TERRITORI

I notav, la sinistra e la ribellione giusta

Riflessioni dopo la manifestazione in Val Susa di sabato 23

La manifestazione notav di sabato ha avuto un grande risalto nei media nazionali. La notizia degna di nota è stata che più della metà dei parlamentari grillini hanno partecipato alla manifestazione.

Segnalo due cose.

Ai parlamentari del M5S si sono uniti quelli di Sel. So che alcuni parlamentari sono convintamente contrari alla Tav, ma è evidente che Sel (ma neanche Rivoluzione civile), non ne ha fatto una questione centrale, consapevole che sarebbe stato un nodo spinoso nella relazione con il PD. Vendola in campagna elettorale ha preferito relegare il tema dentro una delle sue frasi arzigogolate per confezionare una posizione ambigua. Non dico che Vendola sia per la Tav, voglio essere chiaro. Dico che non ne ha fatto una battaglia epocale quale è. Grillo sì. Grillo è stato chiaro e netto come è sempre. La sinistra è stata contorta e cedevole, come è da un po’.

La seconda questione.

I notav sono una straordinaria esperienza di democrazia, costruzione di comunità e conflitto sociale innovativo. Ma solo il gossip politico – i cinque stelle al corteo – ha stuzzicato i mezzi di di informazione tradizionali.

Uso questo spazio per raccontare che invece sabato c’è stata una partecipazione piú importante alla mobilitazione del 23 marzo, di cui non leggerete nei giornali.

Il 22 marzo sono state annullate tutte le misure cautelari ai 52 notav inquisiti da Giancarlo Caselli per la manifestazione del 3 luglio del 2011. Così hanno potuto partecipare al corteo, dopo mesi di limitazione della loro libertà. Questa non è solo una notizia, ma una bomba simbolica.

Nell’estate del 2011, migliaia di persone hanno assediato il cantiere della Torino-Lione dopo che qualche settimana prima la polizia aveva sgomberato l’insediamento costruito dai valsusini proprio in corrispondenza del cantiere: la libera repubblica della Maddalena.

Una giornata di resistenza. Non voglio sembrare ideologico, è diffido delle facili evocazioni, ma è questo che sta avvenendo in Valle. Una resistenza.

Da una parte c’è un’opera inutile e costosa che rispecchia un modello di sviluppo vecchio e superato, ma che si deve fare perché lo Stato ha deciso così. Uno Stato trincerato dietro la sua scelta. Dall’altra c’è una comunità intera, che ha costruito una mobilitazione orizzontale e che decide in modo democratico. Il simbolo della necessità di costruire un progresso a misura dei cittadini, che prenda atto che il mondo é una entità finita, e che l’ambiente va difeso e rispettato, non predato.

E se adesso sembra che questa battaglia si possa vincere, il merito più grande va a tutti quelli che hanno colto che la posta in palio non è un’opera ma un modello. Che hanno capito da tempo che la Tav è una ingiustizia. E si sono ribellati. Perché non è giusto tutto quello che è legale e ingiusto tutto quello che è illegale. La questione è più complessa. E quando la legge è ingiusta e il legislatore ottuso, occorre trovare tanti cuori e tante gambe in grado di mettersi di traverso.

Pubblicato su HuffingtonPost