

Il 31 gennaio la polizia cecena ha provato ad arrestare l’avvocato Alexander Karavayev dopo che è entrato in una stazione di polizia a Grozny alla ricerca di un cliente. Karavayev rappresenta Bekhan Yusupov, un omosessuale ceceno rientrato in Cecenia a dicembre 2018 dopo aver ricevuto asilo in Francia e che è stato arrestato dalla polizia al suo arrivo.

 

Il “Meccanismo di Mosca” ha aiutato o ha causato l’intensificarsi delle aggressioni?

A livello internazionale, il maggior successo in termini di difesa contro la crisi LGBT è stato attribuito al “Meccanismo di Mosca” della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Questo meccanismo fu introdotto nel 1991, per essere usato in caso di gravi violazioni contro i diritti umani e «prevede l’opzione di inviare missioni di esperti per assistere gli Stati membri nel risolvere particolari questioni o problemi». Precedentemente il Meccanismo è stato usato raramente e, fino alla Cecenia, mai contro la Federazione Russa.

Durante lo scorso anno, gli Stati dell’OSCE hanno rivolto molte domande alla Russia, la quale non è stata in grado di rispondere. Il professore Austriaco Wolfgang Benedek è stato nominato relatore e nel dicembre del 2018 ha pubblicato un dettagliato resoconto della crisi cecena. Quando è cominciata la seconda ondata a gennaio del 2019, alcune teorie vociferavano sul fatto che fosse stato il Meccanismo di Mosca a scatenarle.

Un portavoce del LGBT Network pone l’attenzione sul fatto che ci sono conferme degli arresti di massa all’inizio di dicembre 2018, quindi prima che il resoconto dell’OSCE venisse pubblicato. Milashina rivela che il report è prima di tutto una documentazione legale delle torture e degli omicidi extragiudiziari in Cecenia.

«Questo resoconto inoltre fornisce delle raccomandazioni alla Cecenia (e quindi conferma che la Cecenia non è come il resto della Russia), alla Russia ma anche agli Stati europei. Ora è tempo che quegli Stati europei seguano queste raccomandazioni», dichiara Milashina.

L’LGBT Network aggiunge che stavano pianificando il coinvolgimento della Commissione Contro la Tortura delle Nazioni Unite inviando informazioni sui casi di gravi violazioni dei diritti e sulla tortura, ma il loro lavoro è stato bloccato a causa della nuova crisi.

 

Quello che succede in Cecenia resta in Cecenia?

Nonostante tutte le difese e i resoconti, la Cecenia resta una regione chiusa, il che rende difficoltosa una analisi indipendente sulla crisi. Senza informatori è praticamente impossibile scattare una foto precisa di quello che sta succedendo dentro le forze di polizia cecene, e non solo per quanto riguarda la crisi LGBT.

Chi può farsi avanti in Cecenia? Milashina dichiara che ci sono stati casi di rappresentanti delle forze di polizia cecene che sono fuggiti chiedendo asilo in Europa perché non volevano prendere parte a crimini contro l’umanità. Ma le attuali procedure europee per la richiesta di asilo sono standardizzate e non danno troppa attenzione ai rifugiati ceceni. Secondo Milashina, molti di questi richiedenti asilo sono stati respinti e rimandati in Russia. Queste persone avrebbero potuto aiutare a puntare un faro sulla situazione in Cecenia, dice Milashina, ma «chi direbbe qualcosa sapendo di non essere protetto?».

E mentre le notizie sulla violazione dei diritti umani spesso non riescono ad uscire dalla regione, l’assenza di richieste di spiegazioni può portare a una escalation di violenza contro la comunità LGBT.

Nel 2017, seguendo l’esempio della Cecenia, l’Azerbaigian ha dato inizio a una serie di arresti di massa nella comunità LGBT, e il Tagikistan ha creato un registro delle persone LGBT.

«Un cattivo esempio è contagioso», dichiara il portavoce dell’LGBT Network, aggiungendo che alle autorità cecene andrebbe chiesto conto del loro operato, altrimenti altre crisi di quel tipo potrebbero verificarsi.

 

Articolo apparso su opendemocracy

Traduzione italiana di Simona de Gennaro per DINAMOpress