ROMA

Al via il festival Bande des Femmes

Al via Bande des Femmes, festival del fumetto e dell’illustrazione organizzato dalla libreria e bistrot del Pigneto Tuba Bazar. Per la prima volta la rassegna sarà interamente online, trasmessa in diretta sul sito web Tuba e sul profilo Facebook del festival

Si è aperta ieri la settima edizione di Bande des Femmes, il festival del fumetto e dell’illustrazione organizzato da Tuba Bazar, libreria e bistrot che anima il Pigneto dal 2007. La rassegna, per le misure di contenimento della Covid previste in tutta Italia, sarà per la prima volta interamente online: trasmetto in diretta sul sito web Tuba e il profilo Facebook del festival stesso. Per l’occasione, per farci raccontare le novità e le difficoltà dell’edizione 2020, abbiamo incontrato Sarah Di Nella e Ginevra Cassetta, socie della libreria-bar di via del Pigneto e curatrici di Bande des Femmes.

 

Giunto alla settima edizione, Bande des Femmes cambia palcoscenico, ma non il suo spirito…

Bande des Femmes è un festival di fumetto e illustrazione che da sempre parla di identità, corpi e narrazioni Lgbtqia+. E lo fa puntando il proprio obiettivo su fumettiste, sceneggiatrici, letteriste, coloriste e traduttrici. Tutte coloro insomma lavorano nel mondo del fumetto e lo fanno chiaramente, in quanto donne, incontrano spesso difficoltà.

Tra i numerosi incontri, infatti, ce n’è uno col neonato collettivo Moleste…

Francesca Torre e Sara Pichelli, che sono tra le fondatrici del collettivo, saranno le protagoniste di una tavola rotonda insieme a Rita Petruccioli: un format che abbiamo deciso di chiamare Matite fuori dai cardini e che abbiamo sviluppato per agevolare riflessioni su femminismo e fumetti. Infatti al suo interno avremo anche un incontro tra il collettivo Cheap Street Poster Art e Lucha y Siesta, intitolato La Lucha è fica. Si parlerà di come illustrazione, fumetto e street-art possono essere utilizzate in un modo politicamente dirompente al fine di di spostare, almeno un po’, i confini di uno spazio pubblico che troppo spesso non è a misura di tutte e di ragionare sull’ideologia del decoro, che troppo spesso grava sulle città.

 

A proposito di città, nonostante l’edizione di quest’anno sia completamente online, Bande des Femmes ha costruito negli anni una rete di relazioni con il quartiere in cui si svolge e la città di Roma…

Bande des Femmes negli ultimi sette anni si è sempre svolto nel quartiere Pigneto, esattamente dove Tuba si colloca come libreria di quartiere e anche come punto di riferimento culturale per tutta quella che è la storia delle donne e dei movimenti femministi. Dunque il focus rimane, sia verso Pigneto sia verso Roma: anche per questo motivo per noi è molto importante ospitare una realtà come Lucha, che da due anni è sotto minaccia di sgombero e sono quasi tredici invece che garantisce un presidio femminista di lotta quotidiana per tutte le donne di questa città.

Tuba ha sempre sostenuto Lucha e continua a farlo. Quest’anno, partendo dalla campagna delle Luchadoras, abbiamo sviluppato uno spazio di riflessione che coinvolge anche Cheap Street Poster Art. Il loro è un lavoro abbastanza diverso, ma mosso dagli stessi intenti: cioè far parlare i muri delle metropoli di femminismo, lotta alle discriminazioni di genere, sorellanza, solidarietà e tutti quei temi che da sempre sono parte fondante tanto di Tuba quanto di Lucha y Siesta.

 

Considerati tutti questi legami con Pigneto e Roma, quando è stato doloroso doversi orientare verso lo streaming online?

Questo è un anno in cui le uscite a fumetti sembravano fatte apposta per Bande des Femmes: non potevamo proprio saltare: c’è stata una proliferazione senza precedenti di narrazioni femministe, trans e queer che sono davvero interessanti e che avevamo tantissima voglia di raccontare. Oltretutto questo è stato il primo anno in cui il programma era pronto con largo anticipo, anche se poi abbiamo dovuto adattarlo alla dimensione online: ovvero stravolgerlo quasi completamente. Questo però ci ha permesso di coinvolgere alcune artiste, come nel caso della svedese Liv Strömquist, che altrimenti avremmo fatto più fatica a invitare.

