PRECARIETÀ

Quel muro che si sgretola, dal silenzio alla parresia

Parlano le colleghe di Paola Clemente. Prosegue l’inchiesta di Gaetano De Monte per Dinamo Press sul caporalato in Puglia.
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È il giorno dopo la riesumazione del corpo di Paola Clemente, la bracciante morta in circostanze misteriose nelle campagne di Andria il 13 Luglio scorso; mentre si attendono per la settimana prossima i risultati definitivi dell’autopsia e degli esami tossicologici disposti dal pubblico ministero della Procura di Trani, Alessandro Pesce e affidata al medico legale Alessandro dell’Erba e al tossicologo forense Roberto Gagliano Candela ( entrambi dell’università di Bari) a parlare sono le colleghe di Paola.

Lucia e Teresa (nomi di fantasia) le incontriamo di notte mentre aspettano l’autobus gran turismo di colore grigio marchiato “ Grassi viaggi”, lo stesso su cui saliva anche Paola. Hanno ancora nella mente gli ultimi istanti di vita della loro collega. A cominciare da quel viaggio da San Giorgio Jonico ad Andria, durante il quale “cominciava a non sentirsi bene e ad avere un’abbondantissima ed anomala sudorazione”. Così raccontano:

abbiamo cercato di farla riprendere, asciugandole il sudore con le nostre magliette. Abbiamo anche avvisato l’autista del mezzo, Salvatore, e colui che organizza i viaggi, Ciro Grassi, ma tutti e due continuavano a ripetere che non era possibile tornare indietro, perché dovevano accompagnare le altre donne per la giornata in campagna. Una volta poi arrivati ad Andria, circa tre ore dopo, Paola non si era ancora ripresa e chiese a Ciro di poter parlare con il marito per farsi venire a prendere. È troppo distante Andria da San Giorgio Jonico, è inutile, le fu detto, e di sedersi sotto un albero per farsi ombra perché così il malessere le sarebbe passato in fretta.

Sembra cominci a sgretolarsi (anche se a fatica) quello che il procuratore di Trani, Carlo Maria Capristo aveva definito il muro di gomma sul caporalato. “ La gente non collabora, preferisce guadagnare pochi spiccioli e non collabora alle nostre indagini”, aveva ribadito. Si indaga per omicidio colposo e omissione di soccorso, sono queste le ipotesi di reato alla base dell’inchiesta condotta dalla Procura di Trani. Ad essere stati iscritti nel registro degli indagati, per il momento sono in tre: l’autista del mezzo, Salvatore Filippo Zurlo, il proprietario del’agenzia noleggio e trasporto persone con conducente, Ciro Grassi, infine, Luigi Terrone, uno dei titolari dell’azienda Ortofrutta meridionale, presso cui lavorava la donna, “con cui non avevamo nessun tipo di rapporto, era Ciro a gestire tutto. Era sempre lui che ci diceva di avere sempre con noi la borsa con i documenti del contratto, quello che avevamo firmato con l’agenzia di Bari, casomai ci fosse stato un controllo della polizia sulla strada, come a volte è successo, avremmo dovuto esibirlo”; così proseguono il loro drammatico racconto, Lucia e Teresa:

I particolari di quella mattina non li dimenticheremo mai. Sul posto giunse una pattuglia dei Carabinieri che provò a rianimare Paola praticandole la respirazione bocca a bocca. Poi arrivarono due ambulanze del 118. La prima, priva di attrezzature per il soccorso d’emergenza, giunse in ritardo. Non è facile orientarsi tra le contrade di campagna. La seconda autoambulanza giunse quando ormai era troppo tardi. Se fosse stata soccorsa con tempestività, forse si sarebbe potuta salvare.

Resta, nelle colleghe di Paola la rabbia per non esserla riuscita a salvare, “ pure il padrone era dispiaciuto, si vedeva”. Rimangono numerosi interrogativi. Non si comprende, innanzitutto, per quale ragione non sia stata fatta subito l’autopsia sul corpo di Paola per poter accertare le cause del decesso. Si avanzano numerosi sospetti, gli stessi a cui il marito della donna, Stefano Arcuri ha fatto riferimento davanti ai magistrati di Trani che lo hanno ascoltato come persona informata sui fatti. Ovvero: “possono, diversi giorni passati a lavorare sotto un tendone ad oltre 40 gradi di temperatura ed in coltivazioni periodicamente trattate con anticrittogamici, aver avuto una concausa nella morte di mia moglie” si è chiesto l’uomo. E poi ancora: “se fosse stata soccorsa tempestivamente ed in maniera adeguata, avrebbe potuto salvarsi ”?

Ad ascoltare le voci di alcune braccianti, chi conduceva il pullman e chi era il responsabile delle lavoratrici non ha inteso accompagnarla prima possibile presso un posto di pronto soccorso, preoccupandosi, invece, soltanto di giungere sul posto per consentire alle altre braccianti di svolgere il loro lavoro, per 27 euro al giorno. Dunque, sono ancora tante le domande a cui in queste ore si sta provando dare risposta.

Paola Clemente avrebbe compiuto 50 anni tre giorni fa, il 23 Agosto. Festeggiando, probabilmente, insieme ai tre figli ventenni, al marito e alle colleghe. Gli stessi che per tenerne vivo il ricordo, ora pretendono giustizia, esercitando la parresia, l’arte e il coraggio di dire al verità, al potere, soprattutto. Ciò in cui Michel Foucault ha visto, in Grecia, l’origine di quell’arte che in Occidente adesso è chiamata critica e che ha in Socrate il suo primo grande esempio ed interprete. Il coraggio di dire la verità. Da contrapporre al silenzio che, spesso, si ascolta nelle campagne in cui si nega la stessa vita.