EUROPA

Anatomia di una strage: Hillsborough 1989

15 aprile 1989, Hillsborough Stadium di Sheffield: semifinale del Fa Cup tra i ‘Reds’ del Liverpool e il Nottingham Forest. L’atmosfera era carica e gioiosa come quella che precede una partita importante. Era un sell-out match, un tutto esaurito con 54.000 spettatori. Fu una strage. Il bilancio di 766 feriti e 96 morti.

Martedì 26 aprile, 27 anni dopo, un’inchiesta governativa iniziata nel 2014 e durata due anni – la più lunga inchiesta con giuria nella storia legale britannica – ha ribaltato la narrazione che incolpava hooligans e tifosi con un verdetto di omicidio colposo nei confronti della polizia inglese, stabilendo che questa fu “la causa principale del disastro”.

All’origine della strage ci fu infatti la decisione del commissario di polizia del South Yorkshire David Duckenfield di aprire il “Gate C” per far defluire una folla di circa 10.000 tifosi del Liverpool accalcati fuori dallo stadio. Mancavano otto minuti all’inizio della gara. La curva assegnata ai tifosi del Liverpool aveva soltanto sette ingressi, e la polizia aveva “completamente perso il controllo” della situazione già alle 14.35 quando si era creata una ressa di spettatori che premevano per entrare. Il sovrintendente incaricato di gestire la situazione all’esterno dello stadio, un ruolo che ricopriva per la prima volta, fu ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre si sbracciava in mezzo alla folla. Non c’era infatti alcun “piano operativo” per filtrare l’ingresso degli spettatori, e a nessuno venne in mente di ritardare l’inizio della partita.

Alle 14.52 Duckenfield ordinò l’apertura del “Gate C” per disperdere la folla all’esterno dallo stadio, senza far chiudere il tunnel che terminava nella tribuna centrale, già piena, e senza far deviare il percorso della folla verso le tribune laterali ancora semi-vuote. Il risultato fu che 2.000 persone entrarono improvvisamente nel tunnel che portava alla tribuna centrale, la Leppings Lane terrace. Si creò un ingorgo pazzesco. Nella ressa 96 persone, di cui 37 adolescenti, persero la vita.

Diciannove giorni prima, David Duckenfield era stato nominato responsabile della sicurezza per l’evento. Il suo predecessore, Brian Mole, esperto nella gestione dell’ordine pubblico, aveva coordinato la sicurezza durante le finali dell’87 e dell’88 ma era stato rimosso dall’incarico da un giorno all’altro, per via di un prank, uno scherzo esagerato: alcuni poliziotti sotto il suo comando avevano inscenato una finta rapina, ma con una pistola vera, legando e imbavagliando un collega.

Duckenfield, il nuovo responsabile per l’ordine pubblico allo stadio, non aveva mai gestito una partita a Hillsborough, in effetti non aveva mai gestito alcuna partita. Non era mai stato allo stadio di Hillsborough, non aveva fatto alcun sopralluogo prima di approvare il piano operativo per la sicurezza, non aveva letto i relativi documenti, non conosceva la piantina dello stadio. Non aveva insomma alcuna preparazione di base per il compito affidatogli, tantomeno alcuna formazione sulla gestione delle folle. Non sapeva neppure che la polizia era responsabile di monitorare il numero di spettatori in ogni tribuna (quando queste erano ancora a gradinate, senza posti a sedere), un calcolo che a quel tempo si faceva a occhio. Non aveva mai visto uno stadio pieno, non sapeva quali segnali cercare. Fondamentalmente, però, la polizia non era incaricata di cercare i segnali di sovraffollamento, e per questo non li vide, neppure quando furono evidenti. Quello che la polizia cercava erano segnali di mis-behaviour, di disordine da parte degli hooligans.

Così, quando durante la calca mortale qualcuno tentò di scavalcare le recinzioni metalliche che separavano le tribune dal campo, venne preso a manganellate e ricacciato indietro. La polizia trattò la situazione come una invasione di campo, perché questo temeva. Del resto, le reti metalliche stesse erano un chiaro indizio dell’atteggiamento repressivo nei confronti degli hooligans che aveva influenzato le scelte di design degli stadi nel corso degli anni ’80.

Quando la gravità della situazione divenne del tutto evidente, la polizia interviene. Non con le ambulanze, bensì con le unità cinofile.

Dopo aver provocato la strage e ritardato i soccorsi, la polizia fece di tutto per nascondere la verità circa le sue dirette responsabilità. La sistematica criminalizzazione dei tifosi, degli hooligans e delle vittime stesse sarebbe stata alla base della versione della polizia e di una operazione, questa volta efficientissima, di occultamento delle prove.

