EUROPA

Da Barcellona: il referendum tra violenze della polizia e mobilitazione di massa

Barcellona, 1 ottobre 2017, una giornata destinata ad essere ricordata a lungo, non solo in Catalogna ed in Spagna. È oggi, infatti, che la comunità catalana è chiamata a esprimersi sul referendum per l’indipendenza, un referendum non riconosciuto dal governo centrale spagnolo che durante le ultime settimane ha messo in piedi una violenta macchina repressiva, fatta di arresti, blocco di siti internet, ed impiego massiccio delle forze dell’ordine.
La Barcellona pre-referendum: tra repressione, conflitti istituzionali e risposte di piazza
Referendum, non guerra

Malgrado ciò la partecipazione al referendum è stata altissima, oltre le aspettative. Già a partire dal pomeriggio di venerdì gli istituti destinati a ospitare i seggi erano stati occupati e riempiti di attività per impedire il blocco da parte delle forze dell’ordine. Ci sono persone di tutte le età, dai bambini agli anziani, che spesso restano a occupare anche durante la notte, sfidando la paura imposta dal governo centrale spagnolo. Una mobilitazione determinata che dura per tutto il fine settimana fino a stamani quando la gente inizia ad andare a votare. Ieri notte, i primi blocchi dei portuali per rallentare le manovre dei poliziotti che sbarcavano dalle navi dove alloggiano da alcuni giorni. Già alle sei del mattino le code ai seggi erano lunghissime. Una mobilitazione tale da impedire il blocco del seggio da parte dei mossos, la polizia catalana.

Ed è proprio su questa mobilitazione massiccia e trasversale che si è abattuta violenta la scure repressiva del governo di Rajoy. I mossos sono stati sostituiti nel compito dalla polizia spagnola, che è intervenuta in maniera coatta per chiudere i seggi e sequestrare urne e fogli. Malgrado l’attitudine pacifica dei manifestanti, la polizia non ha esitato a esercitare la violenza. Tra i collegi colpiti ci sono quelli di Hospitalet, Lleida e Girona. A Barcellona, nell’Eixample, non ci sono state solo manganellate, ma anche proiettili di gomma sparati contro persone con le mani alzate (si noti che nella comunità catalana l’uso dei proiettili di gomma è proibito). Il numero di feriti ammonta a 337, alcuni gravi.

Ma l’arroganza e la violenza della polizia non è stata sufficiente per bloccare la consultazione. La gente dei quartieri è riuscita a difendere i seggi. Anche dopo aver votato si rimane a presidiarli. La polizia é spesso costretta a ritirarsi o a non rischiare nemmeno l’intervento. Attualmente si continua a votare in oltre il 70% dei luoghi in un clima spesso festoso.

Il Governo catalano, inoltre, garantisce l’organizzazione affinchè le persone possano votare anche in un seggio alternativo a quello inizialmente attribuito, se quest’ultimo è stato messo sotto sequestro.

La dichiarazione ufficiale del governo Rajoy è stata letta dal vicepresidente Soraya Sáenz de Santamaria, che sprezzante ha affermato: «non c’è stato nessun referendum, né niente che possa assomigliarci». L’atteggiamento di negazione totale dei fatti rispecchia anche l’impossibilità di spaccare i catalani tra buoni e cattivi, vista la totale eterogeneità del movimento.

Non sappiamo ancora quello che ci aspetta nelle prossime ore, ma per ora possiamo dire che la partecipazione democratica, le reti sociali e le comunitá di quartiere, stanno vincendo contro un governo post-franchista, che opera senza scrupoli, con il tacito consenso dell’Unione Europea. A livello telematico la battaglia passa soprattutto per canali Telegram, molto efficienti, nei quali rimane limitato il numero di falsi allarmi. Un importante lavoro di cronaca minuto per minuto lo sta svolgendo una rete di media indipendenti attraverso la pagina AgenciaUno.

Infine, è molto importante la solidarietà che si sta avendo nel resto di Spagna in appoggio alla mobilitazione. Per la serata è convocata una manifestazione a Madrid alle 19 a La Puerta del Sol, altre nelle Baleari e a Valencia dopo le molte dei giorni scorsi in numerose città.