ITALIA

La battaglia sul corpo di Pamela Mastropietro

La morte di Pamela Mastropietro è stata strumentalizzata nei peggiori modi possibili, dall’attentatore fascista Luca Traini, ai vari Salvini, Meloni, Forza Nuova e Casa Pound. Anche la stampa italiana ha mostrato il lato più voyeuristico di sé, “dimenticando” le vittime di Macerata, e raccontando morbosamente dettagli della vita del “personaggio” di Pamela.

È apparso ieri sul Corriere della Sera un articolo firmato Fabrizio Caccia che offre una sintesi strepitosa dell’immaginario che domina la narrazione mediatica della violenza sulle donne. È quello che nelle redazioni chiamano “pezzo di colore”. Con toni da melodramma, racconta di un uomo in tuta da meccanico, un “francescano” che lavora un campo dove già spuntano le mimose. Quest’uomo, suggerisce l’articolo, avrebbe potuto cambiare il destino di Pamela Mastropietro.

Lui, probabilmente un uomo bianco, italiano avrebbe potuto salvare la ragazza. Avrebbe potuto impedire che qualcuno, un nero, un immigrato, secondo la ricostruzione dei media basata sulle indagini in corso, facessi a pezzi il suo corpo. L’uomo racconta di aver pagato Pamela cinquanta euro per fare sesso. Poi, lui che avrebbe potuto salvarla l’ha accompagnata alla stazione e ora, scrive Caccia, vive nel dolore.

Non ci sono certezze sulla morte di Pamela. Sembra sia morta di overdose. Sappiamo però che il suo corpo è stato fatto a pezzi e abbandonato. Sappiamo che è diventato campo di battaglia politica, usato a scopo di propaganda elettorale per alimentare sentimenti, azioni e violenza razzista.

È in questo clima tossico il Corriere fa la sua parte, alimenta il mito degli uomini bianchi chiamati a salvare donne bianche dalla violenza di uomini neri venuti da oltre confine. Tutto questo mentre, lo dicono i dati Istat, gli uomini che in Italia commettono violenza sono compagni, mariti e parenti.

Qualche giorno fa oltre 100 giornaliste italiane hanno firmato un appello contro le molestie e la violenza maschile a sostegno delle attrici di Dissenso comune. Le giornaliste si dicono pronte a usare il “lavoro di informazione e di inchiesta” per agire “contro le discriminazioni che si perpetuano nel modello sociale maschile”. A loro chiediamo di prendere parola contro l’abuso del corpo di Pamela sui media italiani, a partire dalle pagine del Corsera che raccontano favole di salvatori mancati.
A loro chiediamo non più solo parole ma gesti forti. L’8 marzo il movimento Non Una di Meno invita le giornaliste alle sciopero.
#wetoogether #2018M #nonunadimeno

*Tratto dalla pagina facebook Non una di meno Roma

*Foto tratta da Pasionaria.it