Polizia e giornali dissero che i tifosi erano arrivati tardi, che erano ubriachi, che non avevano i biglietti, che avevano forzato i cancelli. Mentre ancora le persone morivano sul campo, Duckenfield dichiarò che un gruppo di tifosi senza biglietto aveva forzato un ingresso. La polizia corresse subito dopo la dichiarazione, ma ormai la versione degli hooligan ubriachi, ripresa dal notiziario della BBC alle 15,13, aveva iniziato a circolare. Il giorno dopo, mentre Margaret Thatcher visitava lo stadio, “The Sun” pubblicava in prima pagina accuse tremende provenienti da “fonti ignote” nei confronti dei tifosi: avrebbero urinato sui poliziotti, impedito le operazioni di soccorso, e derubato le vittime. I parenti delle vittime furono interrogati, sottoposti a domande sulla quantità di alcool assunta dai familiari e trattati alla stregua di criminali. Alle vittime, bambini inclusi, fu misurato il tasso alcolico nel sangue. Soltanto in 6 delle 96 vittime questi livelli si rivelarono superiori alla norma. Alle 17,58 la polizia fece fotografare la spazzatura accumulata in vari angoli dello stadio. Le fotografie mostrano poche lattine di birra in mezzo a tante lattine di Sprite e Coca Cola. I verbali della polizia invece rivelano che la sera del 15 aprile molti dei poliziotti presenti allo stadio, che si erano ritrovati al Niagara club per rielaborare gli eventi della giornata in quella che sarebbe diventata la versione ufficiale, erano “considerevolmente ubriachi”. Dukenfield ha dichiarato che, durante il corso della prima inchiesta, era solito bere “mezzi bicchieri di whiskey” di mattina, al tempo in cui ancora raccontava la versione degli hooligans ubriachi e senza biglietto.

La prima inchiesta si concluse nel 1991 con un verdetto di “morte accidentale”. Si sa oggi che per quella prima inchiesta 164 testimonianze di poliziotti furono falsificate, modificate con l’eliminazione di ogni riferimento o critica dell’inefficienza dei dirigenti, del personale sanitario, della società calcistica o degli ingegneri che avevano progettato lo stadio, strutturalmente obsoleto e pericoloso. La nuova inchiesta ha concluso invece che, come molti già sapevano, i tifosi non hanno avuto alcun ruolo nel provocare la strage, fu il timore e lo sforzo di reprimere il tifo violento da parte della polizia che la causò. Infatti la priorità della polizia quel giorno era la prevenzione dell’hooliganism e del disordine, e questa aveva ricevuto precise istruzioni di prevenire invasioni di campo. Più enfasi fu posta su questo che sulla sicurezza pubblica.

La strage di Hillsborough e il Taylor Report, la prima inchiesta governativa realizzata, determinarono una svolta nel processo di trasformazione che il mondo del calcio aveva subito già dai primi anni ’80, quando erano stati introdotti una serie di provvedimenti anti-hooligans (tra cui l’equivalente del Daspo) voluti dalla Thatcher.

Erano gli anni dell’Inghilterra thatcheriana, della repressione delle lotte dei lavoratori e di una determinata police culture degli anni ’80, fatta di violenza e impunità. In un paese il cui primo ministro considerava i minatori in sciopero il “nemico interno”, la criminalizzazione di dissidenti e oppositori da parte del suo corpo di polizia non era un fatto nuovo. Già anni prima di Hillsborough lo stesso corpo di polizia del South Yorkshire aveva fabbricato una menzogna per coprire i propri misfatti, guadagnandosi l’appellativo di black propaganda unit, quando nel giugno del 1984 a Ogreave aveva caricato, picchiato e arrestato migliaia di minatori in sciopero contro la chiusura delle miniere imposta da Thatcher. I minatori sarebbero stati etichettati dai media come vandali e delinquenti.

La stessa citta’ di Liverpool fu in qualche modo criminalizzata, con la costruzione di una reputazione negativa che durò negli anni proprio in virtù della resistenza che la sua working class aveva opposto alle politiche della Thatcher. Una antipatia reciproca, tanto che dopo i Toxteth riots nel 1981 – scoppiati a causa delle tensioni tra la polizia e la comunità nera in una delle zone più povere di Liverpool – Thatcher rispose a una proposta di investimenti pubblici per risollevare la città con la famigerata teoria del managed decline, del declino controllato.

La strage di Hillsborough ha quindi toccato profondamente tutta la città di Liverpool, pesantemente etichettata attraverso le accuse rivolte ai suoi tifosi di aver causato la strage con il loro comportamento di vandali ubriachi. Martedì scorso il verdetto della giuria ha ufficialmente ribaltato questa narrazione, dopo 27 anni la città ha festeggiato la verità sulle note di You’ll Never Walk Alone.