ITALIA

I Fridays For Future bloccano la sede dell’ENI

Dalle 8 di questa mattina, attivisti e attiviste si sono incatenati davanti a uno degli ingressi del Palazzo ENI nel quartiere EUR a Roma. L’obiettivo, denunciare i piani di espansione del colosso nello sfruttamento del petrolio e del gas e lanciare lo sciopero del clima del prossimo 29 novembre

«Siamo qui denunciare l’estrattivismo dell’azienda nel campo petrolifero e in quello del gas», così una giovane attivista spiega dal megafono le ragioni che hanno portato oggi mercoledì 27 novembre i Fridays For Future a bloccare la sede dell’ENI nel quartiere romano dell’Eur. Gli attivisti si sono incatenati davanti a uno degli ingressi del Palazzo ENI per protestare contro i piani di espansione della multinazionale nella ricerca e nello sfruttamento di petrolio e gas.

L’azione, iniziata all’alba e ancora in corso, apre le mobilitazioni che porteranno venerdì 29 gli studenti e le studentesse in piazza a Roma per il quarto sciopero globale per il clima.

«L’Eni è una delle 30 aziende più inquinanti al mondo ed è il primo inquinatore italiano» così ci dice Elena dal presidio,«intenzionata a continuare ad espandere la sua attività di sfruttamento di petrolio e gas, perforando 40 nuovi pozzi ogni anno».

«Per far passare in secondo piano il proprio impatto negativo sul Pianeta, Eni continua inoltre a mettere in campo costose attività di greenwashing. Come promuovere, ad esempio, un “biodiesel” che definisce sostenibile, sebbene sia a base di olio di palma, dunque perfino più pericoloso per il clima del gasolio di origine fossile, a causa delle emissioni legate al cambio di uso del suolo dei terreni riconvertiti per la coltivazione intensiva di palma da olio», affermano nel comunicato stampa i Fridays For Future, «non possiamo continuare a estrarre e bruciare combustibili fossili, ne va del presente e del futuro di tutte e tutti noi. E non basta una spennellata di verde sul proprio operato per nascondere una inquinante verità».

Gli attivisti chiedono al Governo di non sottostare ai diktat delle grandi multinazionali come l’ENI: «In Italia, ad esempio, il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), presentato dall’esecutivo precedente e confermato dall’attuale, punta su una grossa crescita del gas e sembrerebbe essere stato fortemente ispirato proprio da Eni».

 

Foto di Flavio Aragozzini

Il giorno dell’azione non è casuale: proprio oggi un’udienza del processo contro Eni in cui la multinazionale è accusata di aver pagato una maxitangente da 1,1 miliardi di dollari per acquisire un giacimento in Nigeria: «Si tratta del processo OPL245, il processo per corruzione internazionale più grande della storia che vede coinvolte non solo Eni ma anche Shell, quindi due delle più grandi OIL Companies del mondo», ci spiega Alessandro di Re_Common. «Un processo in cui sono imputate non solo le società ma anche individui ai più alti livelli, come l’ex amministratore delegato Paolo Scaroni, l’attuale amministratore delegato Claudio De Scalzi, intermediari vari, tra cui Pisignani. È un processo per corruzione», continua Alessandro, «in relazione a un giacimento petrolifero che Eni avrebbe acquisito attraverso una tangente da un miliardo di dollari, una cifra che equivale all’80% del budget per la salute della Nigeria in un anno, il ché dà la misura di quale sia l’entità della sottrazione delle risorse pubbliche agita da queste multinazionali».

Il processo, in corso da un anno, dovrebbe arrivare a sentenza di primo grado entro la prossima primavera. «È un processo per corruzione ma anche molto di più, una vera e propria “saga”: sono coinvolti servizi segreti di 4 paesi diversi, il ché dà un po’ l’idea di come funziona l’economia del petrolio». Se arrivasse la condanna, conclude Alessandro, «si tratterebbe di una condanna storica, non era mai successo prima d’ora che Shell sia a processo per corruzione internazionale: sarebbe forse il segnale che l’era dell’impunità per queste compagnie potrebbe finire».

L’azione di oggi, che punta a rilanciare il 29 novembre la manifestazione che si terrà a Roma come nel resto del mondo per chiedere ai governi di fare azioni concrete per contrastare la crisi climatica in corso, si inscrive anche in una mobilitazione più ampia che segna un passaggio per lo stesso movimento dello sciopero per il clima: oltre le manifestazioni di piazza, il movimento ha deciso di nominare e colpire attraverso azioni di “blocco economico” le imprese che producono combustibili fossili e che sono responsabili del cambiamento climatico: oltre l’azione di questa mattina, ci saranno venerdì prossimo azioni ad Alessandria (appuntamento alla stazione FS di Sannazzaro de’ Burgondi) e a Livorno alla Raffineria ENI di Stagno.

Le foto di Flavio Aragozzini