ROMA

Bersani (Attac): «No al Ddl Concorrenza, beni comuni sono essenziali»

A Roma, domani sarà in corso una mobilitazione sotto il senato per opporsi al Ddl concorrenza. Un presidio organizzato dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, per una società della cura

Mentre il Ddl concorrenza è in discussione al senato, la campagna “fermare il Ddl Concorrenza, difendere acqua, beni comuni, diritti e democrazia” sarà in presidio dalle 16 sotto ai palazzi istituzionali per «porre uno stop a questo modello sociale basato sui profitti», si legge sul comunicato stampa del gruppo. Abbiamo intervistato Marco Bersani, tra i promotori dell’iniziativa.

In cosa consiste il Ddl concorrenza?

Il Ddl concorrenza fa parte delle cosiddette riforme abilitanti concordate con l’Unione Europea per l’accesso ai fondi del Recovery Plan. Concorrenza, competitività e crescita sono il faro e la direzione di tutte le scelte politiche di questo governo e nella sostanza il disegno di legge è il tentativo concreto di privatizzare tutti i servizi pubblici locali (compresi quelli sportivi e culturali), quindi non solo quelli a rilevanza economica, ovvero l’idrico, energetico, i trasporti pubblici e i rifiuti.

È un passo ulteriore rispetto ai tentativi di privatizzazione precedente, perché ridefinisce il ruolo dei comuni: ne indica come forma di gestione ordinaria la messa sul mercato dei servizi.

Nel caso un’amministrazione decidesse per l’autoproduzione, cioè la gestione diretta di un servizio, cosa che ha sempre fatto parte dei compiti di un comune, allora vengono previste un insieme di procedure, tra cui la produzione di una relazione approfondita dal punto di vista finanziario e contabile, in cui spiega perché ha deciso di non ricorrere al mercato. Siamo al paradosso, un comune che fa il suo mestiere deve portare la giustificazione. Inoltre, la relazione sarà mandata all’antitrust, a cui spetta il compito di dare il via libera e in caso di approvazione del documento, il comune è impegnato annualmente a rivedere la scelta della gestione diretta dei servizi, confermandola o meno.

Nel caso un comune privatizzi un servizio, il Ddl concorrenza prevede che il privato rediga semplicemente una relazione annuale in cui descrive gli investimenti fatti. Quindi inserendo questi due percorsi differenti è chiara qual è la volontà del governo: i comuni devono privatizzare se non lo fanno gli mettiamo i bastoni fra le ruote.

Inoltre la legge prevede per i comuni che decidono di associarsi nella gestione dei servizi, quindi costruendo le multiutility, degli incentivi economici da parte del governo. Viceversa i comuni che decidono di gestire autonomamente i servizi, non riceveranno alcun incentivo economico, quindi si tratta ovviamente di un processo che modifica completamente la funzione pubblica e sociale dei comuni, che non sono più i garanti dei diritti fondamentali delle comunità di riferimento ma diventano i facilitatori dell’espansione degli interessi finanziari sui diversi settori della società.

Questo Ddl mette dunque una pietra tombale sul referendum che nel 2011 ha visto la maggioranza assoluta degli italiani votare contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali, sottraendone la gestione dalla legge di mercato, a partire dall’acqua, viole la volontà sovrana espressa dal popolo italiano e presenta dei vizi di incostituzionalità.

Perché opporsi a tutto questo?

Bisogna contrastare questa idea che si esce dalla crisi della pandemia, dalla crisi finanziaria e climatica oltre a quella innescata dalla guerra attraverso il mercato, faro delle scelte politiche e economiche. Oltre a contrastare l’idea che ci sia ancora bisogno di ragionare in termini di concorrenza, competizione, crescita. Ci sembra evidente che l’esistenza dei beni comuni sia essenziale alla vita delle persone e alla loro dignità e che vadano sottratti al mercato. L’ha detto un referendum, ma lo dice qualsiasi ragionamento di buon senso che occorre fermare questo ddl concorrenza, che porta alla privatizzazione definitiva dei servizi pubblici locali, ma soprattutto allo snaturamento della funzione stessa degli enti locali e della democrazia di prossimità.

È nata una campagna con l’intenzione di far schierare gli enti locali contro questo provvedimento che ha raccolto centinaia di adesioni da parte di reti associative, di movimento e sindacati. Sono state prodotte delle delibere per chiedere lo stralcio dell’art 6 del decreto, che riguarda i servizi pubblici locali, approvate dai consigli regionali delle Marche e del Friuli Venezia Giulia e da una settantina di comuni, tra cui alcune grandi città come Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli e Trieste.

La campagna continua ad avere consensi e cominciano ad arrivare dei “rumors”, non sono ancora delle decisioni, quelle le vedremo. La discussione sul Ddl in Senato che doveva concludersi entro aprile adesso sappiamo che andrà avanti fino a maggio. Inoltre, l’approvazione finale che era prevista per giugno adesso è già stata posticipata a luglio, il che segnala che ci sono dei problemi interni.

Le amministrazioni delle grandi città che si sono pronunciate contro il Ddl concorrenza sono dello stesso segno politico del governo nazionale quindi è chiaro che all’interno, in particolare del Partito democratico, si sono create delle contraddizioni, ci sono sindaci Pd che interrogano i ministri Pd.

Noi stiamo organizzando mobilitazioni per allargare queste contraddizioni, domani saremo davanti al Senato e la campagna Ddl concorrenza ha lanciato una giornata di mobilitazione nazionale da fare nei territori per il 14 maggio: chiediamo a comitati e gruppi di organizzare iniziative davanti alle sedi dei comuni per segnalare che il comune è una ricchezza collettiva e non qualcosa che è in mano ai grandi interessi finanziari.

Immagine di copertina dalla pagina Facebook di Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua