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Due anni senza Santiago Madonado: dall’impunità giudiziaria alla società come motore di memoria, verità e giustizia

L’1 agosto 2017 Santiago Maldonado veniva desaparecido nella comunità mapuche Pu Lof in Resistenza durante un’operazione repressiva illegale della gendarmeria. Sarebbe stato trovato senza vita dopo 77 giorni. A due anni dai fatti, lavaca.org fa il punto della situazione insieme al fratello del giovane assassinato dallo Stato

Santiago Maldonado è stato visto vivo l’ultima volta mentre scappava da una violenta repressione della gendarmeria durante un’irruzione illegale senza ordine del giudice nella Pu Lof in Resistenza della regione del Cushamen. Aveva 28 anni. Il caso ha commosso la società argentina, che questo giovedì scenderà di nuovo in strada per esigere giustizia per la sua morte, nel mezzo di una campagna elettorale che ha al centro il tema della sicurezza e con la gendarmeria come protagonista di una «educazione civica».

A due anni dalla scomparsa di Santiago, lavaca ha parlato con suo fratello, Sergio Maldonado. Perché la famiglia esige la riapertura del caso. Lo stato dell’appello che da sei mesi è senza risposta da parte della giustizia. Le domande a cui il giudice Lleral non ha voluto rispondere. L’occultamento di informazioni chiave. Il rapporto davanti alla Cidh [Commissione interamericana di diritti umani, ndt] sul montaggio di notizie false realizzato da funzionari, giornalisti e operatori di stampa. E il ruolo della società.

Per Sergio Maldonado questi due anni sono passati molto rapidamente. La dimensione del tempo non solo obbliga a ricordare che l’1 agosto 20017 suo fratello Santiago fu visto vivo per l’ultima volta mentre scappava della repressione della gendarmeria nella protesta guidata dalla comunità mapuche della regione del Cushamen, a Esquel, ma anche la violenza a cui lo Stato continua a sottomettere la famiglia tutti i giorni.

La domanda sembra scontata ma è fondamentale: «Come stai?». «Con molta impunità e tristezza», dice a lavaca. «Perché, da un lato, alla parte giudiziaria non importa niente. Rispetto a quella politica, questo governo ha utilizzato Santiago politicamente e la giustizia si è protetta e si è comportata nello stesso modo. Ci sono momenti in cui sembra che il vento va così. Però, da un altro lato stiamo bene, perché la gente continua ad accompagnarci. Continua ad avere una richiesta generale di verità e giustizia. Questo ti fa anche rendere conto che sono passati due anni, ma si continua a lottare».

Sergio, i familiari e gli amici di Santiago invitano a manifestare oggi alle 17 in Plaza de Mayo con tre richieste chiare:

Giustizia per Santiago.

No alla chiusura del caso.

Basta impunità.

Domande senza risposta

La famiglia Maldonado è in attesa che la Camera Federale degli Appelli di Comodoro Rivadavia decida se confermare o no l’archiviazione del caso deciso dal giudice federale Gustavo Lleral il 29 novembre dell’anno scorso, dopo aver comunicato alla madre del giovane, Stella Peloso, che si trovava sotto ricatto. «Sono scaduti tutti i termini e, una volta di più, avvertiamo che i termini dei giudici saranno politici ed elettorali», ha detto a lavaca l’avvocata Veronica Heredia. Alcuni esempi:

  • Il primo giudice del processo, Guido Otranto, e il pubblico ministero Silvina Avila, perquisirono il domicilio di Santiago a El Bolson il 12 agosto 2017, un giorno prima delle Paso [elezioni primarie argentine, ndt];
  • Il 21 ottobre, un giorno prima delle elezioni legislative, il giudice Lleral ha detto che la morte di Maldonado non era stata una «morte violenta».
  • L’archiviazione del caso è arrivata un giorno dopo l’inizio del G20.

Per queste ragioni, nelle settimane precedenti all’anniversario, la famiglia ha diffuso una serie di elementi del fascicolo che supportano la richiesta di riapertura del caso.

1) La morte violenta. La famiglia sottolinea come, al momento della comunicazione degli esiti definitivi dell’autopsia, il giudice Lleral ha affermato che “Maldonado è morto per annegamento da immersione in un contesto coadiuvato da una condizione di” ipotermia”. La famiglia fa notare come il giudice abbia omesso di dichiarare che si è trattato di una “morte violenta”, come indicato nel rapporto dell’autopsia.

 

Centro di Assistenza Giudiziaria Federale – Corpo Sanitario – Obitorio Giudiziario Dipartimento di Tanatologia
“Si tratta di una morte violenta”
5. “Si tratterebbe di una morte violenta per immersione (annegamento), coadiuvata da una condizione di ipotermia”
PERCHÉ IL GIUDICE LLERAL HA OMESSO DI INFORMARE CHE SI È TRATTATO DI UNA MORTE VIOLENTA?

2) Le banconote. Il denaro mostrato dalla famiglia è stato trovato nei pantaloni di Santiago il giorno in cui hanno trovato il suo corpo, il 17 ottobre 2017. «È da apprezzare il fatto che siano in perfette condizioni. La famiglia ha richiesto una perizia, ma il giudice Lleral ha negato la richiesta».

QUESTE BANCONOTE ERANO NEI PANTALONI DI SANTIAGO.
IL GIUDICE LLERAL NON HA MAI VOLUTO SVOLGERE UNA PERIZIA.

