TERRITORI

Chi decide sulla Limonaia?

Chi vuole fermare la marea? Limonaia/Zona Rosa risponde all’ordine di sequestro dello stabile da parte della Provincia di Pisa.

“E quando la terra tremerà ancora una volta terra sotto i nostri piedi ci scopriremo, di colpo, a non avere più paura. Perchè sarà stato l’incedere leggero e inarrestabile dei nostri passi, ad essersi fatto terremoto. Chè l’andatura sia quella di un cammino o di una danza, a muoverci sarà il sincronizzarsi incontrollato di uno stesso, multiforme, ritmo. A muoverci, sarà stato il desiderio.”

Così c’eravamo lasciate dodici giorni fa, da qui adesso vogliamo ripartire.

In dodici giorni sono state centinaia le persone che hanno attraversato questa zona, dando vita a sogni e desideri che troppo spesso non trovano spazio per esprimersi, e sotto i nostri passi leggeri che finalmente si sincronizzano incontrollati e liberi, la Limonaia si disegna Zona Rosa. Una Zona Safe, perchè Femminista.

Una Zona in cui possano prendere parola tutt* coloro che non hanno uno spazio dove far risuonare la propria voce, in cui la decisionalità non si esercita a partire da una posizione di dominio, che produce subalternità escluse dalla possibilità di decidere, ma in maniera condivisa e collettiva.

Per costruire insieme una città che sia adeguata alle esigenze, ai desideri di tutt*, che garantisca servizi adeguati e i cui modelli culturali siano svincolati da una visione sessista e paternalistica della vita e delle relazioni.

Nella città di Pisa i servizi legati al diritto alla salute non sono solo carenti, ma si iscrivono in un modello culturale profondamente patriarcale e rispondono tendenzialmente a logiche di mercato, limitando – o, di fatto, estinguendo – il diritto di decidere sui propri corpi e sulla propria sessualità: esistono farmacie obiettrici in cui non viene venduta la pillola del giorno dopo e le donne, di conseguenza, possono vedersi negato il diritto di assumerla a causa dell’arbitrario – e illecito – giudizio di un farmacista; l’ospedale Santa Chiara annovera nel suo personale solo cinque medici non obiettori, sospendendo e – di fatto, negando – un servizio che dovrebbe essere garantito: quello dell’interruzione di gravidanza. (Nello stesso ospedale, inoltre, è prassi obbligatoria quella del parto in posizione ginecologica, che è utile solo al medico, ma non necessaria e soprattutto pericolosa e maggiormente dolorosa per la donna.)

A Pisa, i pochi servizi forniti non rispondono alle evidenti esigenze di una città vissuta per lo più da student* fuorisede e migranti: non esiste un consultorio in centro, non ne esiste neanche uno che sia facilmente raggiungibile. Ad aggravare la situazione, è totale l’assenza di uno spazio cui possano rivolgersi donne migranti che non abbiano documenti.

Sentiamo l’urgenza di partire dalle nostre esperienze personali e di costruire uno spazio in cui tutte quelle persone che non si sentono rappresentate ed incluse possano condividere le proprie.

Abbiamo sentito l’esigenza di dare casa ai nostri sogni e bisogni: per questo la Limonaia oggi è aperta, per questo è una Zona Rosa, a partire dalla quale molteplici percorsi hanno cominciato a prendere forma.

Il progetto “Obiezione Respinta”, nato un mese fa nell’ambito dello sciopero globale delle donne, si occupa di mappare e segnalare su scala nazionale i luoghi in cui viene esercitata l’obiezione di coscienza: centinaia di segnalazioni, dislocate su tutto il territorio nazionale, arricchiscono quotidianamente questo archivio. Un luogo virtuale di inchiesta e segnalazione è diventato anche uno spazio di discussione e rivendicazione tramite il quale si denuncia un tipo di violenza che ogni giorno viene esercitata sui nostri corpi, che passa attraverso strutture pubbliche sanitarie insufficienti, escludenti e impregnate di linguaggi e pratiche sessiste e binarie. Obiezione Respinta ha trovato un luogo fisico di residenza all’interno della Limonaia – Zona Rosa, dove diventerà anche uno sportello informativo e di consulenza legale: l’ottica è quella non solo di mettere a critica il sistema della sanità pubblica, ma anche di pensare insieme un’alternativa che parta dal nostro diritto ad autodeterminarci, dai nostri bisogni e dai nostri desideri; un’alternativa che metta al centro il nostro corpo in relazione agli altri, svincolandosi dalla semplice consulenza frontale e professionale.