Inoltre ci ha permesso di avere interventi dal Brasile, dal Messico, dagli Usa… Da piccolo festival di quartiere siamo diventati un quartiere globale, quindi siamo riuscite in qualche modo a raggiungere anche un pubblico più ampio. È vero che viene a mancare il fatto di poter condividere uno spazio e il poter incontrarsi, dialogare, creare legami e relazioni, ma stiamo già pensando, contagi permettendo, di invitare l’anno prossimo tutte le persone con cui si è instaurato un dialogo. In realtà poi la dimensione streaming ci ha dato la possibilità, grazie alla collaborazione con Double Effect, di avere alcuni incontri tradotti simultaneamente in lingua dei segni italiana: una cosa che per noi è molto significativa.

 

Nei mesi passati avete anche organizzato alcuni laboratori aperti per tracciare il sentiero che ha portato all’edizione corrente del festival…

Sì, in realtà i laboratori avrebbero dovuto essere tre. L’ultimo, che abbiamo chiamato Colorama, avrebbe dovuto essere in presenza per realizzare, insieme alla designer Michela Brescia, un proiettore con materiale di recupero: vista l’impossibilità di stare vicini a lavorare manualmente, lo abbiamo trasformato in un piccolo tutorial che sarà trasmesso sui canali web del festival e di Tuba. Gli altri due invece li abbiamo semplicemente traslati in una dimensione telematica. Il primo è Figuracce: dedicato a bambine e ragazze tra i 9 e i 13 anni, era strutturato intorno alla lettura condivisa di un fumetto e alla creazione di proprio di un racconto a fumetti intorno ovviamente a una figuraccia. Il laboratorio è stato tenuto da Luisa Montalto, un’artista finalista del premio Andersen 2019: hanno prodotto dei fumetti favolosi che abbiamo poi mostrato proprio durante la presentazione di Per Sempre della stessa Montalto.

 

Un secondo laboratorio prendeva invece il nome di Toponomastiche: in cosa consisteva?

Questo laboratorio era rivolto a maggiorenni: l’idea era appunto quella di rinominare la toponomastica di quartiere, dalle piazze alla biblioteca alla scuola… E di farlo con un’ottica spiccatamente femminile. Siamo dunque partite dal libro di Paola Pallottino, Le figure per dirlo, edito da Treccani lo scorso anno e dedicato alle illustratrici italiane dal seicento a oggi. Le stesse che poi finiranno nelle targhe realizzate durante il laboratorio. Ci tengo a sottolineare che, sia questi lavori sia quelli realizzati durante Figuracce, verranno proiettati nei muri di Pigneto lunedì sera, in occasione della Notte a colori, grazie al supporto tecnico di LAZZARO_Art doesn’t sleep.

 

Moleste, il festival stesso, ma anche il libro di Paola Pallottino accendono i riflettori sulla componente femminile di un mondo che è sempre stato considerato prettamente maschile (pensiamo anche agli abiti succinti di molte eroine dei comics)…

È vero che in passato non si parlava troppo di fumettiste, ma non sono mai mancate e hanno aperto la strada a quelle di oggi: tra l’altro continuano a realizzare albi bellissimi. È il caso di Cinzia Ghigliano che sarà nostra ospite e che ha iniziato negli anni Settanta, all’interno del movimento femminista, e continua a disegnare tutt’oggi. Poi ospiteremo anche Vanna Vinci… Insomma una serie di figure che comunque anche negli anni passati si sono fatte strada e hanno arricchito il mondo del fumetto.

Oggi assistiamo invece a un massiccio arrivo sulla scena di fumettiste assolutamente brave. Il programma di quest’anno comunque è molto variegato da un punto di vista anagrafico: ci sono artiste di tutte le età, a partire dai 24 anni di Noah Schiatti che esordisce su Asterisco Edizioni con Solleone. Al di là delle questioni anagrafiche, quello che mi sembra molto interessante è che c’è una dimensione sempre più politica in qualche modo anche nei temi che sono trattati nei vari fumetti che andiamo a presentare: molte delle opere che presentiamo quest’anno ci parlano di temi urgenti e molto importanti come il corpo, la sessualità, l’identità di genere.