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Avanzata jihiadista, che succede in Iraq?

In questi ultimi giorni giornali e tv sono tornati a parlare di Iraq e di Siria per le travolgenti vittorie delle forze del radicalismo islamico. Abbiamo provato a capirne di più con Stefano Nanni, addetto stampa di Un Ponte per… e redatorre di Osservatorio Iraq.

L’avanza jhiadista proveniente dalla Siria sembra sia inarrestabile. A più di dieci anni di distanza dall’invasione del 2003 che situazione politica vive l’Iraq e in particolare le province del nord?

La situazione generale dell’Iraq è altamente instabile. I dieci anni di guerra dal 2003 in poi non hanno apportato la dichiarata stabilità e democrazia. Soprattutto a partire dall’anno scorso questi ultimi due elementi possono essere considerati un miraggio: l’anno 2013 è stato un anno orribile, con le violenze tra forze nazionali e insurrezionali, e tra gruppi rivali, che hanno provocato oltre 9mila morti. E la metà del 2014 purtroppo sembra seguire questa tendenza.

Nel nord del paese da una parte ci sono le province del nord-ovest, e lì parliamo del confine con la Siria, dove ovviamente il rafforzamento dell’ISIS (per le ragioni di cui sotto) contribuisce all’instabilità dell’area. Tutt’altro discorso se si intende il Kurdistan iracheno, dove la situazione è radicalmente opposta, essendo una regione semi-autonoma per quanto riguarda tanti ambiti politici. Non sono mancate tuttavia tensioni tra Erbil (capitale kurda) e Baghdad, proprio sulla questione autonomia, in particolare per quanto riguarda le risorse energetiche (petrolio).

Cos’è l’Isis? Perché ha spostato i suoi sforzi militari dalla Siria all’Iraq?

L’ISIS (in arabo acronimo Da’ish) è l’ultima evoluzione dell’esperienza di Al Qaeda in Iraq, che risale a poco prima dell’invasione statunitense del 2003, quando il gruppo si chiamava “Al Qaeda in Mesopotamia” e che venne poi inglobato nello Stato Islamico di Iraq, secondo dinamiche alquanto complesse difficili da sintetizzare. Quest’ultimo sostanzialmente era composto da gruppi insurrezionali sunniti che si opponevano agli Stati Uniti. Si può dire che fino al 2006 le azioni di questo gruppo non avevano grande successo, essendo per la maggior parte represse dalle forze irachene e dell’occupante americano. Tuttavia la strategia americana per combattere l’insurrezione negli anni peggiori della guerra civile in Iraq (2006-2008) portò le forze di occupazione a riprendere il controllo del paese, ma non cancellò del tutto l’organizzazione armata.

La guerra in Siria è significata per l’ISIS una nuova occasione per lanciare la sua controffensiva e perseguire l’obiettivo di creare uno stato islamico nel territorio dell’Iraq e della Siria. L’organizzazione Jabhat al-Nusra, operativa principalmente in Siria dal 2012, inoltre, ha rappresentato il punto di scontro e di rottura tra l’ISIS e al-Qaida, essendo entrambe le organizzazioni interessate a esercitare il proprio controllo su di essa, che attualmente rimane divisa in fazioni.

Inoltre, la debolezza dell’esercito iracheno e l’incapacità di Baghdad di controllare diverse parti del territorio, tra cui, ad esempio, la provincia di Al Anbar, sotto attacco dallo scorso gennaio e anch’essa oggetto di occupazione da parte dell’ISIS, hanno reso possibile la sua avanzata, fino ai recentissimi sviluppi.

I media mainstream parlando di una catastrofe umanitaria in corso con centinaia di migliaia di profughi in fuga. Che notizie avete?

Catastrofe non è la parola più appropriata. Certamente è una situazione drammatica, perché Mosul è una città di oltre 1,5 milioni di abitanti da cui più di 500mila persone sono in fuga in pochi giorni, ma al momento la situazione, seppur in emergenza e in continua evoluzione, sembra essere sotto controllo. Dai nostri operatori (a nord, nell’area di Dohuk ed Erbil) giungono notizie di code chilometriche ai checkpoint, con tante persone che arrivano con il solo stretto necessario a piedi, in macchina o con qualsiasi mezzo di fortuna. Alcuni sono stati anche costretti a tornare indietro per mancanza di adeguati rifugi, nonostante l’allestimento di due campi profughi provvisori. Un ponte per…, dal canto nostro, si è attivata da subito per l’acquisto di beni di prima necessità da far avere il prima possibile alle comunità di minoranze di Qara Qosh e Bashiq, alle porte di Mosul (400mila abitanti circa). Non siamo in grado di fare previsioni, tuttavia, dal momento che l’avanzata dell’ISIS continua in queste ore.

Il mondo è stato a guardare e a contendersi un pezzo di egemonia in Medio Oriente, finanziando chi il regime chi la guerriglia in Siria, mentre una guerra civile feroce va avanti con un costo altissimo per la popolazione…

Quello che succede in Siria è emblematico di come gli interessi di tanti attori esterni in Medio Oriente siano ben altri che democrazia, diritti umani, sviluppo economico e sociale. La crisi siriana non nasce come una guerra civile, bensì come proteste nonviolente represse dal regime per poi evolversi nel grande caos statico attuale. In questo caos, come sempre, la popolazione è la prima a pagare…

approfondimenti dal sito di Osservatorio Iraq

Iraq l’avanzata dell’Isis e le debolezze di Baghdad

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