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HER She Loves San Lorenzo: un Polo di Arte e Dati a Roma

Le reti, i dati, le intelligenze artificiali hanno trasformato il mondo, mutando la nostra capacità di comprenderlo. Creare nuovi immaginari e sensibilità per aprire una nuova stagione della solidarietà e del senso è l’ambizioso obiettivo del nuovo Polo di Arte e Dati che il 7 e l’8 aprile verrà inaugurato con un festival di due giorni nel quartiere romano di San Lorenzo

Ormai lo sappiamo. Ce l’hanno detto in tutte le salse: la cosa importante dell’era dei dati e dell’intelligenza artificiale (o dell’algoritmo, come dicono altri) non è un fatto tecnico o tecnologico, bensì un cambiamento esistenziale.

La tecnica e la tecnologia non sono neutrali e inventano noi, tanto quanto noi inventiamo loro.

Le reti, le tecnologie, i dati, gli algoritmi, le intelligenze artificiali hanno trasformato il mondo in una stratificazione ancor più complessa di come già era e il dominio digitale ha cambiato definitivamente il nostro modo e la nostra possibilità di percepire e comprendere il mondo.

Ciò ha implicazioni psicologiche, economiche, sociali, finanziarie, relazionali, comunicative, informazionali, estetiche, politiche.

Man mano che ci trasformiamo in righe su database, quindi, muta la nostra possibilità di comprendere e interagire con il mondo e i gradi di libertà variano in modo direttamente proporzionale a quanto dati e algoritmi siano aperti, accessibili, trasparenti, modificabili, aggirabili, negoziabili.

Man mano che ci trasformiamo in righe su database cambiano i modelli di potere e le modalità con cui il potere agisce.

Finisce l’era del contenuto. La politica diventa più simile a un processo di customer satisfaction: masse individuali di clienti vengono profilate per comprenderne valori, desideri e ambizioni, così da poter loro proporre le affermazioni più efficaci, protette dall’isolamento delle filter bubble.

 

Se, una volta, si diceva che «chiunque, se guardato da abbastanza vicino, è strano», nell’era della coda lunga si potrebbe dire che “«chiunque, se guardato da abbastanza vicino, è una nicchia». È il meccanismo di Amazon, Google, Facebook. Operatori globali come Amazon non fanno soldi vendendo 1 miliardo di copie dello stesso libro, ma vendendo 1 miliardo di copie di tantissimi libri differenti che comprano poche decine di persone, eventualmente anche solo il singolo acquirente del libro, il suo autore. Con la stessa logica gli operatori globali riescono a gestire enormità di dati per massimizzare la probabilità che il messaggio giusto arrivi alla persona giusta, per farla agire in qualche modo. Non è nemmeno necessario arrivare agli scandali di Cambridge Analytica per verificare questo scenario.

Ciò che solo pochi anni fa era scandaloso, ora è diventato normale, parte dell’offerta standard degli operatori più grandi. Ad esempio, Google, tra i propri prodotti, offre Google Elections. «Win the moments that win elections» – Google annuncia sulla home page del servizio, alludendo alla possibilità di colonizzare costantemente ogni occasione in cui le persone cercano informazioni online: «The more of those moments you win, the better your chances of winning on Election Day».

Tutto è costruito per progettare presenze online in maniera ubiqua e pervasiva: Establish, Build, Persuade, Respond, Mobilize.

Il sito, orgoglioso, dice: «Give voters what they’re searching for». «Dai ai votanti quello che cercano». Non si accenna più in alcun modo alla responsabilità di condurre un programma politico con un senso: si parla solo ed esclusivamente della colonizzazione dell’attenzione delle persone, per dargli quello che vogliono, per farsi votare.

I metodi da infiltrazione, distorsione e sovraccarico dei media tipici delle azioni di intelligence internazionale diventano prodotti da scaffale. Controllo, sorveglianza e un buon business.

I meccanismi della persuasione agiscono secondo logiche computazionali che di trasparente, aperto e collaborativo non hanno nulla e che usano logiche militari in modo militare.

