ITALIA

Liber* di dissentire, protestare e costruire. A Padova il meeting di “Educare alle differenze”

La scuola rischia di diventare un luogo di controllo e sorveglianza, che potrà essere liberato solo attraverso la pratica collettiva di progetti educativi dal basso. Il 27 e il 28 settembre la presentazione del Vademecum di supporto e autotutela per insegnanti e associazioni

Il prossimo fine settimana a Padova si terrà l’undicesima edizione di “Educare alle Differenze”, il più grande meeting nazionale dal basso dedicato alla prevenzione delle violenze di genere a scuola. L’evento, per la prima volta in Veneto, si terrà come sempre in una scuola pubblica, nel Liceo Concetto Marchesi. Quest’anno la rete – composta da 15 associazioni fondatrici e da migliaia di insegnanti, attivist* e realtà territoriali – ha scelto un titolo che non è solo uno slogan, ma un posizionamento politico: “Liber* di dissentire”.

Dissentire, oggi, significa molto di più che difendere un progetto educativo: significa opporsi a una trasformazione autoritaria che sta cambiando nel profondo la natura della scuola pubblica italiana.

Negli ultimi due anni, sotto la direzione di Giuseppe Valditara, il ministero dell’Istruzione e del Merito ha costruito una strategia coerente, fatta di riforme, linee guida, decreti e provvedimenti che insieme disegnano una traiettoria precisa: piegare la scuola al mercato, diffondere la propaganda familista, reprimere e censurare chi dissente. Le logiche del mercato entrano a gamba tesa nella scuola con le Indicazioni Nazionali e con le Linee Guida per l’Educazione civica, che vogliono trasformare le persone studenti in soggettività obbedienti e forza lavoro flessibile; la propaganda dei ProVita e Famiglia entra attraverso strumenti come il DDL sul consenso informato, che assegna a* genitor* un vero e proprio potere di veto su progetti educativi riguardanti affettività, corpi, generi, parità e prevenzione della violenza; la censura e la repressione del dissenso continuano sotto gli occhi di tutte e tutti, con docenti sospes* tramite procedimenti disciplinari accelerati, studenti penalizzat* attraverso la riforma del voto in condotta, manganellat* o denunciat* per aver protestato contro le morti in alternanza scuola-lavoro o per aver manifestato solidarietà al popolo palestinese.


Il risultato è una scuola che diffonde paura: paura di sbagliare, di parlare, di nominare i corpi e le differenze, di portare in classe temi considerati scomodi. Una paura che produce autocensura tra insegnanti e dirigenti, spingendo a evitare qualsiasi contenuto che possa essere contestato.

Negli ultimi due anni la rete “Educare alle Differenze” ha raccolto decine di segnalazioni: docenti convocat* dai dirigenti per aver proposto progetti su affettività e parità, sospensioni e contestazioni disciplinari per aver parlato di diritti LGBTQIA+, persino intimidazioni durante le lezioni. Questi episodi non sono eccezioni o “casi isolati”: sono la manifestazione concreta di una volontà politica di ridurre la libertà di insegnamento, delegittimare chi educa e rendere la scuola uno spazio apparentemente neutro, ma in realtà profondamente controllato. In questo modello, l’insegnante “buon*” è quell* che tace, che non prende posizione, che non apre discussioni complesse su corpi, generi, relazioni, violenza, consenso.

È in questa cornice che nasce il lungo lavoro sull’autotutela che la Rete porta avanti da più di un anno, e che ha dato vita a “L’educazione sessuo-affettiva non è un gioco. Vademecum di supporto e autotutela per insegnanti e associazioni”, che sarà presentato ufficialmente durante il meeting di Padova, disponibile in cartaceo e gratuitamente online da sabato sera su www.educarealledifferenze.it . Non è un semplice manuale tecnico, ma uno strumento politico e pratico pensato per chi lavora nella scuola e si trova ogni giorno a fare i conti con intimidazioni, sospensioni, pressioni e campagne di discredito. Nasce dall’ascolto di decine di testimonianze di insegnanti e associazioni che hanno visto i propri progetti boicottati o censurati, e dalla necessità di non lasciare nessun* sol* davanti a procedimenti disciplinari o a un clima di paura.

Il Vademecum si articola in tre livelli. Il primo è giuridico e normativo: spiega che la scuola ha già oggi un quadro legislativo che tutela la libertà di insegnamento, riconosce il valore educativo di percorsi dedicati alla prevenzione della violenza e sostiene il lavoro sulle relazioni e sul consenso. Il secondo è pratico e difensivo: offre strategie per affrontare situazioni di attacco, dai reclami dell* genitor* alle convocazioni da parte de* dirigenti, fino ai procedimenti disciplinari accelerati introdotti dal governo. Fornisce esempi di risposte, modulistica, riferimenti sindacali e legali, per dare a ogni insegnante la possibilità di reagire senza sentirsi isolat*. Il terzo livello è collettivo e politico: propone modalità per costruire reti di solidarietà tra docenti, associazioni e territori, perché nessuna difesa individuale può essere sufficiente se non viene accompagnata da una mobilitazione collettiva.

Questo Vademecum non serve solo a proteggersi, ma a rivendicare la legittimità di parlare di affettività, corpi, parità e prevenzione della violenza a scuola.

È uno strumento per dire che questi percorsi non sono un’aggiunta opzionale, ma parte integrante della missione educativa pubblica. Diffonderlo significa non solo dare strumenti di difesa, ma anche rilanciare una visione politica della scuola, in cui la libertà di insegnamento sia la condizione per una comunità educante viva e plurale.

Il titolo scelto per quest’edizione, “Liber* di dissentire”, parla proprio a questa condizione: a chi, ogni giorno, si trova a fare i conti con una scuola che rischia di diventare un luogo di controllo e sorveglianza e che può essere liberata solo attraverso la pratica collettiva della libertà. Dissentire, oggi, significa non solo rifiutare la paura, ma creare alternative concrete: costruire dal basso progetti educativi che parlino di consenso, corpi, desideri, parità, anche quando le istituzioni cercano di censurarli; e collegare la scuola alle lotte sociali e internazionali, come stanno facendo in questi mesi l* studenti che manifestano per la giustizia climatica e per la Palestina, contro ogni forma di apartheid e colonialismo.

di Educare alle Differenze

Il meeting di Padova non sarà soltanto un momento di denuncia, ma soprattutto uno spazio di organizzazione e di resistenza: due giorni di laboratori, plenarie, autoformazione e scambio di pratiche, per dimostrare che esiste una comunità educante viva e diffusa in tutto il Paese. Proprio da qui lanceremo anche la mappatura nazionale di “Educare alle Differenze”!, uno strumento che servirà a rendere visibili le tante esperienze di educazione sessuo-affettiva e prevenzione delle violenze che già esistono in Italia, spesso in forma frammentata o invisibile. Non partiamo da zero: ogni giorno, in molte scuole, insegnanti, associazioni e territori portano avanti un lavoro prezioso, che merita di essere riconosciuto, collegato, raccontato. Da Padova parte un messaggio chiaro: l’educazione sessuo-affettiva non si cancella, la libertà di insegnamento non si svende, il futuro della scuola si costruisce insieme, dal basso.

L’immagine di copertina è di Giuditta Pellegrini

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