Nella prima settimana della Zona Rosa, abbiamo organizzato “Ripartire da sè”, una due giorni di incontro e dibattito, che ci ha aiutate a immaginare i contorni di una consultoria autogestita e a cominciare a delinearne i tratti; oltre ad uno sportello sul diritto alla salute – gestito in collaborazione con L’AIED di Pisa – a partire dall’esigenza di creare dei momenti di discussione orizzontali dove sentirci liber* di mettere al centro la nostra sessualità e il nostro corpo per imparare a conoscerci e a conoscere, sono nati dei gruppi di autocoscienza e autoinchiesta che mettono al centro varie tematiche. Crediamo, infatti, che servizi di questo tipo non possano che partire dalle esigenze di chi ne usufruisce, affinchè non siano più gestiti dall’alto e, di conseguenza, funzionali a una logica che ci vede molto spesso oggetto e non soggetto delle decisioni: una logica che ci spinge, troppo spesso, ad un individualismo forzato, e che ci priva del fondamentale strumento del confronto reciproco, della messa in comune di esperienze e bisogni. Al contrario, crediamo che il punto di partenza debba essere l’empatia. Crediamo che al centro debba esserci un noi, un noi femminile, fatto di corpi e emotività imperfette, disfunzionali, improduttive e, proprio per questo, favolose.

Se, da una parte, i nostri sogni sono già in marcia e hanno trovato casa nella Limonaia, dall’altra ci troviamo ancora a dover fare i conti con una realtà a tinte grigie, troppo spesso cieca rispetto ai desideri nostri e di tante.

Ci sembra importante sottolineare il contrasto evidente tra l’apertura e di gestione condivisa in atto oggi alla Limonaia e la politica di chiusura privatistica e silente attuata per anni dalla Provincia: a seguito delle riforme, tale ente – proprietario dello stabile – risulta oggi svuotato di ogni significato poltico ed amministrativo, e continua ad essere attivo esclusivamente per i tentativi – malriusciti – di svendere il proprio patrimonio immobiliare.

Tale destino era previsto anche per la Limonaia, che da tempo ormai rientra in un piano di alienazione degli stabili di proprietà della Provincia. La mancanza di acquirenti ha, di fatto, lasciato l’immobile in stato di abbandono per anni.

Alla riapertura della Limonaia – e ai progetti che vi hanno trovato casa – la provincia ha risposto con un totale silenzio. In silenzio, infatti, e senza tentare qualsiasi interlocuzione, la Provincia ha ordinato il sequestro della Limonaia, sancendo, di conseguenza, lo sgombero delle energie e delle passioni che attualmente la attraversano.

Ci chiediamo quindi: chi decide delle sorti della Limonaia? E, più in generale, chi decide sugli spazi pubblici di questa città?

Un intero quartiere si è risvegliato il 7 Aprile, dimostrando massima solidarietà ed entusiasmo per il ritorno alla vita di uno dei suoi pochi spazi attraversabili, altrimenti consegnato alla solitudine.

È a tutte e tutti quell* che in questa settimana hanno attraversato questo spazio, a tutte e tutti quell* che in questa settimana si sono sentit* meno sol* grazie a questa Zona Rosa; alle famiglie che hanno trovato uno spazio aperto la domenica, a tutte le donne che hanno trovato un luogo d’ascolto, d’incontro, di condivisione e di mutualismo, è a tutt* loro che la Provincia deve rispondere.

Crediamo, infatti, che sul futuro della Limonaia debba decidere la città. Chiediamo quindi che l’amministrazione si esprima pubblicamente sul sequestro dell’immobile e, dunque, sullo sgombero a cui ha, di fatto, condannato le donne che hanno riaperto questo luogo.

Chiediamo che si prenda finalmente atto che un movimento femminista è rinato in questa città e nel mondo, al grido di “Ni una menos!”.

Migliaia di persone hanno attraversato le strade di Pisa l’8 marzo e la potenza di questo movimento ha trovato espressione e vita in diversi luoghi della città che prima giacevano abbandonati. Chi pensa di poter usare la forza pubblica contro questo movimento, deve allora, necessariamente, assumersene anche la responsabilità politica, pubblicamente e davanti a quante hanno animato questa marea o a quante l’hanno accolta con entusiasmo, ritrovando, tra le sue molteplici pieghe, i segni di una nuova ondata femminista che avanza.

Che strano sarebbe, certo, pensare di poter fermare una Marea…

La Limonaia, quindi, rimane aperta: chi cerca spazio per i propri desideri, chi ha bisogno di con-sentire alle proprie e altrui passioni, chi vuole condividere e immischiare vite, suoni e sogni sa dove trovare, ogni giorno, un luogo da abitare, un luogo per abitarsi. Basta seguire il suono di una strana musica, che vibra di corpi desideranti e d’incontri, in una Zona Rosa e safe, per organizzare l’incedere gioioso e deciso dei passi che, ancora una volta, faranno tremare la Terra.

Noi da qui non ce ne andiamo.