ITALIA

Cosenza, viaggio nella povertà della mensa ambulante e solidale durante la quarantena

Oltre 700 pasti caldi consegnati ogni giorno a chi ne ha bisogno. L’iniziativa benefica delle associazioni La Terra di Piero e Prendocasa di Cosenza. I volontari: «Stiamo tamponando situazioni di grande disagio sociale»

Nonostante il governo abbia mandato tutti in quarantena dall’11 marzo, c’è un mega ristorante che ha aperto due giorno dopo la chiusura dell’Italia zona rossa. State tranquilli, non causa alcun tipo di assembramento, non si paga nessun coperto e dentro non ci sono né tavoli né “clienti”.

Sono i pasti ad andare direttamente al domicilio, per chi ce l’ha. Ma anche per chi non ce l’ha, dato che si pensa anche ai clochard.

Da metà marzo ogni sera girano per Cosenza tre furgoni carichi di 700 pasti caldi, tra primi, secondi, frutta, e a volte anche il dolce.

Un menù variegato che cambia di giorno in giorno, per accontentare tutti i gusti, «prevediamo anche pietanze per chi non mangia carne e per i musulmani», assicura Sergio Crocco, presidente dell’associazione La Terra di Piero, che insieme ad altre realtà sociali tra cui il comitato Prendocasa, il collettivo Fem.In e i volontari del Soccorso Speranza, ha messo su una rete di solidarietà alimentare.

Decine di ragazzi e ragazze che, oltre a portare gratuitamente derrate alimentari, buste di spesa e farmaci (senza bisogno di prescrizione medica), a chi ne faccia richiesta, in tutta l’area urbana, provvedono a portare la cena a chi non ha più soldi per mangiare. In una regione che vede una marea di disoccupati con poco o zero reddito di cittadinanza, ma con due o tre figli a carico. Collaboratrici domestiche senza lavoro da un mese, operatori dei call center che hanno chiuso e non hanno attivato lo smart working.

Una cospicua platea di persone a cui, certo, si aggiungono anche tanti lavoratori a nero, che in questo periodo non possono permettersi nemmeno «pane e veleno», come direbbero don Pasquale e don Felice Sciosciammocca di Totò nella commedia Miseria e nobiltà (1954).

 

 

Solo che qui c’è poco da ridere, nella dura realtà della provincia calabrese, dove lo Stato di diritto non si sa neanche cosa sia. Dove la sanità, come ammesso più volte dalla neo governatrice Santelli, «è al collasso» e secondo gli ultimi dati Eurostat la disoccupazione giovanile sfiora il 53%. Dove 235 mila persone, su una popolazione di poco meno di 2 milioni di persone – come ricorda Coldiretti negli ultimi giorni – rischiano di stare a digiuno, per mancanza di soldi. A ciò si aggiunge l’obbligo di barricarsi dentro a casa, per arginare quanto più possibile il diffondersi della pandemia, che a queste latitudini farebbe una strage.

Ma il cibo è un diritto universale e da nord a sud Italia si sono moltiplicate, per fortuna, le iniziative solidali di associazioni e singoli cittadini che procurano la spesa agli anziani e a chi ne ha bisogno. Nemmeno sfiorata dai riflettori dei media nazionali, se non per raccontare ovviamente lo sfacelo dei suoi ospedali, anche in Calabria si è attivata la beneficienza. «Stiamo tamponando situazioni di grande disagio sociale. Ogni sera sfamiamo  molte famiglie, soprattutto italiane, ma non possiamo essere noi argine a questo disastro sociale – avverte Ferdinando Gentile, attivista Prendocasa – Lo Stato si dovrebbe attivare quanto prima, altrimenti gli assalti ai supermercati potrebbero essere una normale conseguenza».

Non c’è dubbio che settecento vaschette di alluminio cucinate ogni sera, oltre alla consegna delle spese, siano uno sforzo notevole da gestire per un gruppo di volontari, coordinati dal cuoco attivista Francesco Chiarello.

«Sì, affrontiamo numeri abnormi, ma non potevamo stare fermi in questo momento terribile e per fortuna abbiamo alle spalle tanti cittadini che ci sostengono donandoci ogni giorno buste di spesa – precisa Crocco – Sinceramente, però, non so quanto reggeremo ancora».

Molti supermercati della città hanno deciso di contribuire con la pratica del carrello solidale: chi va a fare la spesa può comprare qualcosa da destinare ai poveri e i volontari passano a ritirare in giornata. E poi ci sono i ristoratori fermi per decreto che però, di fronte ai più bisognosi, tornano in cucina. Ad aiutare questa carovana alimentare ambulante, infatti c’è anche lo chef Ivan Carelli, rappresentante locale della Federazione Italiana Cuochi e titolare di alcuni locali di ristorazione tra cui il ristorante pizzeria “Il Tartufo Nero”.

Il locale è chiuso, ma lui ha deciso di riaccendere i fornelli per aiutare chi non ce la fa. Lo vedi sorridente a impattare vaschette di purea di patate e rassicura: «Lavorare così è quasi più appagante della normale routine. Stiamo aiutando come possiamo La Terra di Piero e i nostri concittadini, spero che anche altri colleghi si uniscano a questa catena solidale».