ITALIA

Extinction Rebellion raccoglie fondi per multe e denunce. «In atto una repressione strisciante»

Dopo le mobilitazioni organizzate a settembre e ottobre, il movimento si è trovato a dover far fronte a una spesa di circa 20mila euro per iniziative legali nei confronti di attiviste e attiviste. Xr ha dunque pensato di chiedere aiuto a chiunque condivida gli stessi obiettivi e ideali per cui è nato il progetto

Extinction Rebellion ha lanciato una campagna di crowdfunding per contrastare la repressione. Dopo le mobilitazioni organizzate a settembre e ottobre, infatti, il movimento si è trovato a dover far fronte a una spesa di circa 20mila euro, fra multe e costi delle procedure legali in cui sono stati coinvolti attivisti e attiviste.

Extinction Rebellion è un movimento che nasce dal basso ed è strutturato in maniera orizzontale, senza gerarchie. Aderire al movimento e agire in suo nome è immediato: «Chiunque condivida la strategia della disobbedienza civile, la nostra non violenza radicale, le nostre richieste e principi può agire in nome di Xr», spiega Annalisa, un’attivista del gruppo presente durante alcune delle azioni che hanno scatenato la repressione da parte delle forze dell’ordine.

Il 18 settembre a Torino otto persone sono salite sulle colonne della cancellata di piazza Castello e si sono incatenate, determinate a rimanere fino a che non fosse arrivato qualcuno che parlasse con loro. «Arrivate in cima alle colonne hanno acceso otto piccoli fumogeni colorati», racconta Annalisa. «L’obiettivo era di rendersi massimamente visibili, con un’azione di disobbedienza civile che fosse innanzitutto appariscente e che potesse provocare una riflessione».

Dopo circa tre settimane sono arrivate denunce per tutti gli attivisti e tutte le attiviste presenti all’azioni per “Accensioni ed esplosioni pericolose” (Art. 703 del codice penale), per aver acceso otto fumogeni di 40 secondi durante la manifestazione, e di “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità” (Art. 650 del codice penale), per non essere scesi dalle colonne quando ordinato.

 

«Salire sulle colonne della cancellata di Palazzo Reale accendendo dei piccoli fumogeni da 40 secondi, a cinque metri dal suolo e lontano da qualsiasi persona, rappresenterebbe quindi un problema di ordine pubblico e sicurezza», prosegue l’attivista.

 

Similmente, Extinction Rebellion dall’8 al 10 ottobre dello scorso anno ha deciso di presidiare per più di 50 ore uno dei cancelli d’ingresso del palazzo Eni nel quartiere romano dell’Eur. È stato montato un treppiede in cima al quale si è imbragato un attivista, mentre altri erano incatenati alla struttura del treppiede e alla cancellata e un centinaio davano supporto. Più di cento persone dunque disposte a farsi sgombrare e arrestare, che hanno dormito all’aperto per due notti, alcune di queste incatenate e limitate nei loro movimenti.

In risposta, sono arrivate circa quaranta multe, dai 280 ai 400 euro di valore ciascuna, per “mancato rispetto del distanziamento sociale” alle persone identificate. «Eppure, fin dall’inizio della pandemia, Extinction Rebellion ha dato indicazioni precise sul fatto di rispettare alla lettera tutte le norme di distanziamento fisico», commenta sempre Annalisa. «In ogni modo possibile, si è tentato di porre attenzione al rispetto di queste norme con un apposito servizio d’ordine nelle manifestazioni».

 

 

Xr ha pensato di chiedere aiuto a chiunque condivida gli stessi obiettivi e ideali per cui il progetto nasce. Ovvero, per come lo spiega la stessa Annalisa, creare consapevolezza attorno al fatto che stiamo vivendo «una crisi che mette a repentaglio la sicurezza e la tenuta sociale ed economica delle nostre società e per la quale serve un coinvolgimento reale nelle decisioni che vengono e verranno prese a riguardo».

 

Si è dunque chiesto aiuto anche perché la cifra che si sono trovati a dover affrontare dopo le azioni di Torino e Roma (circa 11mila euro di multe a cui vanno aggiunti circa altri 10mila per pagare gli avvocati per le indagini preliminari) è davvero superiore alle forze e alle possibilità del movimento.

 

La campagna di raccolta fondi, lanciata verso la fine di novembre, sta riscontrando effetti positivi. L’obiettivo prefissato per il primo mese è stato raggiunto in sole due settimane. Chiarisce Annalisa: «Ora, durante le feste, i versamenti hanno molto rallentato, ma questo lo avevamo previsto. Da metà gennaio rilanceremo la campagna sui nostri social, ci interessa soprattutto mettere in evidenza gli aspetti legati alla disobbedienza civile, alla non violenza e alla repressione strisciante dei movimenti scomodi, che viene portata avanti in Italia».

La positività delle risposte, tuttavia, è anche il segno che esiste un supporto diffuso e trasversale delle cause ecologiste. Sulla crisi climatica c’è moltissimo interesse e a Xr si avvicinano persone nuove ogni settimana. Conferma Annalisa: «Abbiamo continuato a crescere in termine di persone coinvolte anche durante il lockdown e siamo anche riusciti, in questi mesi di restrizioni alla mobilità, a incontrarsi di persona. Questo ci rafforza nella nostra determinazione, significa che davvero in tanti condividono la nostra disperazione, sentono l’urgenza di fare qualcosa e condividono l’idea che ormai l’unica strada sia quella della disobbedienza civile. Per ottenere un cambio di rotta da parte dei governi è necessaria una forte spinta dal basso».

 

A questa voglia di partecipare e di cambiare le cose dal basso fa però contrasto una scarsa attenzione da parte dei media.

 

Afferma sempre Annalisa: « Il ruolo dei media in questa crisi è cruciale, visto che contribuiscono in maniera importante alla formazione dell’opinione pubblica. L’azione di Torino era diretta ai giornali e alle televisioni: Qualche giorno prima avevamo organizzato una tavola rotonda invitando le testate ed emittenti mainstream (come Rai, La Stampa, Il Corriere e La Repubblica). Non è venuto nessuno. Ugualmente, anche la notizia dell’azione davanti alla sede Eni dell’Eur a Roma non è uscita su nessuna delle principali testate».

Si tratta di una questione di poca sensibilità al tema? È un diverso modo dare le priorità alle notizie? Annalisa su questo ha un’idea precisa: «Tanti dei giornali più letti in Italia sono sponsorizzati da Eni per milioni di euro (nel 2015 4,1 milioni a Rcs e 2,5 a Manzoni; nel 2016 4,51 milioni a Rcs e 3,58 a Manzoni). Questo pone un serio problema di libertà di stampa nel nostro paese e la denuncia per diffamazione di Eni contro il Fatto Quotidiano e la richiesta danni per 350.000 euro ne sono una lampante dimostrazione. C’è dunque un problema relativo all’influenza che la più grande compagnia petrolifera italiana, per altro partecipata dal Tesoro al 30%, può avere non solo sui media, ma anche sulla gestione dell’ordine pubblico e sulla politica del nostro paese».

 

Qui la campagna di crowdfunding

Immagini di Extinction Rebellion