ROMA

Approvata la svendita del patrimonio Atac, aumentano le proteste

Continua la procedura per la svendita degli immobili di Atac, ufficialmente messi sul piatto del concordato dalla Giunta Capitolina

Abbiamo già raccontato altrove come la vicenda del patrimonio immobiliare Atac, lunga tre lustri, sia pienamente inserita nella storia della mala gestione della partecipata romana. A questo affresco sta per aggiungersi un nuovo tassello: il 3 gennaio, infatti, la Giunta Capitolina ha approvato una memoria in cui «dà mandato al Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica, in sinergia con il Dipartimento Mobilità e Trasporti, di consentire l’alienazione di complessi immobiliari di proprietà di Atac Spa».

Un patrimonio fatto principalmente di ex-rimesse e stimato 95 milioni di euro: una cifra irrisoria se paragonata alla totalità del debito di Atac, che si aggira intorno a 1,3 miliardi. Briciole, insomma, che però, a detta della Giunta, sarebbero indispensabili per il piano di risanamento dell’azienda. La vendita degli immobili si profila dunque quale lubrificante per la ricapitalizzazione della partecipata, a fronte di una profonda ristrutturazione gestionale e finanziaria.

 

Una ristrutturazione a metà

Il salvataggio di Atac, avviato a settembre, è infatti un processo complesso, dal quale  – come riportato in un’altra memoria di Giunta del 30 settembre 2017 – «emerge l’impossibilità di sviluppare indirizzi operativi concernenti esclusivamente processi di ricapitalizzazione, in assenza di adeguate garanzie concernenti il riequilibrio della relativa gestione economico-finanziaria».

Quali iniziative sta prendendo il Comune per far sì che questo accada? Una, per il momento, di grande rilevanza per il personale, è quella del 27 novembre scorso, ovvero l’accordo con alcune sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Faisa CISAL e UGL) che prevede l’aumento del monte ore settimanale da 36 a 39, in adeguamento alla normativa nazionale del settore trasporti. Accordo contro il quale si sono invece schierati Usb, Faisa Confail e Orsa, secondo i quali la turnazione prevista non permetterebbe ai lavoratori di svolgere le pause necessarie tra le varie corse, mettendo così in pericolo la salute dei conducenti e dei viaggiatori. Contro questa misura e portando avanti la richiesta di un referendum tra il personale è stato indetto uno sciopero per venerdì prossimo 12 gennaio.

Ma, oltre ad aumentare il carico di lavoro dei conducenti – l’ultima ruota del carro, anzi del carrozzone che è Atac – cos’altro è stato fatto in termini di ristrutturazione aziendale e di miglioramento del servizio? Poco, molto poco, se si pensa che quasi la metà dei dipendenti Atac è ancora costituito da personale dirigente, con una sproporzione numerica che fa gridare allo scandalo, mentre gli altri punti previsti al Piano Industriale di risanamento delineato in autunno – l’adeguamento della flotta e l’aumento delle corsie preferenziali – sono lontani dall’essere realizzati.

 

Le proteste dei cittadini

È in questo quadro, quindi, che la Giunta ha deciso di procedere con la vendita di un patrimonio immobiliare che frutterebbe poco in termini di liquidità finanziaria, ma che, se mantenuto, potrebbe invece essere inserito tra i punti di forza per il rilancio dell’azienda. Il dato più interessante dell’ultimo atto capitolino riguarda la destinazione d’uso degli immobili in vendita, che debbono mantenere «l’attuale destinazione urbanistica» e privilegiare «la vocazione a servizi pubblici urbani». Una novità rispetto al progetto precedente, che voleva la trasformazione delle ex-rimesse di Piazza Ragusa, Piazza Bainsizza e San Paolo in complessi residenziali e commerciali, e tuttavia insufficiente a placare le proteste della rete territoriale Cinecittà Bene Comune e dei comitati di cittadini impegnati da anni su questo tema.

Quella sulla destinazione d’uso è una nota a margine che sembra infatti servire solo a mascherare la grossa lacuna di questa come delle precedenti amministrazioni, e cioè la mancanza di una reale consultazione con la cittadinanza sui processi di trasformazione urbanistica relativi al patrimonio immobiliare Atac. Sulla pagina di Atac Patrimonio della sezione Urbanistica del sito di Roma Capitale si legge infatti che:

«Una seconda serie di immobili (Complesso immobiliare ex rimessa “San Paolo” – via Alessandro Severo; Complesso immobiliare ex rimessa “Vittoria” – P.zza Bainsizza, via Monte Santo, viale Angelico, Viale Carso, via Monte Nero; Complesso immobiliare ex rimessa “Piazza Ragusa” – P.zza Ragusa, via Verbania, via Tuscolana, via dei Rogazionisti; Area edificabile “Garbatella” – via Libetta – via Argonauti; Area “Cardinal De Luca” – Via Cardinal De Luca; Area “Centro Carni” – via Severini; Area “Acilia” – Via Enrico Ortolani), costituiti da rimesse ed aree libere, necessitando di varianti urbanistiche, saranno sottoposti ad una procedura d’informazione e consultazione della cittadinanza, disciplinata con Regolamento Comunale (Allegato A alla Delibera di C.C. n. 57 del 2/03/2006), anche al fine di migliorare la struttura urbana della città, la qualità della vita e produrre inclusione sociale».

Dov’è stata, in questi anni, e dov’è ora, dunque, la «procedura di informazione e consultazione della cittadinanza disciplinata con Regolamento Comunale»? L’unica vera procedura di progettazione partecipata è stata avviata nel 2012 per la riqualificazione dell’ex-rimessa Vittoria di piazza Bainsizza: un processo virtuoso che ora, a fronte del concordato, rischia di saltare. Per la rimessa San Paolo e quella di piazza Ragusa, invece, di partecipazione e consultazione non v’è traccia.

Per tutti questi motivi, e per chiedere lo stralcio delle rimesse di piazza Bainsizza e piazza Ragusa dalla lista degli immobili in vendita, si preparano in settimana diverse mobilitazioni. Giovedì 11 gennaio la rete territoriale Cinecittà Bene Comune sarà in presidio sotto l’assessorato alla Mobilità, chiedendo di essere ricevuta dall’assessora Meleo, mentre a piazza Ragusa i condomini e gli esercizi commerciali di zona hanno indetto una raccolta firme per venerdì 12 gennaio, in concomitanza con lo sciopero.