3) Crioconservazione. La famiglia ha anche diffuso il testo dei risultati dell’autopsia in cui si dichiara che «la temperatura corporea era fredda a causa della crioconservazione naturale e artificiale». Come viene spiegato, la crioconservazione è il processo con il quale le cellule o i tessuti vengono congelati a temperature molto basse, generalmente tra -80°C e -196°C. Chiedono quindi: «La temperatura dell’acqua del fiume Chubut non è mai inferiore a 0°C. Quindi questo significa che si trovava in un posto diverso dal fiume Chubut? Una spiegazione su questo punto è stata chiesta al giudice Lleral, ma è stata anch’essa negata».

 

Centro di Assistenza Giudiziaria Federale – Corpo Sanitario – Obitorio Giudiziario Dipartimento di Tanatologia.
“la temperatura corporea era bassa a causa della crioconservazione naturale e artificiale”.
LA CRIOCONSERVAZIONE È IL PROCESSO CON IL QUALE LE CELLULE O I TESSUTI VENGONO CONGELATI A TEMPERATURE MOLTO BASSE, GENERALMENTE TRA -80°C E -196°C.
LA TEMPERATURA DELL’ACQUA DEL FIUME CHUBUT NON È MAI INFERIORE A 0°C. QUINDI QUESTO SIGNIFICA CHE SI TROVAVA IN UN POSTO DIVERSO DAL FIUME CHUBUT?
UNA SPIEGAZIONE SU QUESTO PUNTO È STATA CHIESTA AL GIUDICE LLERAL. ANCHE QUESTA È STATA NEGATA

Dichiara Sergio Maldonado a Lavaca: «È stato tutto presentato alla Corte. E, come possiamo vedere, tutti i termini sono già scaduti perché sono già passati sei mesi dall’appello presentato il 29 gennaio. Ecco perché abbiamo mostrato pubblicamente queste prove. Perché non dicono che è stata una morte violenta? Perché non sono state svolte perizie sulle banconote?».

Dopo la chiusura del caso, Lavaca ha riassunto in questa nota i principali elementi del caso che rimane ancora senza colpevoli: la violenza dell’operazione, il ruolo dello Stato, le azioni del potere giudiziario e i principali dettagli dell’autopsia. I fatti, insieme a le rivelazioni da parte della famiglia, confermano la validità delle richieste presentate dalla famiglia Maldonado fin dal primo minuto del processo: la necessità di un gruppo di periti indipendenti visto che i funzionari statali, come evidenziato dalla decisione del giudice federale Lleral, non garantiscono la ricerca della verità quanto piuttosto la consacrazione l’impunità.

La famiglia ha anche presentato un rapporto alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) un rapporto che conferisce funzionari del governo (da Bullrich [Ministro della sicurezza – ndt] al suo capo di Gabinetto, Pablo Noceti), deputati (Elisa Carrió [Coalición Cívica, centro sinistra – ndt] e Fernando Iglesias [Cambiemos, centrodestra – ndt]), ma anche giornalisti e operatori (da Eduardo Feinmann e Jorge Lanata a Claudio Andrade e Loreley Gaffoglio), un ruolo centrale nella creazione di fake news ed eserciti di troll virtuali. Il rapporto (che può essere consultato qui) rivela la strategia per nascondere la scomparsa, costruire false pilse e criminalizzare e disumanizzare il giovane e la sua famiglia.

Discutere la (in)sicurezza

Sergio sa che è inevitabile che la richiesta di verità e giustizia non incroci il proprio cammino con la campagna elettorale: «Siamo sommersi». Cosa significa? «È una forte coincidenza che il governo, proprio il 1° agosto e a due anni dalla sparizione forzata, abbia organizzato un evento a Bariloche [città a nord di El Bolsón, nella provincia di Río Negro – ndt] dove si trova uno degli squadroni che hanno preso parte a quella giornata. Non solo dobbiamo averci a che fare tutti i giorni, ma adesso dobbiamo sorbirci che anche i candidati degli altri partiti si uniscano al coro che dice che la Gendarmeria deve essere portata fin nei quartieri».

La discussione è iniziata dopo l’annuncio del Ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, della creazione del “Servizio Civile e Volontario per i Valori Demiocratici”, che sarà a capo di quella stessa forza responsabile degli eventi del 1° agosto 2017.

Sergio: «Stanno facendo una campagna per instillare il tema della sicurezza. Però sembra che nella foga di ottenere i voti dei settori più impensabili, sono finiti per portare avanti lo stesso discorso professato da Bullrich. Ecco perché è difficile restare lontano dalla campagna elettorale. Non voglio entrare nel merito di quella discussione, ma se i candidati vanno in questa direzione è difficile tirarsene fuori».

Sostiene che la discussione, invece, verta su: «Pensano alla Gendarmeria quando la questione riguarda la salute, l’istruzione e il lavoro. Ma nella ricerca dei voti, alcuni finiscono per rafforzare ciò che dovrebbe essere invece ridotto. Respingo Bullrich con tutte le forze, ma anche coloro i quali manifestano quella stessa ideologia di potenziamento delle forze di sicurezza. Non accetto come risposta la presa in considerazione della Gendarmeria come opzione. La sicurezza la trasmetti se educhi le persone, se gli dai salute e lavoro. Se hai queste tre cose, non c’è insicurezza. Per quale altro motivo saremmo scesi in Plaza de Mayo per questi due anni? Per lamentarci di qualcosa che stanno presumibilmente facendo bene? Sarebbe incoerente«».

La coerenza è ciò che la società ha costruito in questi due anni, passati così rapidamente: il compito sociale di tenere viva le richieste di memoria, verità e giustizia.
Adesso e per sempre.

 

Articolo originale pubblicato su lavaca.org

Traduzione di Michele Fazioli per dinamopress