DIRITTI

Grillo, Lorenzin e la “prevenzione”, questa sconosciuta

Difficile a volte ignorare le ennesime sparate del venditore di pentole di turno (in questo caso, Beppe Grillo), soprattutto quando in una enunciazione, poi ritrattata e precisata (a che serve, poi?), si riescono a colpire nello stesso tempo la questione della salute (e dei corpi) delle donne e il tema della sanità pubblica. Domenica 11 maggio, durante la marcia da Perugia ad Assisi per chiedere l’introduzione del reddito di cittadinanza, Beppe Grillo ha accusato il famoso oncologo Umberto Veronesi di suggerire alle donne di fare le mammografie con una frequenza di due anni perché sovvenzionato da un’azienda, la General Electric, che produce gli strumenti per fare le mammografie. In pratica avrebbe suggerito che le mammografie non sono uno strumento importante di prevenzione del tumore al seno. Del resto, dubbi e critiche simili Grillo li aveva già sostenuti e accolti sul suo blog in precedenza.

E’ seguita poi smentita del suddetto e accuse ai giornali di aver travisato un po’ tutto e montato il caso. Sta di fatto che chiaramente non sono mancate le polemiche. In tutto ciò è paradossale e fa davvero indignare leggere le dichiarazioni in risposta a Grillo, del ministro della Salute Beatrice Lorenzin che parla dell’importanza della prevenzione! Siamo tutti d’accordo che si tratta de “l’arma più efficace, talvolta l’unica, per sconfiggere il cancro” e che mammografie e controlli da protocollo possono fare la differenza. Ma a quale prevenzione si fa riferimento a fronte dei continui tagli alla ricerca scientifica e allo smantellamento sistematico della sanità pubblica a cui abbiamo assistito negli ultimi anni? Una situazione destinata a peggiorare considerando il piano di tagli sul Fondo Sanitario di 2,35 miliardi previsto nell’Intesa Stato-Regioni rimandata solo per fini elettorali verso la metà di giugno. Eh già, l’ennesima manovra lacrime e sangue del governo Renzi. Ma continuiamo a parlare di prevenzione! Eppure, quanto ci vuole davvero per accedere ai servizi sanitari pubblici? Dipende: 12 mesi, anche 13, se non di più, per potersi sottoporre a una mammografia bilaterale o monolaterale. Chiaramente non si tratta solo della mammografia, di solito si può aspettare un anno anche per una visita urologica o pneumologia e nove mesi per un ecodoppler o una colonscopia. Tanto per citare qualche esempio.

Di fatto il sistema sanitario pubblico è sempre più un labirinto inaccessibile, che decide chi curare utilizzando un criterio cronologico (impossibile e altamente sconsigliato ammalarsi a fine anno!), territoriale, e ovviamente economico e meritocratico, poiché per avere accesso a dei servizi fondamentali in tempi brevi (tempi che spesso salvano la vita e fanno la differenza) bisogna pagare. Chi non può permetterselo, pazienza. Senza parlare del vincolo della cittadinanza che di fatto esclude i migranti senza permesso di soggiorno dall’ accesso tout-court all’assistenza sanitaria. Riconosciuto solo quello alle prestazioni urgenti, che però, spesso deve sottostare ad una quantità esorbitante di norme e procedure burocratico-amministrative.

“Abbiamo messo in sicurezza il sistema sanitario italiano per le prossime generazioni” – Il tweet del 10 luglio del 2014 del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che salutava così il nuovo Patto per la salute 2014-2016. E non c’è bisogno di aggiungere altro, considerando quali sono le logiche di esclusione e discriminazione insite nel termine “sicurezza”, tanto caro a Renzi e al suo governo.

Ma si sa: la sanità è diventata da tempo, terreno di espropriazione di diritti e di vita, mentre il sistema sanitario procede sempre più spedito verso una riarticolazione in senso privatista e classista.

Un altro punto sulla questione è che le case farmaceutiche non hanno alcun interesse a finanziare ricerche che consentano una reale prevenzione, perché la prevenzione non fa vendere farmaci. La stessa industria farmaceutica fa gli studi sui suoi farmaci, senza pubblicarne i dati. Vere e proprie agenzie di rating verso loro stesse.

E intanto dopo l’ennesima boutade del leader M5S (che come al solito ha perso una buona occasione per stare zitto), ottima anche per offuscare un po’ a livello politico-mediatico il tema del reddito di cittadinanza, ecco fioccare pareri di esperti contrapposti, politicanti che si affrettano a dire la loro, esternando nella saggezza dei loro commenti la nuova parolina jolly della “prevenzione”, che in un panorama sanitario scarnificato sempre più non si sa davvero cosa voglia dire in termini reali e materiali. Il corpo delle donne ancora una volta oggetto di morboso e ossessivo dibattito pubblico-mediatico, senza che si accenni però in termini estensivi al tema della salute, quale diritto universale per tutt* e al problema del definanziamento continuo di ospedali e consultori, o della necessità di forme mutualistiche di supporto e assistenza per le donne, per poter permettere davvero di sostanziare la parola: “prevenzione”, questa sconosciuta nel pianeta italico.