ITALIA

A Bologna il parco Don Bosco resiste all’avanzata del cemento

Dopo una lunga mattinata di lotta attivist3 di ogni etá fermano il taglio di alberi di un parco in periferia, il progetto di “riqualificazione” e cementificazione imposto dall’amministrazione comunale subisce una prima battuta d’arresto.
La resistenza prosegue con entusiasmo nonostante la repressione delle forze dell’ordine

Da tre mesi giovani attivisti, studenti e associazioni ecologiste storiche stanno presidiando e occupando gli alberi del parco Don Bosco a Bologna, proprio di fronte al Palazzo della Regione Emilia Romagna. Il piano comunale di rigenerazione urbana di quest’area della città ha previsto di abbattere gli alberi del parco per cementificarlo, costruendoci una nuova scuola media, abbattendo quella già presente accanto al parco per realizzare un parcheggio, fermate dell’autobus, marciapiedi. 

La risposta delle istituzioni all’indignazione popolare per questo progetto è stato lo sgombero del parco, avvenuto mercoledì mattina, attraverso il dispiegamento di sette camionette e un totale di un centinaio di agenti in tenuta antisommossa e digos. Lo sgombero però non è andato a buon fine per le forze dell’ordine e per le amministrazioni comunale e statale che lo hanno gestito.

Foto Francesco Arrigoni

«Il parco è ancora mezzo pieno!» Queste sono le prime parole che l’assemblea cittadina indetta a fine sgombero pronuncia. «Non è stata una vittoria, ma nemmeno una sconfitta. Siamo rimasti uniti e abbiamo impedito, ognuno secondo le proprie possibilità e a suo modo, che il parco venisse completamente sgomberato e che tutti gli alberi venissero abbattuti. Siamo rimasti uniti e questa è la cosa più bella». Su questo sono d’accordo tutte le associazioni ambientaliste, singoli cittadini del quartiere e non, studenti.

Il comune di Bologna ha rifiutato la proposta di incontro che i rappresentati del Comitato Besta, il comitato creato per difendere il parco, ha più volte richiesto negli ultimi tre mesi. L’amministrazione ha ignorato il comitato e proseguito senza consultare i cittadini nella realizzazione del nuovo piano urbanistico.

In questi tre mesi l’avvio del cantiere è stato più volte rimandato grazie alle azioni di resistenza non violenta di singoli individui, compreso l’accamparsi per tre mesi sulla cima degli alberi più alti del parco, costruendo alloggi sospesi e fissandosi con funi ai tronchi più grandi.

Nonostante ciò il cantiere stamattina è iniziato, in modo non regolare, recintando solo la parte di parco che gli attivisti non sono riusciti a proteggere. In sei ore “solo” quattro alberi sono stati abbattuti, nonostante più di 300 persone si siano schierate fisicamente e pacificamente agli ingressi del parco. In sei ore sono state però ferite anche più di 10 persone: contusioni alla nuca, agli arti, due mani rotte tra cui quella di un minorenne e un braccio rotto, il braccio di un signore di più di 70 anni, anche lui presente per difendere il parco.

A ogni tentativo di manomissione della recinzione del cantiere decine di agenti hanno prontamente manganellato decine di persone, di ogni età, davanti agli occhi dei ragazzi delle medie, che dalle finestre delle classi hanno assistito alla battaglia in difesa del parco e che, dopo la scuola, hanno raggiunto il presidio.

foto Francesco Arrigoni

Gli interessi economici hanno superato i diritti dei cittadini a essere ascoltati. Un movimento cittadino a cui anche altre realtà nazionali di lotta come GKN e il movimento NoTav si uniscono e con cui dialogano, per creare una società veramente democratica, transgenerazionale, in opposizione a politiche che non rappresentano i reali interessi di tutti, specialmente delle persone che vivono nei luoghi di gentrificazione (come nel caso di Bologna), di aree naturali (come la Val Susa) e in periferie industriali (vedi GKN a Firenze).

«Se non fossimo stati così tanti non avremmo ottenuto questo primo risultato. Avrebbero proseguito il disboscamento fino alla fine. I prossimi giorni potrebbero tornare e dovremo essere ancora di più. La narrazione su ciò che sta avvenendo deve essere chiara: prendiamo le distanze dal sindaco Lepore, la vice-sindaca di Bologna e tutti gli assessori coinvolti in questo progetto, che non hanno voluto ascoltare i cittadini, ma anche da chi accosta i nostri movimenti alla propagande di destra. Noi siamo cittadini, realtà indipendenti che lottano per cambiare un modus operandi non democratico che ha ricadute sulla vita della gente comune».

A conferma di ciò anche uno storico portavoce del quartiere conferma l’appoggio dei residenti agli occupanti del parco: «sono contenti, ci fanno i complimenti. Molte sono famiglie o persone anziane che non vedremo forse mai al parco al nostro fianco, che non hanno un bagaglio di esperienza simile alla nostra. Ma ci supportano e forse, dopo oggi, saranno con noi».

Una non-soluzione “senza fantasia”, così la definiscono gli occupanti del parco, criticando la politica locale di non trovare una soluzione fuori dagli schemi repressivi e violenti quale lo sgombero. Un approccio che nessuno sa a quali esiti porterà, ne quale sarà il destino del parco Don Bosco. Gli attivisti continuano a presidiare, anche di notte, gli ingressi del parco e le chiome degli alberi.

Altra violenza da parte delle forze dell’ordine sui cittadini potrebbe veramente innescare una spirale di sfiducia da parte di quei cittadini che fino a ieri potevano ancora sostenere l’amministrazione locale in queste politiche oltre che rischiare di ferire gravemente i manifestanti accampati sugli alberi, gli anziani e i giovani in caso di uso di idranti o lacrimogeni.

Inoltre continuare a dispiegare centinaia di agenti per abbattere degli alberi che le persone che vivono il quartiere non vogliono perdere, ha un costo economico e d’immagine.

foto Francesco Arrigoni

Le persone attive nel comitato comunque sono pronti a fronteggiare ogni eventualità, anche le più estreme e le conseguenze legali che ne potrebbero derivare. Un rischio che singoli individui corrono per tutti noi, perché né oggi né in futuro le politiche locali agiscano senza confrontarsi con l’opinione della maggior parte delle persone che vivono nelle zone interessate dagli interventi di “riqualificazione e innovazione”.

«Anche se abbiamo perso oggi questi quattro alberi, anche se ne dovessimo perdere altri, pur rischiando conseguenze legali per difendere questi parco, le nostre azioni faranno in modo che in futuro, né qui né in altri luoghi, questa modalità di intervento politico si ripeta. E dopo quello che è successo oggi siamo sicuri di essere uniti, siamo ancora qui. Non era scontato».

Foto di copertina e nell’articolo di Francesco Arrigoni