editoriale
Colpo di scena: i fascisti son fascisti
Un incredibile scoop di Repubblica
“Bologna, Casapound esce allo scoperto: Noi non rinneghiamo il fascismo”, titolava ieri Repubblica a proposito delle dichiarazioni di Di Stefano nel capoluogo dell’Emilia-Romagna. Un grande scoop degno del giornalismo d’inchiesta che caratterizza il quotidiano diretto da Mario Calabresi.
«Il fascismo è una dottrina politico sociale, non è esattamente una dittatura o uno stato totalitario. Noi non siamo per lo stato totalitario, non vogliamo sopprimere la democrazia. Ci piace che tutti possano liberamente votare ed esprimersi. Lo stato che immaginiamo si realizza compiutamente all’interno della costituzione e della democrazia. Dire che dobbiamo rinunciare al fascismo è anticostituzionale. Il fascismo non lo rinneghiamo. Se i traditori della nazione faranno lo Ius soli voleranno le sedie in Parlamento e li andiamo a cercare alla buvette», aveva dichiarato pubblicamente Di Stefano, leader di Casapound. In altre parole, va bene il Parlamento, ma solo quando fa le leggi che vanno bene a loro. Poco singolare assonanza con altri periodi storici. Più innovativo, invece, il richiamo alla Costituzione, in accordo, del resto, con una tesi singolare che in queste settimane rimbalza tra giornali, televisioni e social: i partigiani avrebbero fatto la Resistenza e cacciato i fascisti per garantire, attraverso il dettato costituzionale, il diritto degli stessi a tenere comizi, prendere parola e presentarsi alle elezioni.
Tra le altre cose, bene ricordare che Casapound è l’organizzazione utilizzata nel gioco delle parti di questi mesi per rappresentare il volto buono del neofascismo, quello pulito e inserito nel gioco democratico, a differenza dei cattivi di Forza Nuova. Casapound, l’organizzazione invitata a parlare in televisione nei programmi in prima serata, intervistata dai giornali alla pari di altre forze politiche, raccontata attraverso i filtri della cronaca rosa e delle narrazioni glamour. Casapound, il luogo in cui egocentrici giornalisti italiani, da Formigli a Mentana, sono andati a dibattere amabilmente, congratulandosi con quei “bravi ragazzi” per la scelta coraggiosa di aver messo da parte una tradizione scomoda e aver accettato le regole della democrazia rappresentativa.
Chissà cosa avranno da dire oggi simili personaggi. Enrico Mentana ha pubblicato su facebook un’immagine con la scritta “fascista è chi il fascista fa”. Come dire, dopo aver contribuito a sdoganare e normalizzare organizzazioni estremiste, adesso che i nodi iniziano a venire al pettine, non ha trovato di meglio da fare che prendersela con chi si batte in prima persona, assumendosi i rischi del caso, per chiudere gli spazi di agibilità alle organizzazioni fasciste. Chapeau!
Del resto, Mentana non è che uno degli esponenti di quel “grande giornalismo italiano” che in questi anni si è cimentato in un’impresa epica, degna dei libri di storia: dimostrare che dei fascisti che si autodefiniscono fascisti non sono fascisti. Il giochino, però, sta iniziando a saltare. Da un lato, a destra, qualcuno prova ad alzare il tiro. Dall’altro, come si è visto in questi giorni, ci sono migliaia di persone che non hanno alcuna fiducia né nei racconti infiocchettati di giornali e tv, né nell’antifascismo elettorale di Renzi, Grasso e compagnia cantante. Persone che contro la minaccia fascista hanno già iniziato a lottare.