MONDO

Capitale spaziale

Guidata da Elon Musk e da altri visionari imprenditori, la nuova corsa allo spazio viene spesso raccontata in termini entusiasti, ma siamo sicuri che sia saggio fidarsi di chi ha basato la propria fortuna sullo sfruttamento dei lavoratori o delle risorse del Pianeta?

«Un piccolo passo per un Uomo, un gigantesco balzo per il Capitalismo». Adattando la celebre frase pronunciata da Neil Armstrong, in procinto di compiere il primo passo sulla superficie lunare il 21 luglio del 1969, diversi articoli lo scorso anno ci hanno avvertito che là fuori qualcosa è cambiato: il Capitalismo ha ormai superato la sua fase terreste e ha iniziato a espandersi nello spazio esterno, trascendendo i limiti planetari.

 

Se qualcuno riteneva che l’espansione capitalistica sarebbe stata bloccata perlomeno dal limite fisico rappresentato dall’atmosfera, beh, si sbagliava.

 

Il 30 maggio 2020, per la prima volta nella storia, una società privata – la Space X di Elon Musk – ha lanciato due astronauti nello spazio con il volo denominato Demo2, portandoli in orbita e attraccando con successo il giorno successivo alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) con la capsula Crew Dragon lanciata dalla base NASA di Cape Canaveral. Il lancio, seguito da milioni di persone, è stato celebrato come una gigantesca conquista nordamericana: gli Stati Uniti tornavano finalmente nello spazio con voli umani, l’ultimo dei quali era stata la missione conclusiva del programma Space Shuttle, terminato nel 2011.

Due anni prima, esattamente il 6 febbraio del 2018, era stata la volta del Falcon Heavy, il potente razzo vettore di Space X, che nel suo viaggio inaugurale aveva lanciato fuori dall’atmosfera una capsula cargo con all’interno un carico dal forte valore simbolico: un’automobile elettrica, la Tesla Roadster personale di Elon Musk, guidata da un manichino in tuta spaziale bianca chiamato Starman, che si allontanava nello spazio con la Terra sullo sfondo, al suono di Life on Mars di David Bowie.

 

Foto di Bill Ingals dal profilo Flickr NASA 

 

Su uno dei circuiti dell’auto la scritta *Made on Earth by humans*, come a sottolineare la dimensione universale dell’evento, emulando le placche metalliche fissate alle sonde Pioneer o il disco d’oro a bordo dei Voyager, messaggi lanciati nello spazio esterno, rivolti a ipotetiche forme di vita aliena intelligente; gli unici quattro oggetti di produzione umana che hanno finora lasciato il sistema solare.

La Tesla accelera lo Spazio e raggiunge la sua orbita permanente intorno al Sole. È l’alba della nuova era dello sfruttamento spaziale, il New Space; un’era dinamica, dominata dalla privatizzazione dello spazio, nella quale l’intera Umanità potrà finalmente trascendere i limiti del globo e lanciarsi alla scoperta di nuovi mondi da colonizzare, la Luna e Marte per primi.

 

Niente a che vedere con l’Old Space nato dalla Guerra Fredda, dominato dalle lentezze statali, con costi enormi, sprechi, burocrazia.

 

Ma chi sono i protagonisti di questa storia? Nei primi due decenni del XXI secolo sono nate diverse società private che lavorano nell’industria spaziale, spesso in collaborazione con le agenzie governative, nella ricerca e sviluppo così come nella produzione di satelliti o tecnologie aerospaziali; esistono numerose società che in questi anni sono riuscite a sviluppare vettori più o meno grandi e piattaforme di lancio per la messa in orbita bassa di satelliti e microsatelliti. Tuttavia, i giganteschi attori del New Space, quelli che stanno alimentando la narrazione di una nuova epopea spaziale a beneficio dell’intera Umanità, sono soprattutto i colossi Space X di Elon Musk fondatore della Tesla, la Blue Origin di Jeff Bezos proprietario di Amazon e la Virgin Galactic di Richard Branson.

Si dipingono come visionari e carismatici imprenditori del futuro e promettono imprese spaziali fantasmagoriche riprendendo e riadattando immaginari tipici della fantascienza più classica a partire dal design dei loro oggetti (tute spaziali, capsule, navette, razzi). Nuovi Mondi per un’Umanità in crisi tra cambiamento climatico, sovrappopolazione e rischi pandemici, nuovi territori da colonizzare per garantire la sopravvivenza della specie, nuove risorse e ricchezza per un futuro interplanetario più equo.

 

Foto da WikiCommons

 

Il successo di questi colossi dell’economia contemporanea, risiede nell’aver apparentemente abbattuto i costi di lancio, anche grazie al riutilizzo di razzi vettori in grado, per la prima volta, di ritornare a terra con atterraggi autonomi perfetti. Un articolo del “Washington Post” di commento al lancio del 30 maggio 2020 celebra con toni trionfali la vittoria della libera impresa americana, il successo della privatizzazione dei viaggi nello spazio; secondo l’articolo solo una società privata avrebbe potuto ottenere questi risultati incredibili: controlli touchscreen, volo autonomo, maggiore velocità ed efficienza a fronte di un risparmio incredibile per i contribuenti americani che possono così tornare a sognare lo Spazio.

 

Il ritornello è sempre il solito: «Il settore privato lo fa meglio, è più economico, più veloce ed efficiente del governo. Perché? Concorrenza!».

