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Elezioni in Sri Lanka, avanza il sovranismo

Nell’isola del subcontinente indiano torna al potere la famiglia responsabile dei peggiori massacri durante la guerra civile, mentre in nazionalismo prende sempre più piede come nella vicina India

Gotabaya Rajapaksa, ex ministro della difesa in tempo di guerra in Sri Lanka, ha vinto le elezioni presidenziali domenica 17 novembre. I risultati ufficiali mostrano che Rajapaksa ha ottenuto il 52,25% dei voti, mentre il suo rivale Sajith Premadasa, figlio dell’ex presidente Ranasinghe Premadas, gli ha riconosciuto la vittoria prima dell’annuncio ufficiale.

Queste ultime elezioni hanno nettamente diviso il paese secondo le linee etniche e religiose. Gotabaya è stato il vincitore indiscusso nelle aree a maggioranza singalese, mentre Premadasa ha conquistato le zone del nord-est di maggioranza Tamil. Questa netta divisione è dovuta anche al ruolo ricoperto da Rajapaksa durante la fine della guerra civile nel 2009, un conflitto che è durato più di 25 anni e si stima abbia causato circa 100.000 vittime di ogni etnia. Per la sanguinosa risoluzione contro la minoranza Tamil e il gruppo separatista/estremista delle Tigri Tamil, che a loro volta furono artefici di numerosi attacchi terroristici durante la guerra, il governo di Rajapaksa è stato accusato di crimini di guerra e violazioni di diritti civili. Accuse ripetutamente negate sia da Gotabaya, sia da Mahinda.

Per questo la prospettiva di un presunto criminale di guerra alla presidenza del paese preoccupa molti gruppi minoritari, ma anche i sostenitori delle libertà civili e i media. Infatti durante le fasi finali del conflitto e negli anni successivi sono scomparse migliaia di persone, tra cui giornalisti, attivisti, uomini d’affari e oppositori del governo.

La Paranagama Commission, istituita nel 2013 proprio per indagare i numerosi casi di sequestri, ricevette allora 24.000 denunce, la maggior parte delle quali rimangono irrisolte tuttora. In particolare, durante il governo Rajapaksa decine di oppositori del governo sono stati rapiti per le strade di Colombo in pieno giorno da uomini mai identificati alla guida di furgoni bianchi. Questi white vans son diventati il simbolo della repressione e dei sequestri e si presume fossero gestiti proprio da Gotabaye.

I casi più noti riguardano la sparizione/sequestro del fumettista politico Prageeth Eknelygoda e l’omicidio del giornalista investigativo e caporedattore del “The Sunday Leader” Lasantha Wickramatunga.  Gotabaya è accusato di aver ordinato l’attacco ma rimane impunito.  Il ritorno al governo di Gotabaya come presidente per i prossimi cinque anni e un eventuale ritorno di Mahinda potrebbero nuovamente minacciare la libertà di espressione e informazione in Sri Lanka.

Queste sono le prime elezioni in Sri Lanka dopo gli attentati della domenica di Pasqua. Molti critici hanno evidenziato come Gotabaya abbia sfruttato gli attentati promettendo maggior sicurezza in caso di una sua vittoria. Discorsi che hanno alimentato il nazionalismo singalese negli ultimi anni già fervente e di carattere islamofobico istigato da militanti estremisti buddisti Bodu Bala Sena’, di retorica simile ai gruppi ultra-nazionalisti.

Dopo gli attentati il malcontento e la tensione all’interno del paese hanno raggiunto livelli allarmanti e la comunità musulmana, principale capro espiatorio, ha subito diversi attacchi: nonostante mesi di coprifuochi e l’impiego dell’esercito stesso, moschee e negozi gestiti da musulmani in diverse città del paese sono stati boicottati o saccheggiati e un uomo musulmano è stato ucciso per strada a colpi di accetta. Molti dei nazionalisti singalesi inneggiavano a una vittoria di Gotabaye, visto come l’unico candidato in grado di ristabilire l’ordine sociale e vendicare i morti degli attentati.

Per questo le elezioni sono state molto sentite in tutto il paese ma anche all’estero. Infatti, molti  risultati delle elezioni dimostrano una netta polarizzazione all’interno del paese, frutto di ostilità settarie caratteristiche in Sri Lanka che però sono tornate a inasprirsi in questi ultimi mesi, se non anni. La vittoria di Rajapaksa, il suo mandato per i prossimi cinque anni implica un ulteriore attacco ai principi democratici del paese e un possibile ritorno a sistemi autoritari di governabilità, in linea con il sovranismo di Modi in India. Questo comune sentimento discriminatorio, anti-minoritario (e filo-fascista) nel subcontinente indiano non promette un vero miglioramento a livello sociale ma porterà probabilmente a ulteriori tensioni o conflitti etnici e religiosi in tutta l’area.