PRECARIETÀ

Strike meeting: la portata della sfida

Pubblichiamo un contributo da Communianet.org per implementare le considerazioni post Strike Meeting. Appena conclusa la tre giorni dello Strikemeeting, torniamo a lavorare dentro i nostri spazi sociali, nelle facoltà, nelle scuole e per le strade con una spinta in più.

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numeri della partecipazione (più di 500 persone) dimostrano che le modalità di costruzione dello Strikemeeting hanno avuto un’oggettiva attrattiva nei confronti di quel settore di attivisti assetato di mobilitazioni efficaci.

Le modalità di discussione effettivamente hanno rappresentato per certi versi uno scarto rispetto agli appuntamenti nazionali di discussione cui ci eravamo abituati negli ultimi anni.

Nelle lunghe ore di workshop e assemble, analisi non rituali sono state in grado di gettare le basi per la costruzione di un immaginario di riferimento utile e necessario: la ricerca di parole d’ordine da assumere, unita all’individuazione degli elementi chiave di quella che è stata definita “la narrazione tossica renziana” è la base per la ricostruzione di contenuti collettivi e immaginari permanenti, che non possono più essere legati a singole date evento o percorsi stagionali. Se le discussioni hanno avuto un limite, è certamente il peso che si avverte, specie fra le realtà più organizzate, dell’assenza di mobilitazioni efficaci e durature degli ultimi anni che, ad esempio nel settore dell’università, non ha stimolato aggiornamenti di analisi e pratiche su scala nazionale. Ma forse la ricchezza di questa tre giorni deriva anche da questo, aver obbligato settori organizzati a aggiornare idee e pratiche, confrontare analisi e impostazioni, specie fra soggetti molto eterogenei (ad esempio nel workshop sull’istruzione, il più seguito con un centinaio fra studenti medi e universitari, docenti di ogni grado e status della scuola e ricercatori universitari e di enti di ricerca). Ci è sembrata molto diffusa e consolidata la consapevolezza (già emersa in questi mesi di costruzione dell’appuntamento) che la generosità delle aree organizzate, che siano sindacati conflittuali o gruppi di attivisti, non basta più a mobilitare settori sociali sfiancati da sei anni di crisi e austerità e corteggiati dal popolusmo renziano. In questo autunno, per la prima volta dallo scoppio ufficiale della crisi, un governo cerca di ricostruire un consenso sociale eroso dalle impietose cifre della realtà (il 43% di disoccupazione giovanile, al 13% quella generale, quasi il 20% della popolazione sulla soglia di povertà), puntando tutte le sue carte su progetti occupazionali per i giovani (il programma Youth Garantee) e sulla riforma della scuola.

Queste due tematiche, insieme a quelle delle privatizzazioni dei beni comuni e alle discussioni intorno al tema del salario e dei diritti sul lavoro, sono state al centro dello Strikemeeting, e non poteva essere altrimenti.

A maggior ragione dopo questo fruttuoso fine settimana, la responsabilità che ricade sulle aree militanti e i sindacati conflittuali è persino aumentata. Abbandonare la soluzione facile dello slogan e puntare sullo smascheramento è la vera sfida: denunciare quanto l’investimento di Renzi sulla scuola non copra neanche la metà degli tagli della Gelmini e rivendicare le previste assunzioni come un atto stradovuto su cui vigiliare con attenzione; opporsi ai meccanismi di privatizzazione (diretta o indiretta) delle scuole; rifiutare una gerarchizzazione e competizione fra sfruttati spacciata per meritocrazia; far leva sul fallimento di un piano antiprecarietà giovanile che avvalora il sistema del lavoro semi o del tutto gratuito degli stage (di cui Expo sarà emblema nei prossimi mesi), richiedendo una redistribuzione di ricchezze e un programma di investimenti che non si basi più su regali e sgravi fiscali per imprese e aziende sempre più parassitarie. Ma soprattutto ribadire che se le annuali finanziarie si chiamano ormai Spendig Review, se si progettano riforme senza piani di investimento, se per l’ennesimo anno di fila la priorità del governo sarà quella di risparmiare altri 20 miliardi, il teatrino di un Renzi paladino dell’orgoglio e dell’economia nazionale contro i “Draghi” europei è pura propaganda, alla ricerca di un consenso che al momento è solo elettorale (facile visto il quadro penoso delle forze politiche) ma che nella società è tutt’altro che scontato. Di fronte a questo scenario, si avverte l’urgenza e la necessità di un conflitto sociale la cui efficacia si misurerà proprio sugli assi di cui abbiamo discusso in questi intensi tre giorni: l’inclusività dei percorsi di discussione e mobilitazione, la riproducibilità delle pratiche adottate dalle campagne come dalle lotte, l’intelligenza nel praticare obbiettivi.

Su questo dobbiamo essere chiari: o le forme del conflitto saranno quelle più in sintonia con il corpo sociale che sta subendo la crisi, o per le aree militanti sarà un altro autunno sprecato.

Va proprio in questo senso, crediamo, la permeabilità dimostrata dallo Strikemeeting verso le mobilitazioni che stanno nascendo in questo autunno: quelle della scuola, quelle milanesi contro Expo, le lotte della logistica e l’attenzione rivolta ai percorsi di connessione delle lotte europee vanno nella giusta direzione. L’obbiettivo, il più ambizioso, è quello di ricostruire un’idea di sciopero, uno sciopero sociale, che vedrà nel 14 novembre (in connessione con le giornate di mobilitazione studentesche) una prima fondamentale messa a verifica.

Per noi del Network Communia, l’idea di Sciopero Sociale rappresenta un percorso che riconsegni scenari e pratiche del conflitto ai soggetti sfruttati ed oppressi, facendo in modo che tutto ciò non sia più riferimento di singoli o gruppi di attivisti ma immaginario e prospettiva permanente per chi sta pagando davvero con le proprie vite. Se saremo in grado di far vivere fino e oltre la data del 14 novembre questo spirito, consapevoli dell’insufficienza di una singola data-evento e dell’importanza che alcune mobilitazioni esemplari possono rivestire se rivolte al coinvolgimento reale del corpo sociale, allora avremo vinto un pezzo delle tante sfide che ci stiamo ponendo.