ITALIA

Dentro e oltre l’inquietudine al tempo del ministro Salvini

A pochi giorni dall’approvazione definitiva del decreto Salvini, l’inquietudine e la paura sembrano orientare e organizzare i nostri pensieri e i nostri discorsi, senza soluzione di continuità. Costituiscono probabilmente il sentire comune più diffuso nei luoghi caratterizzati dalla presenza di cittadini stranieri e negli spazi dell’attivismo. La ragione è assolutamente comprensibile. Il razzismo – istituzionale, normativo, discorsivo – fa paura e inquieta. Il decreto Salvini peggiora in maniera considerevole le condizioni di vita dei richiedenti asilo e dei cittadini stranieri, ne erode i diritti, e questa circostanza ci preoccupa molto. Più in generale, i discorsi sulla nazione e sui confini sono al centro dell’ordine del discorso pubblico in molti paesi d’Europa, contribuendo a strutturare un’atmosfera tetra.

Paura e inquietudine – prodotti dal clima politico ed esasperati dalla recente normativa – sembrano a tratti assumere una portata totalizzante. È possibile esplorare questi sentimenti, socializzarli e politicizzarli? È probabilmente uno dei compiti collettivi più urgenti del nostro tempo. L’inquietudine e la paura pesano come un macigno che ci schiaccia, ci comprime, ci blocca. Ci fa assumere una postura contratta, squilibrata. ripiegata. Come se fossimo davanti alla forma definitiva di un potere irrimediabile, davanti al quale non si possa fare altro che disperarsi.

È possibile, all’interno della fase attuale, fare spazio anche ad altre sensazioni, che contemplino – dentro e oltre la paura e l’inquietudine – il desiderio di immaginare e costruire resistenze e alternative? Quali sono gli esercizi per un’ideale ginnastica posturale collettiva non disciplinante, che ci aiuti ad assumere altre posture, altri portamenti, altri sguardi nei confronti del presente, del futuro e del possibile?

 

Una notte senza sogni?

Può essere utile ripensare al passato, a un’altra stagione politica. Roma, 2 luglio 2009. Berlusconi Presidente del consiglio, Maroni Ministro dell’Interno. Con l’approvazione definitiva da parte del senato, il cd. pacchetto sicurezza è legge, la n. 94 del 2009. L’elenco di alcune delle novità introdotte in quel provvedimento, letto a quasi dieci anni di distanza, appare in risonanza con le vicende attuali e continua a spaventare. Furono introdotti il reato di ingresso e soggiorno illegale e l’aggravante di clandestinità. Fu prevista la possibilità di trattenere gli immigrati irregolari fino a 180 giorni e finanziata la costruzione di nuovi CIE. Fu istituito un fondo destinato a finanziare le spese per i rimpatri e introdotta la disciplina delle associazioni di osservatori volontari, le cd. ronde.

Nel giorno dell’approvazione in Senato, l’opposizione affermava che «Questo ddl ha per titolo la sicurezza ma in realtà accresce l’insicurezza». Il Vaticano sottolineava che la nuova legge avrebbe portato «molti dolori e difficoltà». In un appello contro il ritorno delle leggi razziali in Europa, a firma di numerosi intellettuali, si poteva leggere che «Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l’adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali» e che «neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto».

Un provvedimento normativo dal volto feroce a cura di un esponente della Lega Ministro dell’Interno. La società civile che tira in ballo le “leggi razziali” e “il fascismo”. Ci sono evidentemente delle risonanze per lo meno discorsive con il clima politico che viviamo in questi giorni. È proibitivo e insidioso confrontare fasi politiche così diverse. In ogni caso, i toni utilizzati dai media e da vari attori sociali all’indomani dell’approvazione della riforma del 2009 sembrano sovrapponibili con quelli attuali. La riforma del 2009 appariva come la realizzazione di un progetto totale di controllo disciplinate del fenomeno migratorio. La cristallizzazione definitiva di quella tendenza reazionaria, senza vie di fuga. Alla prova dei fatti, l’impianto normativo risultò decisamente più fragile e contraddittorio.

La previsione dell’aggravante di clandestinità – uno dei provvedimenti con il più alto contenuto ideologico di quella stagione – che introduceva una circostanza aggravante comune per i fatti commessi dal colpevole «mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale», è stata successivamente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, ed è quindi stata eliminata dal nostro ordinamento. Per quanto riguarda i termini massimi per il trattenimento amministrativo dei cittadini stranieri classificati come irregolari, furono in seguito ridotti a 90 giorni, per poi essere nuovamente ampliati all’interno del cd. decreto Salvini.

