ITALIA

All’Eni la formazione docenti sull’ambiente, Fridays For Future torna all’attacco

Azioni creative e presidi in tutta Italia contro il cane a sei zampe, proprio mentre diventa pubblica la scelta del Ministero dell’Istruzione di permettere all’azienda di organizzare in tutta Italia la formazione dei docenti su temi ambientali

Una delle leggende che agevolò la costituzione del governo Conte bis fu la promessa che sarebbe stato un governo attento alle politiche ambientali, in momento storico in cui finalmente la consapevolezza della gravità della emergenza climatica in cui viviamo si è allargata ad ampi settori della popolazione. Su Dinamo abbiamo più volte dimostrato l’ipocrisia che si celava dietro a questo vestito verde fortemente pompato dalla stampa mainstream. Tra gli atti che rafforzarono questa narrazione governativa vi fu la scelta dell’ormai ex ministro Fioramonti di permettere agli studenti di essere assenti da scuola senza bisogno di giustificarsi durante lo sciopero del 27 settembre e successivamente la scelta di introdurre la tematica del cambiamento climatico nelle scuole superiori.

In questi giorni si è però compreso cosa ci fosse dietro questa scelta. Ha preso avvio in tutta Italia un percorso formativo per docenti delle scuole italiane, coordinato da ANP (Associazione Nazionale Presidi) e ENI. In particolare i seminari riguarderanno i seguenti quattro macrotemi: il cambiamento climatico, l’efficienza energetica, i rifiuti e le bonifiche ambientali. Detta così potrebbe sembrare una notizia di Lercio, ma purtroppo è tutto vero.  Volendo fare un parallelo con scelta del Ministero dell’Istruzione, è come se la formazione alla legalità nelle scuole fosse organizzata in cooperazione con Cosa Nostra.

Eni è la dodicesima azienda al mondo per produzione di gas serra, la peggiore del nostro paese. L’azienda è accusata di gravissime violazioni a diritti ambientali e sociali in paesi come Nigeria, Mozambico, Congo. Eni è sotto processo a Milano per una mega-tangente di 1, 1 miliardi di dollari pagata a funzionari del governo nigeriano per ottenere il permesso di estrarre nel pozzo OPL 245, ed è responsabile di gravi danni ambientali in Val D’Agri (Basilicata).  Eni investe il 77% del suo capitale in estrazione e lavorazione di prodotti fossili (gas e petrolio). Eni è stata da pochi giorni condannata dall’Antitrust per pubblicità ingannevole, a causa di una campagna di promozione di un suo prodotto diesel ottenuto con una piccola quantità di biocarburanti e presentato come sostenibile.

In un blog su “Il Fatto Quotidiano” Greenpeace scrive «Proprio l’Eni, che ha responsabilità non irrilevanti proprio su due dei temi che riguarderanno le attività di insegnamento, “cambiamenti climatici” e “territori da bonificare”, verrebbe chiamata a svolgere un ruolo chiave in questo percorso formativo. Percorso che, invece, dovrebbe essere svolto da soggetti terzi, rappresentanti degli interessi collettivi e non di un’azienda privata che, non solo fa profitti sfruttando i fossili – di cui si dovrebbe ridurre drasticamente il consumo, se vogliamo evitare l’aumento esponenziale delle temperature nel nostro Pianeta – ma che, in questi anni è stata responsabile di grandi impatti ambientali sul nostro territorio».

 

 

Teachers for Future Italia ha invece scritto un comunicato dicendo che « non possiamo che prendere le distanze da questa iniziativa che coinvolge una delle grandi aziende mondiali che causano cambiamento climatico e contaminazione del pianeta attraverso l’estrazione senza limiti dei combustibili fossili, che è già stata riconosciuta responsabile di immani disastri ambientali, corruzione, sfruttamento dei paesi poveri e che tenta di dipingere di verde la sua sua anima nera attraverso costante e pressante attività di greenwashing; non possiamo che invitare i docenti a boicottare l’iniziativa, perché ENI è e resta il simbolo assoluto del sistema che anche come docenti vogliamo modificare per ottenere giustizia climatica e ambientale e combattere l’ecocidio»

Il legame dell’azienda con le stanze di bottoni ai piani più alti del nostro paese è risaputa e storica, ma per arrivare a un paradosso grottesco quale quest’ultimo probabilmente c’è una scelta strategica di fondo. Ricordiamo che fin dal mese di novembre Eni è diventato target principale delle iniziative del movimento Fridays For Future Italia. In particolar modo è stata oggetto di una azione a Roma, a pochi giorni dallo Strike del 29 novembre e pure durante lo sciopero in molti hanno denunciato le sue politiche con azioni dirette presso raffinerie e pompe di benzina.

La notte tra il 23 e il 24 gennaio, in tutta Italia il movimento ha preso di mira l’azienda con una affissione diffusa di cartelloni che mimano la pubblicità dell’azienda “Chiara + Eni” e ne sovvertono il messaggio in un “Luca – Eni” dove i volti ritratti sono proprio quelli dei giovani che da più di un anno animano le piazze d’Italia chiedendo giustizia sociale e ambientale.

Nel pomeriggio del 24 gennaio, i Fridays For Future sono poi tornati in presidio contro Eni in tutta Italia. A Roma la manifestazione si è svolta davanti alla sede della multinazionale all’Eur, esponendo lo striscione. Eni Ordina > Il Governo Esegue à il Pianeta Brucia.  I dirigenti, a differenza di novembre in cui erano scesi a parlare e si erano dimostrati cordiali e gentili, questa volta hanno sigillato i cancelli e sono rimasti dentro il loro grattacielo.

Senza scadere in complottismi, si può però immaginare che la scelta di Eni di promuovere la formazione per docenti sia mossa proprio dall’interesse di fermare l’ondata di critiche di cui è stata recentemente oggetto, provenienti proprio da quel mondo giovanile a cui arriverà, tramite la “mediazione” dei docenti, questa supposta formazione sui cambiamenti climatici.

Lo scandalo è che il Ministero dell’Istruzione abbia avallato questa operazione.

Gli studenti di Fridays For Future, però, oggi hanno chiaramente dimostrato che non si faranno ingannare e che il cambiamento climatico non solo sanno già cosa sia perché lo hanno studiato, ma pure sono pronti a continuare con determinazione la lotta per fermarlo, in primis attaccando il più grave responsabile in Italia, cioè l’azienda del cane a sei zampe.
 

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