ITALIA

A Bologna non è stato solo uno sfratto

La modalità in cui si è svolto lo sfratto in via Michelino a Bologna segna un salto di qualità per la violenza messa in atto. Quelle immagini che abbiamo visto sono drammaticamente uguali a quelle che da mesi ci arrivano dalla Palestina: muri abbattuti da soldati armati di fronte a bambini e bambine terrorizzatə. La lotta per il diritto all’abitare si trova a dover affrontare nuove sfide per garantire i diritti a chi una casa non ce l’ha

All’alba del 23 ottobre il condominio in via Michelino 41 a Bologna viene circondato da decine di agenti in tenuta antisommossa. È un’operazione programmata per cacciare gli ultimi inquilini rimasti ad abitarlo. A essere sfrattate sono due famiglie con bambini e bambine che nonostante pagassero regolarmente l’affitto  devono andarsene. Non hanno alternative però se non finire in mezzo alla strada e per questo resistono da mesi con l’aiuto degli attivisti di Plat.

Quella mattina la violenza dell’intervento delle forze di polizia è incredibile. Le immagini della porta sfondata e del muro dell’appartamento confinante demolito a picconate di fronte ai bambini e alle bambine terrorizzatə non si potranno cancellare dalla memoria della città.

Il palazzo, come quello limitrofo, è stato acquistato dalla società Hoxha che alla scadenza non ha rinnovato i contratti e ha costretto tutti gli abitanti ad andarsene. Gli appartamenti ristrutturati saranno destinati a turistə o affittuarə dispostə a pagare canoni altissimi. A Bologna, come succede in altre aree metropolitane, non è il primo caso di interi condomini che sono stati svuotati di inquilinə e riempiti di turistə. 

La profonda trasformazione della città l’avevamo già raccontata qui. Le scelte fatte dalle amministrazioni pubbliche hanno avuto il ruolo di facilitatore degli interessi privati. Le persone che abitavano nel centro storico sono stati espulse dall’invasione pervasiva prima dell’università e poi dalla turistificazione. Oggi il problema della casa è diventato insostenibile. Con 39mila presenze di studentə fuori sede la pressione dell’università continua a farsi sentire, ma ancora più forte è la spinta del turismo. Nel 2024, Bologna ha registrato quasi 2 milioni di arrivi turistici e 4 milioni di pernottamenti, con un aumento rispettivamente del 6,4% e del 13,3% rispetto all’anno precedente. Numeri insostenibili per una città di neanche 400mila abitanti.

Intanto gli sfratti aumentano, come aumenta la violenza durante la loro esecuzione, protetti dalle norme del DL Sicurezza, che colpisce non solo chi non esce dalle case, ma anche chi è solidale con la loro resistenza. Da anni è Plat – piattaforma di intervento sociale a seguire la lotta per la casa a Bologna e anche il 23 ottobre erano in via Michelino.

Poche ore dopo lo sfratto la rete di attivisti e attiviste Plat ha occupato uno stabile di via Don Minzoni 12, di proprietà pubblica, portando all’interno 142 persone, di cui 72 minori, tutte in emergenza abitativa. Per quell’immobile è prevista la trasformazione in studentato con 300 alloggi, di cui solo un terzo a canone calmierato. Il resto sarà messo sul mercato privato, dalla società che ha avuto la concessione, con prezzi che non consentiranno a studentə fuori sede o sfrattatə di potervi accedere.

Nel 2023 l’Amministrazione di Bologna ha presentato il Piano per l’abitare, per rispondere al problema abitativo della città,  una piano straordinario per realizzare edilizia sociale e studentati pubblici e per riqualificare case popolari. Con un investimento di 200 milioni di euro il Piano punta a realizzare 10.000 alloggi in 10 anni grazie a interventi pubblici e privati. Di edilizia pubblica non si parla più, nonostante le tante persone  in lista d’attesa che avrebbero diritto a una casa popolare, si parla di housing sociale al quale non tutti possono accedere.

La mobilitazione è continuata nei giorni successivi per chiedere una moratoria degli sfratti e l’utilizzo di ogni immobile di proprietà pubblica per dare una risposta alle famiglie senza casa o in procinto di perderla.

Per questo è stata chiesta l’apertura di un tavolo con la Prefettura e le altre istituzioni coinvolte. L’incontro si è tenuto il 29 ottobre alla presenza delle famiglie che hanno occupato lo stabile di via Don Minzoni e degli attivisti di Plat. I servizi sociali si sono impegnati a prendere subito in carico le famiglie già sfrattate e senza casa, sistemandole temporaneamente in un albergo all’interno della città, per poi essere inserite nei progetti di accoglienza gestiti da Acer.

Chi invece vive ancora nella propria abitazione pur essendo sotto procedura di sfratto potrà rientrare in casa e continuare a pagare regolarmente. È previsto un nuovo tavolo di confronto con i proprietari per rinegoziare gli accordi e ridurre la tensione registrata nelle ultime settimane.

Plat scrive in un comunicato:  «La scorsa settimana si è conclusa positivamente una vertenza sociale sulla casa che ha portato al centro della scena a livello bolognese e nazionale la questione abitativa. Un percorso di lotta nato dalla pratica del picchetto e dello sciopero e che si è confrontato con il nuovo paradigma imposto con il DL Sicurezza imposto dal governo Meloni. Abitare significa in primo luogo avere un tetto sopra la testa, certamente. Ma è una dimensione anche molto più complessa, che si intreccia con i rapporti tra le persone e la possibilità o meno di fuoriuscita dalla violenza, con le trasformazioni urbane attuali dettate da rendita e profitto e dalla monocoltura dell’industria turistica, con salari sempre più compressi e costi della vita crescenti, con risorse pubbliche dirottate dal welfare verso politiche criminali di warfare».

Il tema della casa deve quindi rientrare nella mobilitazione generale, legandosi con le lotte per il lavoro, con l’opposizione al genocidio che si sta consumando in Palestina, contro la legge finanziaria che non prevede investimenti per l’edilizia residenziale destinata alle fasce più deboli della popolazione.

La copertina è di Plat – Piattaforma di intervento sociale (Fb)

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