Con riferimento al reato di clandestinità, anch’esso introdotto nel 2009, in un documento del 2016 l’ASGI afferma che «si registra ormai da tempo una sorta di disapplicazione di questo reato, soprattutto nei grandi uffici giudiziari dove il carico di lavoro è tale per cui i processi per il reato di clandestinità non si celebrano, preferendo i capi degli uffici privilegiare le scarse risorse per perseguire altre fattispecie ben più gravi, cui attribuire la precedenza». Una delle novità più rappresentative di quel periodo è caduta sostanzialmente in disuso.

Anche la normativa che disciplina il funzionamento le cd. ronde è stata in parte modificata dall’intervento della Corte Costituzionale. Riletta a distanza di quasi dieci anni, fa sicuramente meno paura e appare ancor più grottesca, surreale e finanche ridicola.

 

Piccoli esercizi di memoria collettiva

Il quadro che emerge da una rapida ricognizione su alcune delle novità più allarmanti del 2009 restituisce un’idea più flessibile, più dinamica e più imprevedibile della legge e del diritto. È indubbiamente vero che quel provvedimento e quella stagione politica hanno peggiorato il quadro normativo applicabile ai cittadini stranieri. Allo stesso tempo è altrettanto vero che istituti introdotti in maniera roboante sono disapplicati dai tribunali. Che singoli profili sono stati cassati attraverso la promozione di contenzioso in sede di Corte Costituzionale. Che la durata della detenzione amministrativa per i cittadini stranieri aumenta e diminuisce a seconda della fase politica e dell’andamento dei rapporti di forza. La produzione di nuove norme giuridiche restituisce l’impressione – soprattutto in concomitanza dell’approvazione di provvedimenti dal forte contenuto ideologico come il cd. pacchetto sicurezza di Maroni e il cd. decreto Salvini – della definizione una volta per tutte dello specifico tema oggetto dell’intervento del legislatore. Una panoramica su alcuni dei punti focali dalla riforma del 2009, invece, conferma l’idea di quanto il diritto sia modificabile attraverso lo sviluppo di conflittualità giuridiche, sociali e politiche.

Dell’inquietudine e della paura che ci attraversavano in quella fase storica, cosa ne è stato? A distanza di dieci anni resta, insieme al ricordo di quei sentimenti negativi, la memoria di intense mobilitazioni, di conflitti radicali, di importanti iniziative politiche. Le rivolte nei contesti del lavoro agricolo e in altri settori produttivi caratterizzati da una forte presenza dei lavoratori stranieri, le proteste dei cittadini stranieri confinati nei luoghi di frontiera, i conflitti all’interno dei CIE, la nascita di innovative esperienze di attivismo, le occupazioni a scopo abitativo e non col significativo protagonismo delle e dei migranti, hanno caratterizzato i mesi e gli anni immediatamente successivi all’approvazione del provvedimento del 2009. Può essere utile immaginare di osservare tutto con un sol sguardo, in questi giorni: emerge l’immagine di uno scenario politico e sociale tutt’altro che definitivamente pacificato.

Il diritto è modificabile e i rapporti di forza sono sempre parziali e contingenti. È altrettanto vero che le mobilitazioni non si danno da sé. Per questa ragione, può essere utile interrogarci sulla postura che stiamo assumendo in questa fase. Non si tratta di rimuovere il carico di paura e inquietudine che ci circonda e ci attraversa. Si tratta di provare a contaminarlo con altre prospettiva, altri sentimenti, altre sensazioni. Con una postura più aperta, più consapevoli non solo delle difficoltà ma anche delle possibilità che abbiamo davanti, può essere più facile cogliere le contraddizioni e le potenzialità in questa specifica fase.

Con tutta evidenza, né la storia né i conflitti seguono gli stessi tracciati delle stagioni precedenti ed è necessario tenerlo a mente. In questi anni il contesto è radicalmente cambiato: sotto la scure della cd. crisi economica, la società è stata investita da processi di ristrutturazione radicali. A ogni modo è bene ricordarci che la legge – con la “l” rigorosamente minuscola – è tutt’altro che irrimediabile. È necessario e possibile combatterla con gli strumenti del diritto, per eroderne la portata applicativa e metterne in luce gli aspetti contraddittori e illegittimi. È ugualmente necessario e possibile riorganizzarsi per mettere in discussione i rapporti di forza attuali: nessun potere è irrimediabile.