 

Il giornalista del “Washington Post” si spinge addirittura oltre, quasi scagliando il successo della libera impresa privata contro una non meglio precisata sinistra che, mentre si interroga sui meriti del Socialismo, sostiene l’intervento governativo in tutti i settori dell’economia statunitense, dalla sanità all’energia.

E così, mentre proliferano le offerte di turismo extra-atmosferico, nel prossimo futuro si prevede anche l’aggiunta di un settore orbitante privato alla Stazione Spaziale Internazionale: l’Axiom Segment, un «laboratorio commerciale e un’infrastruttura residenziale nello spazio che servirà come casa per esperimenti di microgravità, test su materiali in condizioni ambientali critiche, accessibile anche ad astronauti privati. È la pietra angolare – l’origine – di una permanente, prospera, presenza umana nello spazio e di una fiorente rete di attività commerciali nell’orbita terrestre bassa». Così viene presentato il progetto dalla società Axiom Space; il futuristico interno della nuova stazione orbitante, che sarà dotata di enormi finestre panoramiche, è progettato dall’onnipresente Philip Stark.

Il trattato sullo spazio extra atmosferico, l’Outer Space Treaty è entrato in vigore nell’ottobre del 1967 e costituisce ancor oggi la base del diritto aerospaziale internazionale; ratificato da 110 Stati e sottoscritto da altri 23 paesi, il trattato stabilisce che lo spazio esterno è, di fatto, un Bene Comune, libero per l’esplorazione e l’utilizzo da parte di tutti gli Stati, su cui nessuno può reclamare la propria sovranità o esercitare diritti di proprietà: «l’esplorazione e l’uso dello spazio esterno saranno effettuati a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi e saranno la provincia di tutta l’umanità».

Il trattato vieta inoltre la collocazione di armi nucleari o armi di distruzione di massa in orbita e su corpi celesti e impone agli Stati nazionali di assumersi la responsabilità internazionale per le attività spaziali svolte da organizzazioni nazionali governative o non-governative, quindi anche le società private, garantendo e vigilando sul rispetto del Trattato.

 

Foto dal profilo Flickr NASA

 

Fino a una decina di anni fa ovviamente non si era posto alcun problema ma con l’affacciarsi massiccio delle compagnie private – che nonostante la narrazione umanistica perseguono evidentemente obiettivi di profitto – sono iniziati alcuni sinistri scricchiolii e diversi soggetti, a partire dagli Stati Uniti che sotto l’amministrazione Trump hanno addirittura formato la United State Space Force una forza armata astronautica con tanto di logo alla Star Trek, stanno facendo pressione per un cambiamento del sistema internazionale di regole, con la riduzione delle barriere che attualmente limiterebbero il libero sviluppo di attività commerciali ed esplorazioni spaziali da parte dei privati.

Intorno alla Terra oggi, secondo l’archivio degli oggetti lanciati nello spazio esterno gestito dall’Ufficio per gli Affari dello Spazio Extratmosferico delle Nazioni Unite, sono in orbita 6662 oggetti dei 10367 registrati nell’archivio lanciati dall’inizio dell’esplorazione spaziale umana, che ha avuto avvio il 4 ottobre del 1957 alle 19:28 UTC con il lancio del satellite artificiale Sputnik.

 

Il numero di oggetti lanciati per anno aumenta vertiginosamente nel corso dell’ultimo decennio.

Nel 2020 risultano lanciati 1265 oggetti contro i 580 del 2019 e i 120 del 2010. Una crescita vertiginosa legata anche alla miniaturizzazione e a lanci di intere costellazioni di satelliti. Come ad esempio i recenti minisatelliti, lanciati a gruppi di 60, facenti parte della costellazione Starlink – un’altra impresa economica targata Space X finalizzata alla realizzazione di una internet satellitare globale con la messa in orbita prevista di 12000 satelliti posizionati intorno a 550 km di altitudine.

 

C’è da fidarsi di chi ha basato la propria fortuna sullo sfruttamento dei lavoratori o delle risorse del Pianeta; imprenditori che tutto sembrano avere a cuore, tranne il benessere della popolazione mondiale?

 

I benefici per la Collettività derivanti dall’utilizzo dello Spazio, un Bene Comune protetto da tutti i meccanismi di profitto, sono enormi e innegabili. Il controllo e monitoraggio dei fenomeni terresti, dell’ambiente e del clima, la previsione degli eventi estremi, lo studio della dinamica terreste, atmosferica e oceanica, la mappatura della superficie terrestre, il supporto agli interventi di soccorso in situazioni di emergenza, l’accesso universale alla conoscenza, la comunicazione tra Popoli, tanto per citarne alcuni.

Sembrano cose molto lontane da noi, dal nostro agire quotidiano, ma almeno bisogna sforzarsi di capire cosa sta succedendo là fuori, per cercare di impedire l’accaparramento brutale dello Spazio da parte di pochi a discapito dell’intera Umanità. Non è facile immaginare forme di resistenza o attivismo interplanetario, pur essendo noi dei sognatori, ma si può comunque cercare di approfondire il tema preparandoci alla difesa dei trattati internazionali che attualmente proteggono uno Spazio Esterno che sta diventando sempre più affollato e appetibile.

 

Per approfondire i temi trattati nell’articolo è possibile ascoltare anche la trasmissione di Radio Onda Rossa Libera Scienza in Libero Stato

Foto di copertina di Rendy Merrill da Flickr