Vogliamo aggiustare problemi gravissimi, che minano alla base le nostre libertà e diritti, come le fake news, i populismi e le tante forme di violenza online e offline? Bene, non sarà qualche mirabolante algoritmo di Intelligenza Artificiale in grado di riconoscere automaticamente notizie e account falsi e censurarli a permetterci di risolvere questi problemi. Sarà una azione culturale, estetica, della comunicazione, il cui scopo sarà quello di portare le persone verso una sensibilità differente, verso uno spazio cognitivo diverso, verso una nuova immaginazione.

Viene da chiedersi, in questo strano mondo, in questo momento di passaggio che stiamo vivendo, come mai ci siano tanti investimenti sui dati, sull’intelligenza artificiale, sull’internet delle cose, sul pensiero computazionale, e così pochi sull’estetica, sull’arte, sulla sensibilità.

Ciò che è certo è che se non cambiamo linguaggi, estetiche, intonazioni e sensibilità, non potremo cambiare nulla: al massimo saremo in grado di aprire la corsa ai cyber-armamenti, per capire chi riesce per primo a sfornare la AIl-bomb più potente. Dalla guerra fredda sappiamo benissimo chi beneficia di questo tipo di gara e cosa comporta il continuo stato di emergenza.

Servono interventi di altro genere, capaci di sollecitare una risposta auto-immune nelle società, che emerga in maniera relazionale, abilitando la popolazione alla creazione di nuovi immaginari, linguaggi e sensibilità.

Questi interventi dovranno operare sulla logica del desiderio, per aprire una nuova stagione della possibilità, della solidarietà e del senso.

L’Arte, il Design e la Comunicazione hanno un ruolo importante nel progettare azioni di questo genere.

È per questo che a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, è nato un polo di Arte e Dati: “HER She Loves Data”.

 

HER (Human Ecosystems Relazioni), è un centro di ricerca che lavora sui dati come fenomeno culturale. Proprio per iniziare ad affrontare questi scenari e per impostare un primo esempio operativo, da qualche tempo ha adottato una politica aziendale: il 10% del valore di ogni progetto di assegnato al centro di ricerca viene dedicato alla realizzazione di un data commons (un bene comune di dati) con i dati del progetto e a commissionare un’opera d’arte che sia costruita con gli stessi dati: visualizzazioni infoestetiche dei dati, sonorizzazioni, sculture generative, o altre realizzazioni che ragionino anche attorno ai dati e alle loro implicazioni.

Ciò ha la caratteristica di riportare i dati e le tecnologie nel centro della cultura, aperte alla sensibilità e all’azione di tutta la popolazione: la pubblicazione dei risultati di un progetto diventa anche l’inaugurazione di una mostra d’arte, in cui si studiano le implicazioni di questi dati, i modi di usarli insieme, nuove forme di cooperazione tra ricerca, popolazione, imprese e istituzioni.

Questa modalità operativa ha effettivamente avviato il polo di Arte e Dati, HER She Loves Data: un network di soggetti che operano in questo senso, affrontando questi scenari del contemporaneo nelle logiche della relazione e della costruzione di nuovi immaginari.

Proprio da questa modalità operativa il 7 e l’8 aprile, nascerà un primo festival di quartiere: HER She Loves San Lorenzo, organizzato da HER She Loves Data e con il coinvolgimento attivo di Rome University of Fine Arts, Art is Open Source, Circuiterie, ESC Atelier, Nuovo Cinema Palazzo, Galleria Rossmut, Flyer Communication, Associazione 4k, BAICR, 4Changing e con la partnership di Exibart, Arshake e del Giornale delle Fondazioni.

Nelle 2 giornate del festival ognuno dei lavori esposti o eseguiti dal vivo saranno uno spunto pratico e performativo per affrontare i temi di questo articolo: opere d’arte costruite con i dati e che aprono questioni sulla loro (in)accessibilità, o la loro capacità di mutare lo scenario dei nostri diritti fondamentali, oppure di aprire nuove dinamiche della relazione e della collaborazione, fino ad arrivare alle logiche dell’algoritmo, dell’intelligenza artificiale e del “governo computazionale” e dei modi in cui influisce sul cambiamento sociale e psicologico.

Ciò che è importante partecipare, nei tanti modi possibili: per prendere parte al tentativo di costruzione di una nuova narrazione, di un nuovo immaginario e di una nuova sensibilità.